La pandemia ha provocato un crollo dell’occupazione del 10% circa. La ripresa è cominciata nel 2021, ma c’è ancora molto da fare e la guerra in Ucraina si inserisce in un contesto difficile nel quale alla fine del 2022 si stima una crescita dello 0,25% rispetto ai valori pre-Covid. È quanto evidenzia una ricerca del Censis commissionata da Assosomm, l’associazione Italiana delle agenzie per il lavoro.

Bisogna tenere presente che la ripresa è fortemente sostenuta dagli investimenti pubblici: nel settore dell’edilizia,, grazie al Superbonus 110%, si è giunti sostanzialmente alla “piena occupazione” e i margini di un’ulteriore crescita sono molto bassi sul medio periodo. Che cosa, quindi, bisogna aspettarsi nei prossimi 2-3 anni? Le stime più ottimistiche parlano della creazione di circa 2,5 milioni di posti di lavoro.

 

Non si tratta, tuttavia, di una prospettiva completamente rosea: la necessità di investire in formazione professionalizzante è altissima. Nel prossimo futuro, per rispondere a una crescita costante della domanda di forza lavoro, occorrerà prestare maggiore attenzione ai flussi di lavoratori provenienti da Paesi extracomunitari. Dovranno essere quindi affrontati molti temi, quali, per esempio, la barriera linguistica, il riconoscimento e l’equiparazione dei titoli di studio, il welfare, i ricongiungimenti familiari e gli accordi che tra le varie nazioni si sottoscrivono per consentire la circolazione dei professionisti attinenti a determinate aree (si pensi, per esempio, alla necessità di infermieri per l’Italia).

Tenendo conto del ricambio generazionale e della fine degli incentivi pubblici avviati adesso anche grazie al PNRR, affinché il sistema economico riparta in modo autonomo, occorre pensare a favorire la nascita di nuovi posti di lavoro, soprattutto dove il mercato mostra i segni di un certo fermento.

In quali settori l’occupazione tornerà a crescere? Vediamoli in ordine crescente:

Il 32,1% dei nuovi posti di lavoro sono attesi in settori legati ai servizi, al commercio e al turismo. Circa il 25% è atteso dall’industria nel suo insieme, ma con una forte componente di mobilità e logistica. Mentre settori ad alta specializzazione come la finanza e l’informatica, daranno al più il 15% di nuovi posti di lavoro.

Realisticamente quindi, dal punto di vista dell’occupazione, i bacini che hanno maggior margine di crescita sono legati al commercio, al turismo, ai servizi e alla logistica, lavori che tradizionalmente richiedono una specializzazione non elevata, ma una forte dose di elasticità e di adattamento alle diverse situazioni.

Buone sensazioni provengono dal lavoro in somministrazione, ovvero quello ottenuto mediante le agenzie per il lavoro. Oggi i lavoratori in somministrazione rappresentano il 16,5% di tutti gli occupati a tempo determinato, 2 anni fa erano il 14%.

E i margini di crescita sono incoraggianti. Nel 2021 gli occupati in somministrazione sono arrivati ad essere 500mila, nel momento più duro della pandemia erano poco più di 300mila.
L’aumento ha riguardato il numero di ore lavorate e il monte retributivo.

• il monte retributivo dei lavoratori in somministrazione aumenta del 27%
• gli occupati aumentano del 24%
• il numero di ore lavorate cresce del 29%

Occorre tener presente che si tratta per lo più di lavoratori a bassa specializzazione: il 74% ha contratti per mansioni generiche e va avviato a una maggiore specializzazione con l’urgenza di un forte investimento in formazione tecnica. In momenti di grande incertezza per le imprese, in cui fare previsioni è particolarmente difficile (il prezzo dell’energia sta scardinando i budget di migliaia di aziende, ndr), il meccanismo della somministrazione permette una maggior stabilità per i lavoratori.

Basti pensare che:

  • Entro 90 giorni dalla cessazione di un contratto a termine in somministrazione, il 68,9% di coloro che hanno terminato una missione, ha attivato un nuovo rapporto di lavoro.
  • Nei contratti di lavoro a termine non in somministrazione, solamente il 47.7% dei lavoratori ha avuto una nuova attivazione entro 90 giorni da una cessazione.
  • Ad 1 mese dalla cessazione, il 55% di coloro che hanno terminato una missione in somministrazione ha attivato un nuovo contratto, mentre il 29.4% di coloro che ha terminato un contratto a tempo determinato non era in somministrazione.
  • Indipendentemente dall’età dei lavoratori, per coloro che hanno lavorato in somministrazione la probabilità di sottoscrivere nuovi contratti di lavoro è sempre di circa 20 punti percentuali superiore a quella dei lavoratori che hanno terminato un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato non in somministrazione.
  • Nel secondo trimestre 2021 si sono registrate 327mila attivazioni di lavoratori da parte di Agenzie per il Lavoro, circa 160mila in più rispetto al secondo trimestre 2020.

«Questa ricerca del Censis ci infonde fiducia», ha dichiarato Rosario Rasizza, presidente di Assosomm, sottolineando che «stiamo assistendo a una ripresa post pandemica del mercato del lavoro, una ripresa nella quale il lavoro in somministrazione giocherà un ruolo sempre più importante. Non solo perché le aziende stanno comprendendo con evidenza i vantaggi della buona flessibilità, ma perché tanto gli imprenditori quanto i lavoratori stanno entrando sempre più in contatto con le nostre potenzialità: formazione, ricollocazione rapida, welfare. Assosomm, con Censis, ha restituito una chiara fotografia del trend di un mercato contemporaneo, dove non potrà esserci più spazio per l’irregolarità e la disoccupazione. Ora guardiamo al futuro intravedendo una nuova collaborazione con il settore pubblico e un dialogo più costante con la politica».

Rosario Rasizza è stato eletto presidente Assosomm per il terzo mandato consecutivo, al suo fianco nel ruolo di segretario generale si conferma Francesco Salvaggio. Si amplia e rafforza inoltre la conduzione di Assosomm con la nomina di Michele Regina in qualità di direttore generale. Rinnovate anche le altre cariche del direttivo con i vice presidenti Gianni Quatera, Michele Borghi e Filippo Melchiorre; e i consiglieri Claudia Cavazzoni, Claudia Ciotola, Massimiliano Abbate, Davide Ferraro, Marco Valentini.

In occasione dell’elezione alla presidenza, Rosario Rasizza ha dichiarato che il nuovo mandato sarà occasione di impegno per «la costituzione di un tavolo di dialogo con la politica che possa finalmente definirsi permanente: le convocazioni casuali non possono portare frutti». Il numero uno Assosomm ha ribadito «la necessità che le istituzioni comprendano il ruolo che le agenzie per il lavoro possono oggi svolgere sul mercato, anche in riferimento all’ormai tanto auspicata collaborazione tra pubblico e privato». Lo skill mismatch «è un fatto e il governo deve tenerne conto pensando alle nuove politiche attive del nostro Paese, tenendosi definitivamente lontano da ogni deriva assistenzialista».

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