Immigrati? Spesso dei vigliacchi
Non ne posso più della retorica degli immigrati che fuggono dalla guerra. Farò anche il pieno di insulti, ma poco importa.
Il fatto di essere sempre dalla parte della ragione solo perché si dileguino dinnanzi a conflitti e guerre civili sta diventando intollerabile. Ammetto ogni sorta di comprensione e di pietà per donne, bambini e anziani, tollero le leggi internazionali che obbligano al soccorso e alla protezione (e l’Italia in questo senso sta dando lezioni di umanità e di fratellanza), ma non riesco più a sopportare giovani o signori maturi che arrivano sulle nostre coste dopo aver girato le spalle alle tragedie.
Da poco abbiamo digerito l’abbuffata retorica che si snoda ogni anno tra il 25 aprile e il 2 giugno. Ci siamo sorbiti tutti coloro i quali ci ricordano dei nostri avi in armi contro il nazifascismo. E allora non comprendo perché non si utilizzi la stessa logica per le migliaia di persone che scappano dalle loro guerre civili e rinuncino a difendere le comunità di appartenenza, i familiari, il credo religioso, l’ideologia, o più banalmente un pezzo di terra.
Vi immaginate i nostri nonni, in pieno secondo conflitto mondiale, darsela a gambe e affollarsi sulle coste per prendere barconi in direzione extraeuropea?
Si usi allora lo stesso metro di giudizio. Chi scappa da una guerra civile va accolto e rifocillato. Resta tuttavia un vigliacco.