Mentre il taxi mi porta a destinazione, ascolto con un orecchio la geopolitica del tassista. Condivido abbastanza il suo punto di vista, ma quando siamo quasi arrivati, mi accorgo che il “dittatore” contro il quale ha inveito per tredici minuti non è Putin, ma Draghi. Per educazione, per ipocrisia e per una sorta di timore reverenziale nei confronti del tassametro, non lo mando a stendere.

Il paradosso della democrazia equiparata alla dittatura affascina persone di tutte le estrazioni sociali, livello di consapevolezza e intelligenza, non solo gli acchiappa-garbugli che attingono il loro “sapere” su siti complottisti-uno-punto-zero. C’è un movimento di persone che vive felicemente in Occidente, ma è entrato in un labirinto di paradossi, dai quali è impossibile districarsi. Il paradosso è utile quando la prospettiva surrealista mostra le contraddizioni di un sistema; l’importante è saperne uscire quando serve, ma spesso quelli che lo adottano in modo sistematico, ne rimangono schiavi, salendo e scendendo le scale di Escher (qui) senza soluzione di continuità. Il paradosso senza punti di riferimento con la realtà assomiglia a un tragico gioco di prestigio dove l’uccellino viene fatto sparire, ma poi non ricompare più. Povero uccellino, e povero anche il prestigiatore: che spettacolo del cavolo!

Ci sono due tipi di imprigionati: il complottista evoluto usa il paradosso come esercizio mentale per smascherare i falsi miti contemporanei. Quello poco evoluto, invece, usa il paradosso come rifugio fine a se stesso. L’evoluto quando viene “sgamato” si sente umiliato come Sansone tosato: perde sicurezza, si mette a fare il saputello. Come il topo del giovane Putin che messo in un angolo salta in testa al futuro satrapo, il complottista evoluto, ma stanato, insulta, e se è anche proprietario del pallone, scappa via, lasciando i suoi amichetti alle cinque di pomeriggio di Sabato con una voglia matta di giocare a calcio (dibattere) senza più avere la materia prima (commentatore intelligente).

Il complottista basico, invece, ogni volta che viene impallinato si rialza come se nulla fosse, come l’uomo mercurio in Terminator di Arnold Schwarzenegger.

Tutti i complottisti di ogni grado di evoluzione amano alla follia il concetto di “deep state”, un termine esoterico che per noi persone banali è identificabile con gli interessi collettivi di un Paese. Certo, il divario sempre più grande tra ricchi e poveri ha peggiorato di molto la situazione, e visto che l’1% della popolazione in America detiene il 40% degli assets, è perfettamente legittimo sospettare che gli interessi collettivi stiano gradualmente degenerando in qualcosa di molto più torbido.

Sarebbe forse meglio parlare di diseguaglianza economica, anzichè usare termini esoterici impenetrabili per definizione. La diseguaglianza avvicina effettivamente le democrazie moderne ai sistemi totalitari: la buona notizia è che in Occidente esiste ancora una società che partecipa alla cosa pubblica, quindi campa cavallo. Certo, il rischio è quello di cuocere a fuoco lento senza accorgercene, proprio come una rana.

Cancel culture e complottismo sono malattie tipicamente occidentali. Se la cancel culture picchia sul passato, i complottisti usano la scolorina sul presente, rifugiandosi nel mito di una Libertà superiore e ineguagliata. I più evoluti sono iper razionali, ma rifuggono dall’unico metro autentico e verificabile, quello del confronto tra sistema reale e sistema ideale. Con loro c’è almeno l’illusione che la vera Libertà esista da qualche parte; dove, non si sa. Quelli meno evoluti, invece, si perdono nel labirinto dei loro capricci e delle loro piccole libertà violate. Negli anni Settanta una canzone profetica dei Gatti di Schrödinger (qui) li aveva già inquadrati alla perfezione:

«Voglio l’erba voglio, voglio avere un quadrifoglio da trovare sul mio prato di moquette (…) Voglio chi mi esalta, voglio avere un John Travolta che mi preghi di insegnargli il Rock and Roll (…) Voglio comandare un giorno all’ONU, e col potere fare uscire Bergamo dal MEC (…) Insomma voglio l’impossibile un divano sommergibile per fare un tuffo nell’assurdità».

Così come l’anoressico sa che guarire equivale a ingrassare, i complottisti professionisti non vogliono uscire dal paradosso, perchè amano rimanere per l’eternità dentro un enigma impenetrabile. Sta al loro grado di consapevolezza capire quando si sono spinti troppo oltre nel labirinto mentale, in cerca della vera Libertà. Certo, se torniamo coi ricordi agli anni Settanta quando noi baby boomers viaggiavamo sparapanzati sulla cappelliera della Fiat 125, tutto impallidisce a confronto. Quello che però i complottisti fanno finta di ignorare, è che la democrazia occidentale, per quanto imperfetta, ha creato e continua a mantenere una bolla di benessere e libertà civili che in natura non esistono.

 

L’immagine su questo blog è di Deborah Joy Bormann @deborahjoybormann.

Deborah nasce a Trieste, città di confine, da padre statunitense e madre spagnola. Vive a Bologna, Pisa, Amsterdam, Madrid, San Francisco. Una serie di coincidenze e passioni la porta a Torino, oramai città d’adozione.
Spirito indipendente, visionario e… disperatamente ottimista.
Madre, compagna, insegnante, arteterapeuta e artista.
Da sempre adora leggere, scrivere, pensare e creare.

Le idee espresse da Andrea nei suoi articoli non rappresentano necessariamente le opinioni e le convinzioni di Deborah.
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