Sincronicità 2013: papa Bergoglio, M5S, Xi Jinping
Il potere delle date: alle elezioni tsunami di fine Febbraio 2013 esplose il Movimento 5 Stelle. Pochi giorni dopo, il 13 Marzo, Jorge Bergoglio fu eletto papa dal conclave dei cardinali, e il giorno successivo, 14 Marzo 2013, Xi Jinping fu nominato presidente dal “conclave” del partito comunista cinese. Tutti e tre, Bergoglio, Xi e M5S, avevano nei loro programmi parole chiave simili: frugalità, giro di vite contro il malaffare, guerra alla corruzione. In quei primi mesi dell’anno c’era nell’aria un francescanesimo vero e presunto, ma all’indomani dell’elezione al Soglio pontificio, “il manifesto” parafrasò una canzone di Lucio Battisti e titolò “Non è Francesco”.
Appena eletto, Bergoglio rifiutò la mozzetta di velluto rosso ed ermellino, e si presentò con la semplice talare bianca. Respinse la croce d’oro, e si tenne la più modesta croce di ferro. Quando i cerimonieri vollero portarlo dal sarto, il nuovo papa rispose: «Prima si va dalla Madonna». Rinunciò all’alloggio papale da 700 metri quadri, e si accasò nell’austera residenza di Santa Marta. Lasciò in garage la vistosa papa mobile, e usò come mezzo di trasporto un’umile berlina. Secondo molti osservatori, la spinta innovatrice di Bergoglio ha prodotto in otto anni risultati perlomeno contraddittori, anche per la forte opposizione da parte della Curia romana.
La forza riformatrice del Movimento 5 Stelle, invece, si è proprio insabbiata. In quasi tutte le loro battaglie, i grillini sono passati all’opposizione di se stessi: l’odio nei confronti delle auto blu si è trasformato in amore per le auto blu. La simpatia del 2019 per i Gilet Gialli francesi è diventata, nel 2021, sentimento per la loro antitesi, Emmanuel Macron. Il doppio mandato era anatema, ma ora il Movimento sta pensando a qualche tipo di deroga ad personam, che in pratica sostituirebbe “l’uno vale uno” di Beppe Grillo con “Io sò io, e voi non siete un c*zzo”, marchese del Grillo.
L’unico dei tre che sembra averci dato dentro fino in fondo è Xi Jinping. Stando alle cifre snocciolate da Desmond Shum nel libro Red Roulette (uscito ad Ottobre in lingua inglese), in otto anni di governo, Xi ha esercitato vari gradi di purga a quattro milioni di burocrati a tutti i livelli: epurazione, arresto senza un’accusa precisa, rieducazione, sparizione dei prigionieri, rapimenti all’estero, ergastoli e condanne a morte. E dato che c’era, Xi ha eliminato dalla scena anche qualsiasi potenziale concorrente alla sua leadership. Per la prima volta da un quarto di secolo, la Cina ha un dittatore accorto e spietato senza un successore designato, e senza i pesi e contrappesi interni che avevano contraddistinto gli eredi di Deng Xiaoping.
In questa nostra era dei due papi, il M5S ha quasi sempre avuto due capi, Beppe Grillo e uno dei due Casaleggio, mentre dal 2013 in Cina c’è un uomo solo al comando.
Xi Jinping ha accumulato talmente tanto potere da meritarsi nel suo Paese l’appellativo di “chairman of everything”. Quando nel 2005 morì papa Wojtyła, in Italia circolava un sms: «L’Onorevole Berlusconi assume ad interim l’incarico di Pontefice con il nome Pio Tutto». Lì era una battuta, Xi lo è per davvero.