Da dove nasce la retorica da fine settenato di un Presidente della Repubblica in odore santità?

Sergio Mattarella all’inizio del mandato sembrava uno scolaretto, con il suo ipercinetico predecessore che spesso e volentieri faceva ancora sapere la sua opinione non richiesta. Durante il primo anno al Quirinale dell’attuale Presidente, Giorgio Napolitano si comportava come Kato, il giapponese nella Pantera Rosa di Blake Edwards che usciva dal nulla, e sfidava Peter Sellers in improbabili duelli di karatè (qui).

C’era Sellers-Mattarella che rincasava stanco, dopo una giornata intera di apprendistato nel suo nuovo, difficile, ruolo. Posava il sacchetto della spesa sul tavolo della cucina, ma già intuiva che da qualche parte si nascondeva Kato-Napolitano che avrebbe ingaggiato con lui un duello completamente inopportuno. In quei primi mesi, Napolitano entrava spesso a gamba tesa in questioni che non gli competevano più, ma Mattarella abbozzava in silenzio, trincerandosi dietro quel suo criptico sorriso sempre uguale.

Lo scorso Dicembre, destarono un annoiato interesse i sei minuti di applausi a Mattarella alla Prima della Scala, con entusiastici inviti a una presidenza bis. Bisognerebbe chiedersi perchè. Cos’ha fatto Mattarella di tanto grandioso durante il suo settenato? Sei minuti sono tanti, specialmente quando ad accordarli è la crème de la crème di una nazione; gente con le mani talmente delicate, che alla fine di quella apocalisse saranno state perlomeno arrossate.

E’ necessario studiare alla moviola quei sei minuti: dopo 240 secondi sembrava magari che l’impulso stesse per esaurirsi, ma qualcuno giù in platea avrebbe potuto alzare di nuovo il ritmo, trascinandosi dietro tutto il teatro per altri due minuti. L’applauso è ignorante, democratico, populista, e anche l’essere meno carismatico del mondo è in grado di ravvivarlo. Dalle telecamere puntate sul pubblico avremmo potuto magari intuire il pensiero di chi al quarto minuto si sarebbe volentieri fermato: «Miii, ancora?!».

Mattarella è una persona per bene, pur con le sue umanissime zone d’ombra. A questo proposito, è sempre interessante leggere l’esegesi del segretario generale del Quirinale (qui), quel personaggio abbastanza inquietante che segue il presidente di turno come un’ombra, ed esercita su di lui un ruolo molto influente.

 

L’immagine su questo blog è di Deborah Joy Bormann @deborahjoybormann.

Deborah nasce a Trieste, città di confine, da padre statunitense e madre spagnola. Vive a Bologna, Pisa, Amsterdam, Madrid, San Francisco. Una serie di coincidenze e passioni la porta a Torino, oramai città d’adozione.
Spirito indipendente, visionario e… disperatamente ottimista.
Madre, compagna, insegnante, arteterapeuta e artista.
Da sempre adora leggere, scrivere, pensare e creare.

Le idee espresse da Andrea nei suoi articoli non rappresentano necessariamente le opinioni e le convinzioni di Deborah.
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