Anche i crucchi hanno fame
Per la quarta volta Angela Merkel è cancelliera. Un’elezione storica (prima di lei solo Adenauer e Kohl) ma non trionfale. Alla prova inaugurale la nuova Grosse Koalition ha già perso i primi pezzi: 35 parlamentari della maggioranza hanno votato contro o si sono astenuti.
Le ferite delle elezioni dello scorso settembre non si sono rimarginate: la Cdu è sempre in affanno, la Csu bavarese scalpita mentre la Spd in piena agonia è insidiata nei sondaggi da Alternative fur Deutschland. Per gli esperti i nazionalisti sono ormai oltre il 20 per cento, più o meno 5 punti in più del loro attuale peso parlamentare (14,5).
Ad alimentare l’opposizione destrista rimane la questione immigrazione sempre più intrecciata all’emergenza sociale. Già, anche nella scintillante Germania vi sono (e aumentano) i poveri, i poveri tedeschi. Lo conferma la crescita delle mense popolari riservate alle fasce più deboli della popolazione: nel 2005, primo anno dell’era merkelliana, erano 480, oggi ve ne sono 934 con un milione e mezzo d’iscritti, di cui un quarto minori e un quinto di madri celibi.
E proprio in questi luoghi destinati agli ultimi la frattura tra i nativi e gli allogeni è diventata lancinante al punto che ad Essen, cuore della Renania, gli operatori hanno dovuto chiudere le porte ai non tedeschi.
Da febbraio all’ingresso del centro un cartello spiega le ragioni: “In ragione dell’aumento dei rifugiati, la percentuale di clienti stranieri è salita al 75%. Per garantire un’integrazione ragionevole, siamo costretti ad accettare soltanto clienti con passaporto tedesco”. Punto. Subitamente il fronte “buonista” ha accusato i gestori di razzismo, xenofobia, nazismo etc. etc., e i politici imbarazzati hanno chiesto di riaprire uno spiraglio.
Intervistato da un giornalista di Le Monde, un dirigente del centro ha risposto: «Il razzismo non c’entra nulla. Chi viene con un passaporto tedesco, qualsiasi sia il colore della sua pelle, verrà servito. Ma non era più accettabile vedere i tedeschi diventare minoranza. Era il mondo all’inverso». Un segnale, l’ennesimo, di una rabbia che sale.