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21Nov 23
Femminicidio: confondere la tragedia per una statistica
Il calcio è uno sport a basso punteggio, dove il valore di un attaccante è dato dal peso dei suoi gol, più che dal loro numero. Il quinto gol di un 5 a 0 è leggero. Un gol decisivo in una finale internazionale è pesante. Questa caratteristica rende il calcio molto più impermeabile alle statistiche rispetto ai tre principali sport americani.
Il calcio è un’eccezione, ma nell’ultimo caso di cronaca nera abbiamo adottato quello stesso sistema di pesare i numeri, anzichè contarli. Iosif Stalin aveva capito una terrificante verità che gli permise di massacrare i suoi connazionali senza sensi di colpa: “Una morte è una tragedia, un milione di morti una statistica”. Dopo il brutale omicidio di Giulia Cecchettin abbiamo unificato quello schema: ora l’omicidio di una donna non è solo tragedia, ma fa anche statistica.
Nel 2022 in Italia ci sono stati 61 omicidi di donne commessi da (ex) partner, pari allo 0,008% del numero totale dei decessi (713.499), e al 19% degli omicidi (314). Le 61 donne ammazzate meritano tutto il nostro rispetto. I 61 assassini meritano pene severe. Le 61 azioni odiose meritano analisi approfondite per evitare per quanto possibile che si ripetano. Ma elevare il femminicidio a priorità nazionale è una colossale arma di distrazione di massa.
In una recente intervista, Fabio Roia, Presidente Vicario del Tribunale di Milano, l’ha toccata piano: «La verità è che tutte le ragazze/donne che decidono di rompere unilateralmente una relazione senza l’accettazione dell’altro devono considerarsi a rischio di un’escalation di violenza». Nelle ore successive si è scatenata una virtuale quanto ridicola demonizzazione di tutto il genere maschile che avrà come effetto di travasare le responsabilità individuali a un’inconcludente e deleteria caccia alle streghe collettiva.
Con le dovute differenze, questo periodo di eruzioni emotive ricorda il regime del terrore in Francia (1793-1794). Prima di recuperare i valori positivi della rivoluzione francese depurati dal giacobinismo, l’Europa dovette aspettare fino al 1848, sorbendosi tre lustri napoleonici più trentatrè anni di Restaurazione retrograda.
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