Giornalisti che fanno cabaret.
Avevo abbandonato da tempo i talk show. Da almeno una decina d’anni. Mi davano una noia mortale e poi erano deleteri per il mio equilibrio psichico. Ho rinunciato alla loro visione ed anche agli approfondimenti del giorno dopo sui vari quotidiani.
L’ho fatto essenzialmente perché il registro era sempre lo stesso. Gente che si azzuffava e che aveva come incombenza quella di interrompere l’avversario di turno; spesso con la reiterazione dello stesso termine o del medesimo concetto sovrapponendoli alla voce del contraddittore. Ma queste sono cose a voi note.
Eppure, come un ebete, ho continuato a seguire le prestazioni oratorie dell’uno e dell’altro. A sorbirmi nani e ballerine, vecchi tecnocrati e giovani rampanti, signore tirate dal bisturi fino all’inverosimile e bolsi rincoglioniti da decenni nelle aride e mafiose accademie italiane. E alla fine, diciamola tutta, del tema in questione non importava più nulla a nessuno. Era solo uno sfoggio pirandelliano di maschere (il razzista, il moderato, il governativo, l’oca giuliva, il moralista, e così via) che entravano ed uscivano di scena anche fuori contesto. Ognuno di noi faceva il tifo per il proprio burattino e poi tutti a letto, compiaciuti per aver vinto la battaglia.
La pausa è stata quindi rigenerante e così da qualche tempo ho iniziato a seguirli di nuovo. Lo faccio però con animo riconciliato col mondo e senza nessuna aspettativa. Si parli di crisi economica, terrorismo, disoccupati o gente sfrattata e senza casa, cerco di non applicarmi più di tanto perché so già che non assisterò ad alcuno sforzo intellettuale e ad un minimo di dialettica costruttiva.
Rivolgo l’attenzione verso altre cose. Mi sollecita il contesto più del contenuto perché, nel frattempo, poco o nulla è cambiato tranne la presenza delle nuove leve di giornalisti che nella foga della originalità a tutti i costi, passano il tempo ad individuare con pervicacia inaudita la battuta giusta, la freddura, il batti e ribatti come si conveniva un tempo alle spalle comiche. Obiettivo principale è infatti buttarla in farsa ma senza che nessuno se ne accorga.
Ecco, ora osservo i talk serali come si guardano talune gag comiche. Indugio su questi cabarettisti della parola che imbandiscono la tavola con piatti pepati, battutine da bar dello sport, qualche vecchia barzelletta perfezionata per l’occasione, ed ospiti che a loro insaputa (?) vengono non raramente etero diretti, e quindi con sapiente regia, da questa generazione di cabarettisti con regolare iscrizione all’ordine dei giornalisti.