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09Gen 23
Mandarini di stato e “packaging” istituzionale
Da qualche tempo sono incuriosito dal “packaging” istituzionale, quella forma di marketing che interiorizziamo a tal punto da non essere più in grado di distinguere tra tradizione e rito posticcio. Un esempio è il passaggio della campanella tra presidenti del consiglio dei ministri (qui).
Il rito della campanella è vagamente sterile, ma innocuo. Wikipedia lo descrive come “tradizione”, termine che fa venire in mente qualcosa di antico, ma questa usanza è stata introdotta la prima volta nel 1996. Il suo ideatore è Massimo Sgrelli, ex capo del cerimoniale diplomatico della Repubblica, che è diventato una sorta di sacerdote delle liturgie istituzionali.
Il ruolo del cerimoniale appartiene al sottobosco dei burocrati di stato, grand commis, mandarini. Giocare con la forma delle istituzioni è relativamente inoffensivo, ma a fronte di un potere politico molto più debole di un tempo, è preoccupante sapere che i mandarini insediati da decenni nel cuore dello Stato giochino anche con la sostanza. A questo proposito, è significativo un passaggio di “Io Sono il Potere”, il divertentissimo libro di un anonimo mandarino di stato, pubblicato nel 2020:
«Una volta un ministro proveniente dal mondo accademico propose una riforma illuminata. Scrisse un bel documento, me lo consegnò e mi chiese di tradurlo in un disegno di legge. Ci lavorai con il capo dell’ufficio legislativo, e la molteplicità dei rimandi ad altre leggi {lo rese} particolarmente astruso. Il ministro, quando glielo consegnai soddisfatto, lo sfogliò con sguardo attonito. Non ci capiva niente e non riconosceva più la sua riforma. Per evitare fraintendimenti, propose di inserire, in coda, un executive summary, come nei paper scientifici. Risposi con cortese decisione: “Non si può. Queste sono le norme, poi altri le interpreteranno. Non spetta a lei”».
Quei personaggi sono un po’ ovunque nell’apparato statale italiano, e sarebbe interessante sapere quanto del loro zampino ci sia nel “miele” mediatico riservato da qualche decennio a ogni nostro nuovo Capo di Stato. I vip che alla Prima della Scala si spellano le mani in lunghissimi applausi indirizzati al Presidente della Repubblica forse non sanno nemmeno perchè lo fanno: sono anche loro vittime inconsapevoli del marketing mediatico orchestrato dagli efficientissimi mandarini di stato? Sarebbe interessante saperlo, e dibattere se questo stucchevole incantesimo sia effettivamente inoffensivo come appare, oppure se esista un rischio “bolla di sapone” molto più grande del suo contenuto.
Il “miele” presidenziale fa tornare in mente l’aureola mediatica che per qualche anno, pochi decenni fa, illuminava qualsiasi intervento del vertice di Bankitalia. Ogni volta che il governatore della nostra banca centrale si pronunciava, i media cospargevano idealmente il suo cammino con petali di rosa, come se a parlare non fosse un uomo, ma una creatura celestiale. E’ difficile capire da cosa nascesse quella sudditanza mediatica, forse era una scimmiottatura del modo in cui, per vent’anni, l’omologo Alan Greenspan era vezzeggiato dai media americani che lo trattavano come un oracolo.
Nel primo decennio del 2000 quella bolla scoppiò, quando il governatore Antonio Fazio fu costretto a dimettersi in scia agli scandali finanziari di BNL e Antonveneta. Greenspan stesso fece in tempo a finire il suo mandato troppo lungo, scrivere un’autobiografia di successo, per poi sedersi in poltrona e godersi i disastri globali della sua politica monetaria (esplosione della bolla immobiliare del 2008).
In apparenza questo “packaging” istituzionale è inoffensivo, e ricorda le impeccabili confezioni ideate da Steve Jobs per i suoi prodotti, che richiedono un vero e proprio rito godurioso per essere spacchettati. Ma quando apri un imballaggio con il logo della mela, dentro trovi un computer o un telefonino. I nostri “pacchi” istituzionali, invece, restano intonsi, come un eterno 24 Dicembre che gira a vuoto, senza mai arrivare al 25. Quei meravigliosi “pacchi” istituzionali sono destinati a rimanere chiusi e criptici per l’eternità, anche perchè i contenuti sono molto più miseri della forma che li contiene.
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