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Per Eugenio Scalfari, «Di Maio rappresenta la nuova sinistra».

Solo qualche giorno prima del voto si era espresso a favore di Berlusconi, valutando i grillini non all’altezza del gravoso compito. Li considerava una sorta di circolo di onesti, volenterosi e bravi giovini ma confusionari in politica, perciò pericolosi, tanto da temere che le sorti di un Paese già malandato di suo potessero essere affidate a persone inesperte.

Il fondatore di Repubblica, fascista in gioventù, poi a favore della Monarchia nel famoso Referendum del 1946, quindi del Partito Liberale, tra i promotori del Partito Radicale, deputato del Partito socialista, stregato dal democristiano Ciriaco De Mita, grande sostenitore dei post comunisti del Pds poi evolutisi fino al Pd di Renzi, issa ora una nuova bandiera.

E sembra quasi dilettarsi in questo gioco al massacro, peraltro premeditato con fine destrezza da Giovanni Floris, dove gli antichi ragionamenti cripto filosofici su Dio e sul mondo, lasciano il posto al più candido dei teatrini dialogici tanto che gli argomenti più articolati si riassumono in botta e risposta da quiz televisivo: «Tra Berlusconi e Di Maio chi sceglierebbe?»; «Tra Di Maio e Salvini chi sceglierebbe?».

Si diverte come un bambino, pur serbando una fiera albagia sostenuta dalla barba canuta e dal peso dell’età… ma proprio come un bambino sbrindella la verità più profonda senza più alcun mediazione, come mai aveva fatto in passato, e la offre in pasto al pubblico da showman navigato.

Una sintesi portata alle estreme conseguenze che mette da parte la Verità con l’iniziale maiuscola e svela invece l’unica verità bazzicata dagli italiani e quindi anche da lui, il Fondatore, e che nessuno, meglio di Flaiano, seppe esprimere nella brevità di un aforisma tanto terso quanto scoraggiante: «Gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso del vincitore».

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