Si chiamava Bobby Sands. E morì da eroe
Due giorni fa correva l’anniversario della sua morte. Si chiamava Bobby Sands, ed era un 27enne irlandese militante dell’IRA, l’Irish Republican Army. Lasciò questa terra il 5 maggio del 1981, dopo essersi lasciato morire di fame in un carcere inglese, quello, tragicamente noto per i soprusi e le proteste che si svolsero al suo interno, di Long Kesh. Non mangiava da oltre due mesi Bobby. Insieme a lui, che dall’inizio dell’hunger strike (lo sciopero della fame) era stato nel frattempo eletto come parlamentare, se ne andarono, in quello stesso anno e allo stesso modo, tra il medesimo mese di maggio e la fine dell’estate, altri nove compagni di sventura. Si spensero tra atroci sofferenze nei loro letti, per difendere una bandiera, una Patria, una stirpe.
Moriva così, Bobby Sands, nel fiore degli anni e in difesa di un’idea. “Bobby Sands era un criminale. Ha scelto di togliersi la vita”, disse di lui Margaret Thatcher. La stessa Thatcher oggi idolatrata da molti esponenti del mondo cosiddetto sovranista e patriottico, anche in Italia. Eppure, a quei tempi, i sovranisti ante litteram dell’Irlanda del Nord morivano nelle carceri inglesi. Le carceri dell’Inghilterra della “Lady di Ferro” che con la repressione schiacciava i diritti dei lavoratori nel nome del Dio mercato, fischiando così il vero “calcio d’inizio” di quel capitalismo spietato e deregolamentato di cui oggi il mondo farebbe volentieri a meno.
Morivano, i militanti irlandesi, perché protestavano contro le condizioni cui erano sottoposti, con un trattamento non da prigionieri politici, da gladiatori che si battevano per un sogno, ma da delinquenti comuni, che contestavano. Così, dalla fine degli anni Settanta, erano iniziate le proteste non violente nelle celle. Proteste perché, ad esempio, quei ragazzi, tutti per lo più molto giovani, non potevano neppure recarsi alle latrine per gettare le proprie deiezioni, senza essere picchiati dai secondini britannici. E così presero, per protesta appunto, a gettare i propri escrementi nelle celle fetide e fredde in cui erano detenuti. Lo stesso Sands, all’inizio della prigionia, fu costretto a rimanere per due settimane nudo, come punizione per aver partecipato a una rivolta dei carcerati.
Se ne andò Bobby Sands. E prese posto nel paradiso degli eroi. E, oggi, tra chi erge ancora a simbolo l’Inghilterra della Thatcher, si contrappone chi si schiera con quel ragazzo di poco più di vent’anni. Un ragazzo che, nel mondo di oggi, quello in cui il liberismo mercatista anglosassone ha vinto ogni battaglia, quello in cui l’utile individuale è sempre celebrato e l’idealismo sempre condannato, sarebbe considerato uno sciocco. Così è la vita. Così, oggi va il mondo. Tiocfaidh ár lá Bobby Sands.