20161015 - Renzi

Della legge di Bilancio vi abbiamo parlato in tutti i modi possibili e immaginabili. Ci sono però due argomenti che vorremmo sommessamente sollevare al di là di quelle che possono essere le critiche sia politiche che di natura propriamente economico-finanziaria. La legge di Bilancio 2017 si presenta come la terza manovra in deficit del governo Renzi. In particolare, l’anno prossimo il maggiore disavanzo prodotto dal budget dovrebbe attestarsi tra i 12 e i 13 miliardi di euro. Non è un buon viatico per un Paese con quasi 2.500 miliardi di debito pubblico, ma se l’imperativo è quello di stimolare la crescita in modo keynesiano si può anche accettare questo tipo di impostazione. Il problema è vedere quali sono gli effetti di queste spese non coperte. Eccoli qui sotto presi pari pari dal Documento programmatico di Bilancio.

 

DBP 2017 01

Come si vede dalla tabella sopra gli effetti in termini di crescita non sono eccezionali: +1% di Pil l’anno prossimo e poi +1,2% sia nel 2018 che nel 2019. A fronte di questo l’output gap (cioè il differenziale di crescita rispetto al potenziale della nostra economia) si chiude solo a fine periodo con un modesto +0,1%. Questo vuol dire che la manovra non contribuisce ad accelerare la crescita se non in misura molto modesta. E, d’altronde, non è compito della politica ficcare il naso nei processi produttivi. Il problema, purtroppo, è che la politica italiana mette becco dappertutto con risultati pessimi: la produttività dei fattori resta pressoché invariata. A dispetto di sgravi e bonus per imprese e dipendenti nulla migliora se non a livello di zero virgola.

imageE qui ne abbiamo la spiegazione ulteriore. A fronte di un incremento del tasso di occupazione dello 0,9% atteso l’anno prossimo la produttività del lavoro pro capite rimarrà invariata nonostante un aumento delle retribuzioni stimato all’1,9 per cento. Questo paradosso ve lo abbiamo descritto più volte e lo vediamo riproposto. Non è certo compito di Renzi rivoluzionare il modo di produzione in Italia, ma forse una cosa l’avrebbe dovuta fare (e usiamo il condizionale): abbassare le tasse per accelerare quella trasformazione che ancora una volta è stata rinviata. e che non si può ridurre allo slogan «Industria 4.0».

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