Cinabro Edizioni, casa editrice “militante” che presenta un catalogo interessante e raffinato, ha recentemente dato alle stampe un saggio del quale, a chi qui scrive, sembra necessario dare notizia. Si intitola Dalla geografia sacra alla geopolitica (208 pagine, prezzo di copertina 16 euro) ed è l’ultima fatica di Daniele Perra, giovane analista e saggista sardo già autore del volume “Essere e rivoluzione. Ontologia heideggeriana e politica di liberazione“, edito da Nova Europa. Il libro, con prefazione del direttore della rivista di studi geopolitici Eurasia, Claudio Mutti, affronta il tema del collegamento tra la geopolitica e la “geografia sacra”, nel solco della concezione della stessa che diede l’esoterista e studioso francese René Guenon. Due realtà che, infatti e come l’opera rivela, sono intimamente connesse tra loro.

Già, ma che cos’è la “geografia sacra”? “Quella che René Guénon definiva come ‘geografia sacra’ – spiega l’autore – di fatto, rientra nel novero delle scienze tradizionali. In essa, la geografia fisica (o materiale) e la geografia visionaria si sovrappongono.  La geografia sacra pertiene così all’ambito del metafisico, col significato di sovrasensibile che compenetra e domina tutto il sensibile. La geografia visionaria è ciò che il grande iranista francese Henry Corbin definì nei termini di ‘mundus imaginalis’: è la patria delle visioni celesti, delle esperienze profetiche e teofaniche. La perdita di questo ‘intermondo’, considerato nella modernità come mero prodotto dell’immaginazione e dunque come qualcosa di irreale, ha dato il via a quel de-potenziamento dello Spirito che ha condotto all’attuale negazione ‘occidentale’ del sacro”.

La sopra citata correlazione tra la geografia sacra e la geopolitica è l’argomento principale del libro di recente uscita. “Partendo dalla ben nota affermazione di Carl Schmitt – prosegue Daniele Perra – secondo la quale i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato non sono altro che concetti teologici secolarizzati, cerco di dimostrare come la geopolitica (scienza profana) abbia una diretta discendenza dalla geografia sacra e come esista ancora oggi una segreta influenza, per lo più ignorata (o negata) dagli attuali analisti geopolitici, di questa scienza tradizionale sull’immaginario collettivo. Dunque, vi è un profondo impatto residuale degli archetipi della geografia sacra che determina e influenza la struttura stessa del pensiero geopolitico. Si pensi alle contese attorno ai centri spirituali (quei luoghi capaci di sprigionare delle influenze che non possono essere ascritte solo ed esclusivamente all’ambito ‘materiale’): da Gerusalemme a Costantinopoli, fino al Kosovo e Metohija. E si pensi ai concetti geopolitici di ‘polo’ e ‘centro’ la cui discendenza dalla geografia sacra è evidente. In fin dei conti ogni orientamento geopolitico è in primo luogo un orientamento spirituale. Ciò che resta da capire è se tale spiritualità sia autentica o contraffatta”.

Ma se dunque a ogni orientamento geopolitico ne corrisponde, come spiega lo stesso autore, uno spirituale, che cosa rappresentano, da un punto di vista della geografia sacra, i due attuali e fondamentali poli geopolitici attuali, l’Occidente e l’Eurasia? “Ultimamente – conclude Perra – mi è capitato di ritrovare evidenti rimandi ad una visione geografica sacrale nel pensiero heideggeriano. L’analisi che Martin Heidegger fa dell’holderliniano ‘Canto all’Ister’ è pregna di riferimenti ad una forma di geografia sacra che può aiutarci a comprendere l’attualità geopolitica. È bene ricordare che per il filosofo tedesco i concetti geografici di Occidente e Oriente si possono applicare anche al pensiero. Esistono così un ‘Oriente del pensiero’ (la Grecia dell’antichità da intendersi come ‘Landa del Mattino’) ed un ‘Occidente del pensiero’ (l’Europa attuale, la ‘Landa della Sera’). Ma Heidegger, quando fa riferimento ad Occidente e Oriente, si riferisce esclusivamente allo spazio eurasiatico. L’Occidente dell’Eurasia, l’Europa, è oggi prigioniera di un altro ‘Occidente’ geopolitico. Questo Occidente ‘altro’, esterno ed estraneo all’Eurasia, prima di essere uno spazio geografico è un concetto ideologico nato in totale contrasto con la cultura europea autentica. È un concetto che ha annichilito tale cultura in favore di una forma di ‘democratismo’ in cui si contendono lo spazio politico, da un lato, un progressismo sempre più becero e, dall’altro, un conservatorismo costruito attorno a dei presunti valori giudaico-cristiani di matrice nordamericana che con la suddetta civiltà europea non hanno nulla in comune. L’Europa attuale, di fatto, è prigioniera di una contraffazione ideologica. L’unica via per liberarsi da tale imposizione è stabilire una maggiore cooperazione geopolitica con le antiche e combattive civiltà dell’Eurasia e riscoprire, al contempo, il proprio autentico pensiero iniziale”.

Una riscoperta che, a livello individuale, chi volesse può fare partendo dalla lettura di questo notevole e necessario saggio. Un saggio che, in un panorama editoriale che presenta troppo spesso opere che sono la sbiadita fotocopia di altre, senza fornire spunti di riflessione originali, mancava decisamente.

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