Dentro la pandemia. Il diario di Gennaro Malgieri
In una luminosa serata agostana rifletto sulla tetra primavera appena trascorsa. Giorni, settimane, mesi snocciolati nel silenzio e nella noia. Rivedo i camion militari carichi di bare che sgusciano tra le tenebre nelle strade di Bergamo. Decine, centinaia di morti portati via di nascosto. Come ladri nella notte. Senza un fiore, una preghiera, una campana. Le tante, troppe vittime del virus assassino umiliate da una politica inetta, da una burocrazia arida, da una comunicazione crudele.
Immagini che riaffiorano e pensieri che mi avvolgono leggendo e rileggendo queste dolorose quanto efficaci righe: «neppure un saluto ai morti. Le tombe sono gelide lastre di marmo, loculi inarrivabili. Estraniazione mortuaria. La civiltà finisce dove comincia la decadenza dei luoghi dove si preserva l’eterno. Oggi non possiamo più dire addio a nessuno. Né pregare.».
Parole come pietre che ritrovo in uno dei passaggi più intensi dell’ultima fatica letteraria di Gennaro Malgieri, un prezioso giornale di bordo significativamente intitolato “Sotto il segno del pipistrello” (Fergen editore, euro 12). Nelle sue note vergate “dentro la pandemia”, l’autore — intelligenza raffinata, mente curiosa e sensibilità aristocratica — analizza il tempo dell’alieno invisibile, il micidiale morbo arrivato dritto, dritto da Wuhan. Un “regalo” tutto made in China che Pechino prima ha colpevolmente sottovalutato e poi nascosto per settimane. Sino al fatidico 22 febbraio. Troppo tardi. Il 24 la prima zona rossa in provincia di Lodi e il 9 marzo, 366 decessi dopo, la chiusura totale dell’Italia. L’inizio dell’incubo.
«Oggi non posso andare a pregare in chiesa, non posso recarmi a comprare il giornale, non posso fare neppure una piccola passeggiata intorno a casa. È come se il Paese avesse cessato di esistere». E mentre la paura dilagava, le città si svuotavano e le attività si spegnevano, un governo di cialtroni neghittosi s’impossessava dei nostri destini imponendo misure contraddittorie, confuse, imprecise. Alla cricca di Conte and friends (tutti, ma proprio tutti, compresi gli “esperti” del nulla) Gennaro non ha fatto sconti e puntualmente ha annotato figuracce, forzature, bestialità. Tra tutte la gioia bambinesca dell’inutile Di Maio all’arrivo delle mascherine dalla Cina. Il dono degli untori mandorlati. Una soddisfazione del tutto inopportuna: «se il presidente del Consiglio e il suo ministro degli Esteri avessero riflettuto sulla “generosa” offerta, invece di comportarsi come vassalli di un Paese non propriamente amico, avrebbero dovuto chiedersi se non fosse stato il caso di chiedere al governo cinese un congruo risarcimento danni per aver contribuito in maniera determinante a diffondere il morbo in Italia e nel mondo. Xi Jinping, il grande colonizzatore, il demiurgo che sta acquisendo consistenti porzioni di continenti, adesso vorrebbe lavarsi la coscienza, mentre noi ci laviamo le mani venti volte al giorno, mandandoci le sue carabattole con gli applausi del ministro Di Maio?».
Domande importanti (e senza risposte) a cui si sommano sguardi penetranti sugli scenari internazionali — tra le tante cose, Malgieri è anche un acuto analista di geopolitica — che spaziano dalla Francia macroniana all’America trumpista, dalla Cina comunista all’Europa imbelle e affarista, quell’Unione che la tragedia ha finalmente smascherato rivelando il suo vero volto di «costruzione posticcia di tecnocrati che con spregiudicato interesse economico-finanziario hanno tradito una grande idea». Non a caso lo scrittore staglia Gonzague de Reynold — il Maestro elvetico innamorato dell’Europa, un gigante del pensiero che i pseudo europeisti nemmeno conoscono — verso Christine Lagarde e Ursula von der Leyen, gli algidi riferimenti della tecnocrazia ragionieristica oggi imperante sul continente.
Ma il pipistrello di Malgeri vola, cabra e s’innalza anche in altre, più alte dimensioni. Al di là e oltre la pessima politica nostrana e i contraddittori panorami mondiali — la globalizzazione della paura —, l’autore affronta il grande tema indagato da Oswald Spengler un secolo fa. Il tramonto dell’Occidente. La fine, l’evaporare di una Civiltà. Ed ecco allora le riflessioni su Heidegger, Montherlant, Yourcenar, Schmitt, Dumezil, Cioran. Pensieri forti e lunghi che Malgieri sapientemente intreccia in una narrazione disincanta e profonda che riporta il lettore al cuore del problema. Riprendendo Konrad Lorenz (e Alain de Benoist) l’autore ci avverte che «le civiltà muoiono quando i processi di parassitismo e di degenerescenza impoveriscono la forza di conservazione e di aggressività insite nell’uomo. Restare fedeli alla propria natura è la sola possibilità che l’uomo ha di sottrarsi all’imbarbarimento ed alla soggezione alla costruzione di destini che contrastano con la sua natura».
Ma le pagine più toccanti, i pensieri più strazianti sono per gli anziani, le vittime sacrificali della pandemia. Nelle loro insalutate bare sono racchiuse per sempre una parte delle nostre memorie assieme ad una somma preziosa di gusti, abitudini, stili di vita, rapporti sociali.
Eppure sembra non importare. Dei vecchi sembra che si possa fare a meno. «Ci si abitua ad essere crudeli. La società dell’omicidio pre-natale e l’eutanasia sono l’alfa e l’omega di una società nichilista. Si inizia, insomma con l’aborto e si finisce con il rifiuto dell’esistenza quando non vengono soddisfatti parametri accettabili». Le ali del pipistrello si dispiegano su un mondo neo-egoista e un’umanità tremebonda. Un vicolo cieco? Forse no. Dal disastro può sorgere o rafforzarsi un sentimento di responsabilità e solidarietà che (speriamo) sappia trasformarsi in una fase politica e culturale innovativa. Come ricorda l’autore, in definitiva ci vuole solo coraggio.