Dal 15 ottobre l’Italia – unico Paese al mondo (!) – imporrà il Green Pass a tutti i lavoratori. Dalle fabbriche alle aziende, dai cantieri ai negozi fino alle case private (scuole e ospedali hanno precorso i tempi), per poter lavorare, occorrerà sottoporsi a un trattamento sanitario: o il vaccino o il tampone. Mentre le vaccinazioni sono un’opportunità offerta dal Sistema Sanitario – dono reso possibile grazie alle tasse dei contribuenti – il tampone, ci è stato detto, è a carico del lavoratore.

Ma è davvero così?

Ringraziamo la redazione di Informazione Libera che ha svolto un’accurata ricerca, spulciando le norme, per arrivare alla conclusione opposta alla dichiarazione di facciata, quella che racconta che il lavoratore non vaccinato debba provvedere di tasca sua al tampone, quasi a suggerire una “punizione” per chi sceglie di non vaccinarsi (scelta, peraltro, prevista dalla legge). Cliccate qui.

I tamponi sono DSI, dispositivi di sicurezza individuali, come i caschi di protezione che si usano nei cantieri o gli scarponi di antinfortunistica. Gli oneri di questi dispositivi spettano al datore di lavoro che li detrae dai costi di bilancio. Da sempre funziona così. Il testo unico sulla sicurezza e sul lavoro del 2008 recita testuale: “Le misure relative alla sicurezza, alligiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori”. Cliccate qui, art 15, comma 2 a pag 63.

Nel Decreto Sostegni bis dello scorso maggio i tamponi sono inseriti fra i DSI, dispositivi di sicurezza individuali e sottoposti a credito d’imposta del 30%. Sono rimborsate in questo modo “le spese sostenute nei mesi di giugno, luglio e agosto per la sanificazione (…) e per l’acquisto di dispositivi (…) comprese le spese per la somministrazione di tamponi per Covid-19. Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200.000 euro per l’anno 2021”. Cliccate qui.

La catena alimentare Natura Sì che ha annunciato di offrire il tampone ai propri dipendenti – ottenendo plausi e visibilità per questa decisione – sta rispettando norme in materia di sicurezza dei lavoratori. Ma gli altri?

Il governo chiarisca questo aspetto in sede di conversione del decreto.

Ricorda Informazione libera che “il recente rapporto adottato dal Consiglio d’Europa “Vaccini COVID-19: questioni etiche, legali e pratiche“, esorta gli Stati membri e l’Unione Europea a garantire che i cittadini siano informati del fatto che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno può subire discriminazioni in base alla discrezionale scelta di non vaccinarsi”.

Quindi, da un lato discriminazioni non sono ammesse. Dall’altro, dal lato dei lavoratori, gli oneri non sono dovuti.

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