Nel classico intramontabile “Il tramonto dell’Occidente“, Oswald Spengler, filosofo della storia e tra le voci più significative della rivoluzione conservatrice nella Germania tra le due guerre mondiali e nella cosiddetta “letteratura della crisi”, identificava gli albori luminosi della kultur europeo-occidentale nell’epopea alto-medievale, figlia dei popoli germanici che si insediarono sulle spoglie dell’imperium romano. Albori che lo stesso Spengler contrapponeva all’epoca crepuscolare della zivilisation, nella quale percepiva di vivere. Appare dunque provvidenziale e significativo che, in questi giorni i cui si avvicina l’89esimo anniversario della sua scomparsa (l’8 maggio del 1936) e, allo stesso tempo, la civiltà occidentale mostra sempre di più i segni di una follia terminale e schizofrenica, la casa editrice Cinabro abbia deciso di pubblicare, contemporaneamente, un capolavoro della letteratura del Medioevo e una raccolta di scritti dello stesso Spengler, che riflettono, come nella sua opera più nota, sul triste declino dell’Europa.

È, infatti, di questi ultimi giorni, l’uscita, simultanea, di due volumetti: “La cerca del Santo Graal“, di autore ignoto e “Ombre sull’Occidente“, una raccolta di testi spengleriani tratti dalla sua ultima opera “Anni decisivi” e ordinati all’alba degli anni Settanta da Adriano Romualdi per l’editore Volpe, che, se letti di seguito, consentono di seguire, simbolicamente, la traiettoria della cultura europea dai fasti illuminati di luce sacra e sapienziale dell’età di mezzo fino alla marcescenza percepita dei primi decenni del XX secolo (e chissà cosa avrebbe detto il povero Spengler di fronte alle macerie fumanti e tossiche di questo avvio del terzo millennio!).

Oswald Spengler – Di Bundesarchiv, Bild 183-R06610 / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5436219

Il primo dei due libri, con prefazione di Franco Cardini, rappresenta una delle opere più importanti della letteratura medievale francese. Composta intorno al 1220, prende ispirazione dal mito del Graal, ma se ne distacca notevolmente rispetto ai romanzi di Chrétien de Troyes e ai valori  dell’amor cortese. Le numerose descrizioni dedicate ai monaci cistercensi, alle loro regole di vita e alle loro posizioni su questioni dottrinali e liturgiche, fanno pensare che il testo sia stato influenzato dall’ambiente spirituale dell’abbazia di Cîteaux. Si tratta di un romanzo allegorico che racconta un percorso mistico alla ricerca del Graal, identificato con il piatto in cui Gesù avrebbe mangiato l’agnello pasquale con i suoi apostoli: un simbolo di unità tra gli opposti, di armonia tra elementi contrastanti. I protagonisti che porteranno la lunga e impegnativa missione saranno Bohort, Parsifal e soprattutto Galaad, figura ideale e cristologica, il solo a poter contemplare il mistero del Graal. Lo stile  è volutamente sobrio e lineare e offre al lettore un’esperienza affascinante e coinvolgente, simile a un maestoso affresco medievale.

“Jahre der Entscheidung” (“Anni decisivi“, per l’appunto), invece, pubblicato nell’agosto 1933, fu un appello di Spengler ai nuovi “Cesari” che emergevano tra le rovine dell’Occidente in declino. Mussolini lo accolse positivamente, recensendolo su Il Popolo d’Italia, mentre Hitler e i nazionalsocialisti lo respinsero, criticandolo per le allusioni al “plebeismo” delle camicie brune e per l’atteggiamento aristocratico dell’autore, contrario alla manipolazione delle masse. I brani selezionati da Adriano Romualdi, con una sua lunga introduzione e ora accompagnati da un saggio di Gennaro Malgieri sui legami tra Spengler, lo stesso Romualdi e la rivoluzione conservatrice, appaiono oggi come un manifesto profetico della crisi europea, priva, però, di un nuovo “Cesare” capace di affrontarla.

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