Ci vorranno 15 milioni di dollari per far rivivere il mammut lanoso, estinto quattromila anni fa. Il femminismo post MeToo, invece, ha riesumato con pochi spicci la più grande bufala espressa dalla psicanalisi: l’invidia del pene. Giorgia Meloni è arrivata sul trono di spade anche per salvare le donne da quella pericolosa deriva. Il mio è un giudizio completamente arbitrario, non ho elementi concreti per scrivere una cosa del genere, ma sono convinto che se oggi tornassimo al voto sotto l’effetto del Pentotal, Meloni prenderebbe percentuali bulgare, tipo 80 su 100.

Giorgia incarna quello che molti rispettano e si aspettano da una donna. Istintivamente, anche il più molesto degli uomini capisce che non sarebbe una buona idea mettere la mano sul culo di Giorgia che cammina in una piazza. Se invece gli passasse per l’anticamera del cervello di farle la mano morta, un latrato echeggerebbe nell’aria, e gli strumenti sismici di Trento e Trieste schizzerebbero al sesto grado della scala Mercalli. «Sì, confermo» dichiara il sismografo di Canicattì: «Questo sesto grado è molto più efficace della retorica femministoide a reti unificate».

La donna sotto Pentotal, anche la più boldriniana delle boldriniane, direbbe tra sè e sè nel gabbiotto elettorale: «Era così che la intendevo! Chissene frega delle quote rosa e le denunce di molestie a settant’anni di distanza. La vita è adesso, e Giorgia è la migliore interprete di come deve essere: il trionfo del merito, e il rispetto dei generi».

Poi, ovviamente, Meloni verrà giudicata in base al suo operato in politica ed economia, il modo in cui si relazionerà con i suoi parigrado a Bruxelles, il suo atlantismo tutto da verificare, l’incognita del sovranismo, e un “vice” a caso che si comporta come il tipico gatto attaccato ai maroni.

L’inverno sta arrivando, e l’unica certezza è che sul nostro trono di spade si è appena insediata una mujer vertical.

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