Pubblicati per la prima volta negli anni Cinquanta, all’indomani del secondo conflitto mondiale e in piena divisione del mondo in blocchi contrapposti, gli “Orientamenti” di Julius Evola sono stati un’insostituibile fonte di ispirazione per intere generazioni di giovani militanti idealisti e tradizionalisti. Quel breviario in 11 punti che il “barone nero” compose tra le fumanti macerie della disfatta dell’Asse e che voleva essere una guida per chi, dopo la guerra, sentiva di appartenere alle fila degli emarginati dalla emergente società progressista è tornato da poco “sugli scaffali” in una nuova edizione, data alle stampe da Cinabro. Un’occasione per scoprire (o riscoprire) questo breve testo (di sole 78 pagine) che, in diversi passaggi e al di là delle posizioni di partenza dell’autore, conserva una sorprendente attualità.

La critica che Evola fa della condizione dell’uomo del dopoguerra (nel quale il pensatore vedeva compiersi un sostanziale decadimento antropologico), ormai intriso di mentalità borghese, concentrato esclusivamente su questioni di “pancia” o sul raggiungimento di un’illusoria sicurezza, lo porta a un giudizio sostanzialmente pessimistico circa le speranze riposte nei vari movimenti o modelli politici teoricamente alternativi al sistema egemone. Per il “barone”, infatti, la prima rivoluzione da compiere per un recupero della Tradizione era (ed è) quella interiore. Quella, cioè, rivolta a costruirsi come uomini nuovi, “in piedi in un mondo di rovine”. Senza questo necessario lavoro, non è possibile, per lui, aspirare ad alcun cambiamento. “Il problema primo, base di ogni altro – secondo Evola – è di carattere interno: rialzarsi, risorgere interiormente, darsi una forma, creare in sé stessi un ordine e una drittura” perché “prima di pensare ad azioni esteriori, spesso dettate solo da momentanei entusiasmi, senza radici profonde, si dovrebbe pensare alla formazione di sé, all’azione su sé, contro tutto ciò che è informe, sfuggente e borghese“.

Opera dal contenuto incendiario, “Orientamenti” è anche un notevole documento storico circa le idee dell’autore: privo di possibili fraintendimenti l’ammonimento dato a chiunque (il pensiero era evidentemente rivolto ai militanti politici della “destra” dell’epoca, quando il Movimento Sociale Italiano era ancora un neonato) riponeva speranze, magari in chiave anti-comunista, nel modello occidentale e americano-centrico. E, anche da questo punto di vista, Evola è quasi profetico in certi passi della sua critica dell'”americanismo“. Passi che, tuttavia, non meritano di essere qui anticipati ma che, piuttosto, vanno scoperti leggendoli. Insieme a molti altri.

 

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