Alle prossime elezioni regionali in Emilia Romagna, il 26 gennaio, si presenterà un nuovo partito politico, il M3V (Movimento 3 V, Vaccini Vogliamo Verità). Anche se questo non è un blog di politica, dedico volentieri un post alla nuova formazione che promette di abolire l’obbligo dei vaccini.

Tuttavia, nel rispetto della par condicio, lascerò spazio anche ai candidati delle prossime (e future) elezioni che vogliano chiarire agli elettori come si comporteranno sui temi cari ai miei lettori: dalle vaccinazioni imposte, al 5G, all’agricoltura senza pesticidi, alle medicine dette “alternative”.

Il Movimento 3V è nato un anno fa, quando i partiti che vinsero le elezioni, 5Stelle e Lega, “accantonarono” la questione dell’obbligo vaccinale con il decreto Mille Proroghe. In sintesi: non mantennero la promessa di svincolare le vaccinazioni dall’iscrizione al nido e alla scuola materna.

Formato da gruppi di genitori e da associazioni territoriali, sull’onda lunga della delusione, il M3V ha ottenuto 6mila firme e si presenterà in tutte le nove province della Regione con la lista del presidente e in otto provincie con la lista dei consiglieri. Trattandosi di un partito “che corre da solo”, i rappresentanti verranno eletti se supereranno la soglia del 3% (mentre con alleanze a partiti maggiori basterebbe la metà).

È un movimento autofinanziato che sta affondando radici anche in altre regioni. Qui trovate il programma. Che non parla solo di vaccinazioni; si prefigge di restituire al medico il proprio ruolo (“libertà di arte e di parola”); di rivalutare gli ospedali come luoghi di cura e non solo come aziende; di promuovere tutta la Medicina (omeopatia e agopuntura comprese) e la prevenzione. Senza trascurare l’Ambiente, l’Agricoltura, le Infrastrutture, la Famiglia, la Scuola.

Il candidato alla presidenza dell’Emilia Romagna è Domenico Battaglia. Di professione chirurgo urologo ed esperto in alimentazione, esercita a Ferrara.

Come ha deciso di dedicarsi alla politica?

“Ho accettato la candidatura che mi è stata proposta perché le finalità del movimento rappresentano il mio sentire e il mio stile di vita”.

 In sintesi cosa le è piaciuto.

“Il fatto che un gruppo crescente di cittadini – non politici di professione – abbia deciso di impegnarsi (invece di lamentarsi) cercando di colmare i vuoti lasciati da questo e dai precedenti governi. E il fatto che la mission verta sulla libertà di cura”.

Cos’è la libertà di cura?

“La libertà di cura è l’anima della professione. Il medico promette a se stesso e ai pazienti di non nuocere e di fare il possibile per alleviare le sofferenze del malato nel rispetto delle evidenze scientifiche. Oggi i medici applicano regole decise a tavolino (i protocolli) per ogni malattia. Un iter standardizzato che piace alla medicina legale (limita le cause) e che può anche funzionare ma non per tutti. Ma io sono il medico anche di quel malato che non ha benefici dal protocollo. E mio dovere è occuparmi di lui”.

Tutti i protocolli andrebbero personalizzati?

“Certo. Siamo diversi. E ci sono vari modi per ottenere la salute, il mio compito è indirizzare il paziente verso la terapia migliore per lui”. (Punti 6,7 e 8 del programma Sanità).

Di cosa soffrono gli ospedali?

“Non investono più nel personale. Medici e infermieri sono sottoposti a turni massacranti; non si lascia il tempo per l’aggiornamento individuale e si perdono di vista le nuove evidenze scientifiche”.

Esempio?

“Si raccomanda ancora di mangiare formaggio a chi soffre di osteoporosi. Queste sono le evidenze scientifiche di trent’anni fa…”.

Come trovare denaro? Da quando gli ospedali sono aziende non possono permettersi bilanci in perdita.

“Il problema è come fare azienda. Se un’istituzione si occupa di educare e un’altra di curare, il primo obbiettivo, per entrambe, non può essere il fatturato. Il denaro si dovrebbe recuperare riducendo l’immane spesa farmaceutica” (è il punto 10 del programma Sanità).

Se dovesse diventare presidente come si comporterà con l’obbligo vaccinale?

“Eviterei di ratificare la delibera regionale che prevede l’obbligo di 10 vaccinazioni per l’ingresso agli asili. Ed eliminerei le multe.L’Emilia è stata apripista della legge Lorenzin (impose per prima il vincolo delle vaccinazioni per accedere alle scuole), ora potrebbe essere la prima regione a toglierlo”.

È contrario alle vaccinazioni?

“Non sono pregiudizialmente contrario a nulla. Ogni farmaco deve essere somministrato nelle condizioni più sicure per ciascun paziente. Nel caso dei vaccini va valutato il contesto: quali malattie rischiano i neonati del 2020? Non certo l’epatite B. Sono critico verso gli interventi di massa poiché vi sono differenze tra un bambino e l’altro. Proporle indistintamente a tutti è come distribuire un antibiotico a pioggia per evitare le cistiti o le polmoniti”.

Dovrebbe essere il pediatra a valutare la rosa dei vaccini con i genitori?

“Certamente, nel rispetto dell’individualità del piccolo e del contesto”.

Come si fa a sapere se un vaccino potrebbe nuocere a un neonato di 60 giorni?

“Non si può sapere. Il sistema immunitario del bimbo non si è ancora formato. Davanti al non sapere un medico dovrebbe far valere il principio di precauzione. Se si decide di vaccinare è bene farlo dopo accurata anamnesi, anche familiare. Oltre che avvalendosi della genetica. Uno screening sulle mutazioni, oggi, può dirci molto”.

Lei è stato tra i 120 medici firmatari della lettera indirizzata nel 2015 all’Istituto superiore di Sanità. Cliccate qui. Avete chiesto di avviare uno studio fra bambini vaccinati e bambini non vaccinati poiché dalla vostra osservazione clinica è emerso che sono più sani i non vaccinati. L’Istituto superiore di Sanità non ha mai risposto alla sollecitazione. Nel vostro programma elettorale compare il progetto di uno studio simile.

“Come dicevo poc’anzi, senza dati è difficile suggerire cosa è meglio per ciascun paziente. Al punto 2 del programma spieghiamo che avvieremmo uno studio di confronto fra bimbi e anziani vaccinati e non. Sappiamo che un lavoro epidemiologico sensato si potrebbe realizzare da subito realizzando uno studio retrospettivo, cioè osservando a ritroso negli anni, la salute di chi è stato vaccinato e di chi invece non si è sottoposto a vaccinazioni”.

Siete contrari all’obbligo ma proponete la farmacovigilanza attiva.

“Certamente. È il modo migliore per conoscere gli effetti di un farmaco e di un vaccino: coinvolgere attivamente gli interessati e invitarli a osservare e segnalare tutto ciò che accade nel tempo dopo la somministrazione del farmaco o del vaccino”.

Qualcuno può obiettare che davanti alle epidemie mortali l’obbligo delle vaccinazioni è indispensabile.

“I nostri sindaci possono attuare misure straordinarie in caso di epidemie. Non lo hanno mai fatto perché non ce n’è stato bisogno. Le nostre leggi e la Costituzione ci tutelano”.

Pensa che la legge Lorenzin non abbia senso?

“Esattamente. Avevamo e abbiamo già gli strumenti per intervenire rapidamente in caso di epidemie. Nessuna delle 10 malattie inserite nel Piano vaccinale con l’obbligo di vaccinazione ha queste caratteristiche, neppure il morbillo. Il fatto di vincolare le vaccinazioni all’ingresso a scuola, escludendo il resto della popolazione, ha reso i genitori drammaticamente scettici su tutta la pratica delle vaccinazioni. L’obbligo dei 10 vaccini per godere di un diritto, l’asilo, è visto come un ricatto. Le espulsioni di quei bimbi i cui genitori hanno fatto una scelta di salute, non vaccinandoli, come un gesto punitivo e incomprensibile”.

E la necessità di proteggere gli altri?

“Fino al 2017 nessuno si era posto questo problema e non sono mai stati dimostrati i contagi paventati dal 2017 in poi (da non vaccinati a immunodepressi). Piuttosto se volessimo proteggere sul serio le persone più fragili dovremmo evitare di inserire in piccoli gruppi, come le classi, chi ha appena fatto vaccini come l’anti varicella e il trivalente o quadrivalente, senza il periodo di quarantena previsto. In questi casi il rischio di trasmissione di malattia è reale”.

Cosa vorrebbe aggiungere?

“Dobbiamo dare alle famiglie l’opportunità di informarsi per davvero, sia sui benefici delle vaccinazioni che sugli eventuali rischi. Solo con un consenso informato accurato si possono prendere decisioni”.

E lo Stato?

“È sempre secondo. Arriva dopo i genitori e dopo l’individuo. Per questo nessun politico può prendere decisioni di salute al posto nostro”.

 

 

 

 

 

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