L’Associazione nazionale partigiani mena fendenti da tutte le parti pur di rendere manifesta la propria contrarietà alla cittadinanza onoraria a Giorgio Albertazzi da parte del comune di Volterra. Tale accanimento non sappiamo se definirlo liminare alla follia ideologica o alle pratiche di una dozzinale dialettica tutta italiana.

Per Pia dè Tolomei di Lippa, vedova di Albertazzi, è una <<vergogna strumentale>>. Ma la signora si è contenuta mentre invece non bisogna lasciare la presa. Io parlerei invece di amenità allo stato puro. Di paranoia mista a manie di protagonismo con aggiunta, in qualche caso, di appannamento dato dall’età avanzata; anche se, visto che ci avviciniamo al 2017, non so quanti veri partigiani siano ancora in vita e quanti invece siano cascami che approfittano di quel mondo per farsi pubblicità.

Accusare Albertazzi del passato fascista significa non aver cognizione del tempo passato; non avere buon senso e soprattutto tirarsi fuori da ogni corretta logica di discussione civile.

Peraltro, taluni loro refrain iniziano ad essere urticanti e potrebbero inficiare anche condivisibili battaglie come la contrarietà alle riforme costituzionali. Perché se le premesse di ogni loro pronunciamento sono sempre legate a stereotipi così antichi, significa marcare con un pregiudizio ogni singola valutazione.

L’ANPI sembra distante nel tempo e nello spazio dall’Italia del terzo millennio. Adotta un linguaggio obsoleto e la pretesa di rappresentare il nucleo più puro della nostra società democratica lascia esterrefatti. In una Italia strabordante di moralisti vorremmo francamente fare a meno di queste penose vicende. E soprattutto fare a meno dei moralisti.

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