Su Gabriele D’Annunzio si è scritto tanto, tantissimo e — almeno nella produzione più recente — non sempre con esiti felici. Ai più, il “vate” pescarese rimane una figura inafferrabile e, spesso, incomprensibile. Uomo dalle troppe vite — poeta, letterato, autore teatrale ma anche rubacuori seriale e spendaccione compulsivo e poi oratore, uomo d’arme, condottiero “disobbediente” e, infine, icona malmostosa del regime mussoliniano — D’Annunzio è e resta un rebus avvolto in un enigma, un tavolo di lavoro sempre aperto. Su queste coordinate si muove “Venti radiosi giorni”,  (Il Cerchio, Rimini 2024. Pp. 120, euro 20.00) l’interessante quanto stimolante lavoro […]