Non fate uscire Renzi dall’Italia
In Italia, lo conosciamo bene Mr.Shish. Conosciamo le sue gaffe nazionali, il suo appeal. Ma cosa si fa per curare l’immagine del nostro Paese? Per un Renzi che non finisce mai di volare tra le nuvole, ci vorrebbero centotre Samantha Cristoforetti al giorno. Se per ogni Cristoforetti che scolpisce l’immagine d’Italia nei tempi, con gesta di incalcolabile grandezza e qualità, arriva un Renzi qualsiasi a cancellare ogni traccia di gloria nazionale, il rapporto è maledettamente sproporzionato. Dunque, italiani, impegnatevi per voi e per la vostra terra: siate astronauti, letterati, scienziati, pensatori, grandi sportivi, siatelo in fretta ed in grande quantità, fintanto che Matteo Renzi è in carica, bisognerà lottare non poco per salvare la residua dignità italica. Renzi e l’estero: ogni volta un volo (blu) diverso, ogni volta un imbarazzo diverso. Da oggi a ieri, la cronistoria.
Il tricoglione
Stacca prima dal lavoro e va a vedere la partita di Tennis…negli Stati Uniti. Scatta il volo (blu). Il momento epico, due italiane in finale nel prestigioso US Open rischiano di fare la storia (e alla fine quelle due belle di casa nostra ce l’hanno fatta). Flavia Pennetta vince in due set a spese della collega Roberta Vinci. Vince la Flavia nazionale, vince l’Italia. Bisogna esporre l’emblema di patria, la nostra bandiera. Lui, arriva traboccante di gioia per complimentarsi con le due neo eroine. Foto e tweet di rito. “Tutto molto bello!”, usava gridare un eccitatissimo Bruno Pizzul alla voce nelle partite più delicate ed intense. Tutto molto bello ma, proprio nella foto, il tricolore è al contrario: Rosso, bianco e verde. Anche qui, Renzi c’è, stavolta più alla Guido Meda, facendo sentire, ancora una volta, un tricoglione, anzi, un pluricoglione l’italiano basso, medio e pure alto. Caro Ratteo Menzi, d’accordo che era una finale di Tennis, ma non c’era bisogno di farsi fotografare col tricolore a “rovescio”
Faccio un saRto in Germania
Arriva dalla Merkel, la chiama “Angela” come fosse la cugina e per giunta ha il cappotto allacciato malissimo. Imbarazzo
Dopo la tombola di Natale
Giunge a Strasburgo per la chiusura del semestre europeo. Gli mancava lo zainetto con le polpette al sugo nel termos e il panino con la frittata avvolto nella stagnola. Deve incontrare Martin Schulz, il presidente del Parlamento europeo, un gran pezzo di carica, che piaccia o no, che nel frattempo lo attende. Ma l’attesa si rivelerà più lunga del previsto. Per quale motivo? Perché dopo aver serenamente terminato una conversazione al cellulare, incontra la scolaresca e scatta il selfie con i ragazzi. Che birbone! Finalmente si può iniziare a lavorare. Arriva al tavolo e proprio mentre Martin Schulz arringa la folla, evidentemente goffo ed abbuffato di noia, sbadiglia e si mette a smanettare col cellulare. Imbarazzo
L’attentato immaginario
Va in visita di Stato alla State House – la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica del Kenya – con indosso un ingombrante giubbotto antiproiettile nascosto sotto la camicia, assolutamente inadeguato, provocando evidente imbarazzo nei presenti, risaltato anche dalla stampa keniota. Imbarazzo X 2.
Il Devid di Maichelangelo
Durante una conferenza stampa a Tel Aviv, con la presenza del premier israeliano Benjamin Netanyahu, rivoluziona la lingua, l’arte e le il concetto di figuraccia: “in my city there is a great, the forse the most important (…the forse the most important?!) masterpiece maybe is Devid by Maichelangelo”. Parole testuali, orrori universali. Chi non ricorda del Devid di Maichelangelo? Imbarazzo.
Il mutilatore americano
Vola negli Stati Uniti per incontrare il presidente Obama. Prende la penna, apre il guestbook della Casa Bianca e anziché scrivere “government” scrive “goverment”, dimenticandosi, oltre tutto, il “the” davanti a United States. Suvvia, non siamo al compito in classe di Inglese bensì alla Casa Bianca a firmare il libro degli ospiti del Presidente degli Stati Uniti d’America. Rimandato ad Ottembre del prossimo anno. Imbarazzo
Ogni imbarazzo un volo, ogni volo un imbarazzo. Sparisce il bon ton, il gusto e l’eleganza, il senso logico e la consapevolezza di non essere in un teatro ideale bensì alla corte del mondo, in un momento in cui il mondo, se la passa davvero male. Ogni imbarazzo un volo e neanche uno per l’India, per tendere una mano ai Marò, ormai quasi ridotti, in patria, a vergognosa macchietta per qualche scalcinato comico. Matteo Renzi pare l’uomo casual(e). Senza e, perché ha dettato il modello in tema di abbigliamento da leader maximo. Con la e, perché è casuale. Non è possibile, talvolta, dare una giustificazione sensata a certe uscite, altro che Ufficio del cerimoniale di Stato. Sensata a rigor politico, d’immagine, finanche di marketing comunicativo. Pare, spesso, che lui sia lì, ovunque si trovi, distrattamente, gajardamente, giocosamente. Ricorda l’eterno Mimmo di Verdone, quello che quando non riusciva proprio a capire di cosa si parlasse, alzava gli occhi in stato estatico e tirava giù il motto: “In che senso?”. Un po’swing un po’ciancicato, un po’ uomo figo, un po’ eterno adolescente, un (bel) po’ heavy e molto poco metal, oltre ad essere un gran figlio di Toscana, un fiorentino, un ex sindaco è colui che non solo amministra ma detiene l’immagine d’Italia all over the world, più di tutti, persino più di Roberta Vinci e Flavia Pennetta, più di Samantha Cristoforetti, di ogni giovane medico, ingegnere o traduttore, perché lui, al di la della diversità delle gesta grazie a Dio, quel ruolo lo porta avanti quotidianamente, perché è costante, perché, nonostante tutto, non glielo toglie nessuno, ma nessuno, neanche un’elezione.
Niente, niente Ratteo Menzi – al rovescio – è sempre in gita per evitare contestazioni, come ricorda Signorini proprio qui da noi, su Il Giornale?
Su Twitter – @emanuelericucci