La notizia

Anche lei, S.M., 50 anni, fiorentina (che chiameremo Silvia), si è comportata come tutte noi. Dopo la diagnosi di tumore al seno, nel 2003, è andata in ospedale. Via il cancro con un’operazione e poi chemioterapia e radioterapia, definite “adiuvanti”, di aiuto.

Poi nel 2009 Silvia scopre un secondo tumore all’altro seno. I medici le dicono che è “primitivo” ossia che non dipende dal primo. Il guaio è che questo cancro si spariglia nel corpo come una scatola di biglie su una lastra in discesa. Metastasi ovunque. Nel polmoni e nelle ossa. Appena Silvia scopre il suo secondo cancro sa già che è un quarto stadio metastatizzato.Chi sopravvive a tumori simili? Quali sono le cure che l’oncologia tradizionale mette a disposizione? Si chiamano “palliative”, non più “adiuvanti”. Ma a ben guardare, fra le due, non ci sono molte differenze. Sono sempre miscele di chemio, diversamente combinate e ancora tanta radio. Silvia ora sta male per questo cancro disseminato e decide di non aggiungere altra sofferenza sopportando terapie tossiche che, a questo punto, non le garantirebbero nulla. Così cerca un’altra strada, a sue spese.Nel 2010 inizia il Metodo Di Bella. Piano piano le metastasi scompaiono, “non tutte – ci dice – devo andare avanti ancora. Alle ossa non ho quasi più nulla, sono tornata a muovermi come prima della malattia. La mia qualità di vita ora è buona”.La sentenza

Nel 2012 Silvia presenta un ricorso per ottenere il rimborso della terapia che le sta salvando la vita. E il 16 gennaio dal tribunale di Lecce arriva la sentenza a suo favore: avrà diritto ai farmaci oncologici gratuiti e a una sorta di risarcimento per i soldi sborsati finora, 25.000 euro.

Il giudice del Lavoro Francesca Costa ha valutato che, “se nel caso specifico, è provata l’efficacia terapeutica e l’insostituibilità di questa cura, la donna ha diritto al rimborso delle spese”. Non è tutto. Costa aggiunge un “a fronte della palliatività delle cure tradizionali a carico del sistema sanitario”. Per la prima volta un giudice definisce  “palliative” le terapie tradizionali, quello che lo Stato mette a disposizione dei malati nei casi come il suo.

Ecco le risposte che ci ha dato l’avvocato della donna, Carlo Madaro, che assieme alla figlia Vanessa, ha ricostruito la storia della paziente.

Avvocato Madaro, ci spiega perchè in materia di salute, da 16 anni per la cura Di Bella e da un paio d’anni per la terapia Stamina, intervengono i giudici del lavoro? Ha ragione il ministro quando afferma “che sono i tecnici e non i giudici che devono dare le risposte nelle questioni di salute?”.

“Il giudice stabilisce un diritto e valuta il caso singolo. Non entra nel merito dell’efficacia o meno di una terapia. Esamina i documenti che provengono dagli ospedali, in questo caso la scintigrafia ossea e le lastre ai polmoni. Quando i miglioramenti sono accertati, il giudice ha il dovere di far rispettare l’articolo 32 della Costituzione, che si riferisce al diritto alle cure per tutti”.

Il giudice ha giudicato “palliative” le terapie tradizionali nel caso di questo tumore metastatizzato.

“In effetti, se lo Stato si fa carico di una chemioterapia palliativa che non guarisce ma che porta alla morte, a maggior ragione si faccia carico di un qualcosa che allontana dalla morte. Perchè, quando un paziente deve morire, lo Stato non bada a spese e quando una donna trova la sua terapia salvavita le si nega il risarcimento?”

Perchè lo Stato ostacola le terapie non riconosciute, anche quando non c’e un’ alternativa?

“Non è etico uno Stato che si contrappone ai malati. Il ministero della Salute dovrebbe essere contento quando i malati dimostrano miglioramenti. Dovrebbe fare di tutto per aiutarli, non fargli la guerra. Considero stupido e inutile l’atteggiamento che si sta adottando nei confronti di quei malati orfani di terapia che fanno la fila dal giudice per ottenere le staminali Stamina. Sappiamo che le sperimentazioni durano anni, nel frattempo si concedano le staminali a chi vuole sperimentarle su se stesso, anche perchè le terapie palliative sono ammesse e rimborsate e non guariscono. Non c’è alcun senso nel mettere i bastoni fra le ruote ai malati quando si sprecano soldi pubblici a pioggia per motivi inutili”.

Lei è stato pretore a Maglie negli anni della sperimentazione del metodo Di Bella, ha detto di aver smesso di fare il giudice per via delle pressioni ricevute. Che idea si è fatto del metodo Di Bella, perchè molti malati di tumore la scelgono tuttora anche se il ministero dichiarò che non serviva a nulla?

“Se dopo 16 anni ci sono malati con il cancro che si curano in questo modo, lo Stato ha il dovere di guardare dentro questa terapia. Dietro i trattamenti approvati e riconosciuti ci sono miliardi di interessi e un sistema costruito intorno per tutelarli. Non voglio dire che il metodo Di Bella sia cura universalmente valida per trattare tutti i tumori, questo non lo sappiamo, ma che in alcuni casi funzioni lo dimostrano gli esami clinici”.

La non notizia

La Società italiana di farmacologia ha pubblicato ieri una notizia infondata. Che in Sicilia sarebbe stato approvato un fondo di 5 milioni di euro a sostegno dei malati di tumore che scelgono di curarsi con Metodo Di Bella. Di fatto il provvedimento, sostenuto da alcuni politici – Giovanni Greco, Michele Cimino, Pippo Gianni e Stefano Zito – è stato bocciato dall’assemblea, non è diventato legge nel settembre scorso (quando fu cassato), e non si sa se lo diventerà.

Se leggete con attenzione il bollettino dei farmacologi, là dove si ricorda che il Metodo Di Bella non è una terapia valida dal punto di vista scientifico, troverete fra le fonti, la famosa critica dello studioso Mullner, pubblicata sul British Medical Journal. L’autore si chiese come mai durante la sperimentazione del 1998 la terapia Di Bella non fu paragonata a nulla, visto che non ci fu un gruppo di controllo. Dove sta dunque la scientificità  di questa sperimentazione?

Proprio così, il bollettino dei farmacologi esordisce riportando una menzogna sulla regione Sicilia e quando punta il dito contro la terapia Di Bella  (dicendo che “come Stamina si sottrae alla verifica scientifica”)  inserisce tra le fonti l’autorevole studio di Mullner, eh sì, i farmacologi, citando il British medical journal, si mettono in ridicolo da soli.

Tralasciamo il punto in cui affermano che la terapia Di Bella è tossica come se negli ambulatori di oncologia si somministrassero vitamine…!

Ci pare doveroso smentire un altro aspetto divulgato dal bollettino della società in questione. Anche se negati, gli studi di Di Bella cantano da soli dalla banca dati Pub Med. Ecco gli ultimi pubblicati, sul tumore alla prostata e sulla mammella. “Se contiamo le pubblicazioni di mio padre e quelli dei colleghi, Achille Norsa e Mauro Todisco si arriva a 697 casi documentati – riferisce Giuseppe Di Bella – richiamo l’attenzione sui tumori mammari e alla prostata in remissione senza intervento, cosa che non succede con i trattamenti oncologici tradizionali”.

Infine un post scriptum, non solo per i farmacologi ma per chi desidera seperne di più. Qui trovate l’analisi di Nature che mostra gli effetti cancerogeni della chemioterapia  e qui quella di Pajonk sulla radioterapia responsabile del proliferare delle staminali del cancro.

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