C’era una volta un maschio BETA tendente al GAMMA che aspettava il cadavere dei suoi nemici sul DELTA del fiume, troppo a valle per la verità, perchè arrivano già divorati dai pesci e irriconoscibili.

Quella del maschio beta egemone e un’illusione ottica nell’era della trasparenza. Non durerà. Non esistono leader “beta” che cambiano i pannolini dei bambini, senza inculcargli qualche tipo di tristezza in fondo all’anima. Il leader sarà sempre e solo “alfa”: più grande il buco dell’ozono nella sua corteccia emotiva, più lui (lei) sarà creatore di opportunità, distruttore e costruttore, inseminator (lei no) e castratore di figli.

Helmut Kohl era una specie di Re Sole, ma sua moglie era affetta da una rara forma di allergia alla luce, e alla fine si suicidò. Le foto di qualche anno fa della Merkel a Ischia abbracciata al marito “beta” facevano tenerezza, ma mentre Kohl ha unito due Germanie, Merkel, con la sua accortezza politica e i suoi millimetrici movimenti, ha forse anestetizzato l’Europa.

Da qualche tempo in Occidentale diamo per scontato che le doti morali dei nostri leader (politici e culturali) siano indispensabili per valutare il loro operato. Donald Trump è l’aberrazione contraria: leader alfa, ma ottenebrato come vuole il cliché.

Qualche anno fa il vituperato Licio Gelli vinse sotto falso nome un premio di poesia. Se non avesse avuto la malaugurata idea di rivelare la sua vera identità, magari i nostri discendenti avrebbero mandato a memoria le sue fatiche letterarie. Questo potenziale cortocircuito mi suscita buon umore, anzichè il contrario, e  d’altra parte non è mai esistita una correlazione tra talento e doti morali. Anzi.

C’è l’esempio di Jean Jacques Rousseau che procreò allegramente cinque figli e poi convinse la compagna ad abbandonarli uno ad uno all’orfanotrofio. Cosa poteva lasciare ai posteri una persona così? Un capolavoro letterario su come educare i bambini, naturalmente.

Da qualche decennio c’è invece la tendenza ad identificare l’intellettuale come leader morale, anziché confinare il nostro giudizio al valore della sua opera. Ultimamente sono richieste doti femminili, oppure da maschio “beta”. E che non si metta in testa di camminare in contropelo rispetto alla correttezza politica del momento!

Nell’era della trasparenza spesso ipocrita e bacchettona, un blog potrebbe essere il perfetto antidoto: dietro l’anonimato vero-falso di un nick, o dietro a un nome falso-vero come il mio*, potrebbe nascondersi chiunque. Magari un “alfa” in disgrazia, oppure il contrario: un “beta” che solo davanti a una tastiera riesce a liberare il leone normalmente chiuso in gabbia nella sua routine quotidiana.

Se a scrivere è un malvagio, deve però avere l’accortezza di non commettere l’errore di Licio Gelli, rivelando mai e poi mai il suo vero volto. Il blog è una delle poche dimensioni dove anche il pensiero di un reprobo può essere distillato, recuperato e valorizzato.

 

* chissà!

 

L’immagine su questo blog è di Deborah Joy Bormann @deborahjoybormann.

Deborah nasce a Trieste, città di confine, da padre statunitense e madre spagnola. Vive a Bologna, Pisa, Amsterdam, Madrid, San Francisco. Una serie di coincidenze e passioni la porta a Torino, oramai città d’adozione.
Spirito indipendente, visionario e… disperatamente ottimista.
Madre, compagna, insegnante, arteterapeuta e artista.
Da sempre adora leggere, scrivere, pensare e creare.

Le idee espresse da Andrea nei suoi articoli non rappresentano necessariamente le opinioni e le convinzioni di Deborah.
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