La copertina del libro

Più che un cantautore, Lucio Battisti fu un fenomeno di costume in un’Italia, quella degli anni Settanta, che, nel pieno della Guerra fredda, andava incontro a trasformazioni epocali, sospesa tra un benessere che diveniva sempre più diffuso e gli anni bui del terrorismo politico e dello scontro tra opposti estremismi, segnati da turbolenze e violenza. Inserito a buon diritto tra i personaggi-simbolo di quell’epoca, Battisti fu artista vero, distante anni luce da quelle “celebrità” sovente costruite a tavolino che oggi sembrano popolare il mondo della musica. Scelta emblematica della sua alterità fu quella di scomparire volontariamente dai riflettori, dall’inizio degli anni Ottanta fino alla morte, nel 1998.

Eppure l’anticonformismo del musicista di Poggio Bustone non si limiterebbe a questo, come ad altri episodi altrettanto noti della sua vicenda terrena. Almeno non secondo lo studio che, della produzione musicale di Battisti, ha fatto Marco Rossi, recentemente pubblicato per Cinabro Edizioni con il titolo “Volando intorno alla Tradizione Lucio Battisti fra musica ed esoterismo” (126 pagine, prezzo di copertina 16 euro).

Classe 1957, Rossi ha collaborato alle pagine culturali di diversi quotidiani ma, soprattutto, si è occupato di ricerche storiche sui legami tra la cultura esoterica del XX secolo e la storia politica, artistica e letteraria italiana, pubblicando articoli e saggi su diverse riviste. E a questo filone del suo lavoro si ricollega questo nuovo saggio, il cui scopo è quello di indagare i significati interiori e, per l’appunto, “esoterici”, celati dietro quelli più esteriori, di cui sarebbe intrisa, anche “a prescindere da una soggettiva e consapevole volontà di imprimerli”, tutta la produzione musicale di Battisti, in particolare nelle collaborazioni con Mogol, Velezia e Panella.

Un lavoro esegetico e disvelatore, quello di Rossi (con i contributi di Francesco Tricarico e Mario Bortoluzzi), che si accosta quasi, fatti i dovuti termini di paragone, a quanto fece, agli inizi del Novecento e sulla scia di altri autori precedenti, Luigi Valli nei confronti delle opere letterarie dei “Fedeli d’Amore” del Dolce Stilnovo, che, come gli studiosi di Tradizione ben sanno, avrebbero celato, dietro a testi a tratti apparentemente frivoli e sdolcinati, significati ben più profondi.

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