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La sentenza 11504/17 della Cassazione (pronuncia Grilli) ha stabilito che l’assegno divorzile, di natura assistenziale, spetta solo al divorziato privo dei mezzi sufficienti a vivere (non a conservare lo stile di vita coniugale) o che non possa procurarseli per ragioni legate all’età, alla salute o al mercato lavorativo. Il divorzio recide ogni rapporto, anche patrimoniale, tra i coniugi.

Il Cavaliere: basta cautele, vogliono arrestarmiLa sentenza della Corte d’Appello di Milano (numero 4793) sul caso di Silvio Berlusconi e della sua ex moglie, Veronica Lario, ha recepito il pronunciamento della Cassazione. Occorre ricordare che uno dei coniugi non può sospendere il pagamento di sua iniziativa, ma deve agire in giudizio per chiederne la revoca. Il giudice, però, dispone lo stop all’assegno divorzile, solo se il coniuge intenzionato a liberarsi dall’obbligo di versarlo, riesce a provare l’indipendenza o l’autosufficienza economica del beneficiario. Secondo la decisione Grilli, questa si desume da precisi indici: possesso di redditi o cespiti, capacità e possibilità effettive di lavoro, stabile disponibilità di un’abitazione. Ma se attestare il possesso, da parte dell’altro, di redditi o beni, non porrà particolari problemi, sarà più arduo dimostrarne la capacità lavorativa o le concrete chance di reperire un impiego. Anche per questo, in caso di divorzio, è sempre bene conservare tutta la documentazione non solo sul proprio lavoro, ma anche sull’eventuale ricerca di impiego al fine di dimostrare l’eventuale difficoltà nel ricollocarsi.

La Corte d’appello di Milano, occorre ricordare, ha cancellato l’assegno di 1,4 milioni di euro al mese che l’ex presidente del Consiglio era stato condannato dal Tribunale di Monza a pagare all’ex moglie. La motivazione è che Lario non è solo autosufficiente ma vive in una condizione di «benessere economico», che le consente un «tenore di vita elevatissimo», proprio grazie al patrimonio che durante le nozze le ha costituito Berlusconi. E non rileva il fatto che il leader di Forza Italia, durante il matrimonio, abbia offerto all’ex moglie una vita ancora più lussuosa. Ecco perché, secondo l’esperto di comunicazione Fabrizio Amadori, dovremmo porci alcune ulteriori domande: «Qual è il criterio da far valere, in caso di divorzio, a proposito dell’eventuale mantenimento del coniuge economicamente più debole? Perché si dovrebbe garantire il tenore di vita del coniuge economicamente più debole prima del divorzio? È dignitoso aspettarsi che il proprio coniuge, ex o presente, ci mantenga?».

La questione del matrimonio e del mantenimento è solo una delle tante facce che toccano il diritto di famiglia. «Filosofi come John Stuart Mill ritenevano che il mantenimento non fosse un diritto da pretendere da parte della prole», sottolinea Amadori aggiungendo che «se i figli non hanno il diritto di pretendere soldi dai genitori una volta diventati grandi e, come è auspicabile, indipendenti, figuriamoci gli ex coniugi: i quali, tra l’altro, hanno avuto la possibilità di scegliere chi sposare, mentre i figli quella di venire al mondo, e con quali genitori, no».

Ovviamente queste pronunce spiazzano il fronte degli avvocati matrimonialisti che temono impatti negativi sulle cause più comuni nelle quali la controparte non sia un ex presidente del Consiglio o un ex ministro dell’Economia. Allo stesso modo, non si può non ricordare che la pronuncia della Cassazione non è delle Sezioni unite e, dunque, è possibile che in futuro la suprema Corte possa ritornare sui propri passi. Analogamente, le garanzie riconosciute all’istituto matrimoniale in caso di risoluzione sono state estese anche alle convivenze eterosessuali (soprattutto se vi sono figli), mentre le unioni civili hanno un regime particolare.

È ferma da due anni in Parlamento la legge che, modificando ad hoc il codice civile, introduce gli accordi prematrimoniali tipo quelli stilati da Brad Pitt e Angelina Jolie che, al momento del divorzio, sapevano perfettamente quale avrebbe dovuto essere la divisione dei beni. La norma renderebbe più semplice la gestione di casi come quelli di cui abbiamo parlato. I parlamentari, però, non hanno trovato il tempo di approvarla anche perché, diciamolo chiaramente, intaccherebbe la valenza etica del matrimonio che la Costituzione, pur nella sua laicità, riconosce. Come scriveva Pietro Rescigno: «La famiglia non ha solamente una dimensione giuridica e il diritto positivo deve rispettarne l’autonomia e l’ordine interno contro le tentazioni autoritarie d’interventi esterni».

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