È arrivato oggi, dall’Ema, il via libera al quarto vaccino anti Covid prodotto dall’azienda statunitense Janssen del gruppo Johnson & Johnson. Si presume che le 27 milioni di dosi italiane, tante sono stabilite dal contratto europeo, siano disponibili a partire da aprile.

Come per gli altri vaccini anti Covid, la licenza commerciale ottenuta in tempi brevi è un effetto dell’emergenza pandemica. E come per i vaccini già in circolazione, si tratta di prodotti farmaceutici a monitoraggio addizionale. Significa che, oltre agli studi condotti, verranno raccolte informazioni in più “strada facendo”, secondo la procedura detta “rolling review”.

In tempi di non pandemie i dati di un nuovo vaccino sono forniti tutti insieme all’inizio della richiesta di autorizzazione alla commercializzazione, mentre in questo caso, il Chmp, il Comitato incaricato della valutazione, li revisiona man mano che sono disponibili.

Abbiamo intervistato Loredana Bergamini, Direttore Medico di Janssen Italia.

L’azienda riferisce i seguenti risultati dello studio di Fase 3. Su 43.783 partecipanti suddivisi in due gruppi (a uno è stato dato il vaccino in dose singola, al secondo una soluzione fisiologica), l’efficacia media nel prevenire forme di malattia da moderate a gravi, testata su persone di ogni età, è del 66%.

In particolare la percentuale di protezione da malattia sale al 72% negli USA, è risultata del 66% in America Latina e del 57% in Sudafrica, con un’efficacia dell’85% nel prevenire le forme gravi. Il vaccino è stato testato anche su una sottopopolazione di persone fragili, con malattie croniche come obesità, diabete, tumori e Hiv.

Spiega Bergamini che “i partecipanti allo studio sono stati reclutati in otto Paesi, anche nelle aree in cui imperversavano già le varianti del virus. Questo ci ha permesso di dire che il nostro vaccino risponde bene anche alle nuove varianti”.

L’osservazione dei gruppi è stata di 28-45-71 giorni. In questo lasso di tempo i partecipanti potrebbero non essere entrati in contatto con la malattia naturale. Sono stati esposti al virus “artificialmente” e in maniera controllata per poter osservare l’efficacia della protezione?

“Assolutamente no. I gruppi erano in zone del mondo in cui la Covid era molto diffusa. Noi valutiamo solo l’effetto da infezione naturale. Osservando i gruppi di controllo abbiamo dedotto la percentuale di efficacia. Gli obbiettivi che ci siamo prefissi, evitare i casi gravi che richiedono la terapia intensiva e le morti, sono stati soddisfatti”.

A proposito dei vaccini già in uso in Italia, non si sa ancora se, pur proteggendo, in diversa misura, le persone vaccinate, gli stessi sono in grado di evitare la trasmissione dell’infezione oppure no. Cosa si sa del vostro?

“Non abbiamo ancora questi dati. Ma intanto invitiamo la popolazione ad aderire in massa alla prevenzione, più sono le persone vaccinate, più si ottengono tante singole protezioni”.

La letteratura scientifica ci ricorda che, durante un’infezione naturale, gli anticorpi IgA hanno un ruolo fondamentale nella neutralizzazione del virus, superiore a quello delle IgG. Che tipi di anticorpi avete osservato nel gruppo dei vaccinati?

“Ci auguriamo tutte. Il nostro sistema immunitario è molto vivace e ci protegge con armi diverse in tempi differenti. All’inizio compaiono le IgM, poi, con il tempo, anche le IgG che durano più a lungo (entrambe sono quelle specifiche per il virus), ci auguriamo anche nel lungo termine le IgA e i linfociti B eT che sono detti linfociti sentinella…”

Il vostro vaccino usa un vettore virale (adenovirus ingegnerizzato, AdVac) per trasportare all’interno delle cellule una porzione del patogeno. Questa tecnologia è già stata utilizzata per i vaccini? Se sì quali?

“La piattaforma AdVac è stata usata per sviluppare e produrre il vaccino di Janssen contro l’Ebola, che è stato approvato dalla Commissione Europea e per costruire i candidati vaccini sperimentali contro i virus Zika, virus respiratorio sinciziale RSV e l’HIV (non ancora approvati). Con questa piattaforma, al momento, sono state vaccinate 200.000 persone”.

In agosto è stato pubblicato un lavoro su Lancet. Si dice, a proposito dei vaccini a vettore virale, che chi ha già contratto un raffreddore da adenovirus potrebbe parzialmente ostacolare la risposta immunitaria specifica alla vaccinazione. E che questo fenomeno è più frequente con il crescere dell’età.

“Conosciamo questa eventualità. Infatti proponiamo il vaccino in dose singola, poiché in genere, il fenomeno si verifica con la seconda dose. Tuttavia stiamo testando anche le due dosi per constatarne l’effetto”.

A ottobre la Johnson & Johnson ha comunicato di aver interrotto la sperimentazione del vaccino a seguito di un evento avverso. Poi, quando lo studio è ripartito, non si è saputo più nulla.

“Non so dirle di che tipo sia stato quell’evento. Ma voglio rassicurare la popolazione: quando un ente regolatorio autorizza le somministrazioni è segno che il prodotto è sicuro, i comitati etici vigilano sull’andamento. Gli eventi avversi che abbiamo registrato sono lievi e di modesta entità (gonfiore nel sito di iniezione o blandi sintomi di un’influenza). Poi so che in Italia Aifa è attentissima alla sicurezza e vigilerà”.

Purtroppo Aifa non sta facendo la vigilanza attiva, come ci si sarebbe aspettati in un momento come questo, con i vaccini a monitoraggio addizionale.

“La scelta del tipo di vigilanza, se attiva o passiva, dipende dai vari Paesi”.

Che finanziamenti avete avuto?

“Su modello del partnerariato pubblico-privato, abbiamo ricevuto fondi federali da BARDA, autorità per la Ricerca e lo Sviluppo Biomedicale Avanzata che si è adoperata anche per la velocizzazione e dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) che fa parte dei National Institutes of Health (NIH) presso il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (HHS)”.

E dall’Unione europea?

“Anche. Il pagamento anticipato ci ha aiutato ad accelerare i nostri sforzi di produzione a rischio”.

Il professor Massimo Galli, guardando ai dati dei primi vaccinati (con i vaccini al momento in uso), sconsiglia di vaccinare chi ha già contratto la malattia. Consiglia il vostro vaccino a chi ha già avuto la Covid?

“Conosciamo ancora poco la malattia e il suo decorso, lascerei alle istituzioni in collaborazione con gli esperti, guidarci sui percorsi più corretti da seguire”.

L’ospedale milanese Buzzi vorrebbe utilizzare il vostro vaccino sui bambini da un anno in su. Come mai al Buzzi hanno pensato al vostro vaccino?

“L’impiego nei bambini sarà possibile solo quando vi saranno le specifiche autorizzazioni da parte degli enti regolatori”.

Due giorni fa l’agenzia Reuters ha riportato che la vostra azienda non riuscirà a rispettare le consegne pattuite e che all’Italia mancheranno 7 milioni di dosi…

“La Johnson & Johnson smentisce e conferma l’impegno preso con la Commissione Europea: forniremo 200 milioni di dosi entro il 2021, a partire dal secondo trimestre. Per raggiungere l’obbiettivo e mantenere fede agli impegni continuiamo ad avviare nuovi siti di produzione (non appena lo consentano le approvazioni delle autorità sanitarie). I nostri attuali piani di produzione ci consentono di raggiungere un tasso di un miliardo di dosi all’anno entro la fine del 2021. Ci impegniamo a rendere disponibile il vaccino senza scopo di lucro per l’uso emergenziale”.

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