Salvate Cristo dalle mani dell’arte e dell’Europa
C’è un uomo che ne ha coniato l’origine, ne ha offerto nomenclatura, finalmente, ha dato loro un nome affinché non si scambiassero mai più per arte, specie contemporanea: sgunz!
Quell’uomo è Angelo Crespi, fine critico d’arte e lucidissimo intellettuale.
Se ti svegli una mattina e hai un’irrefrenabile voglia di trafugare più di 200 ostie consacrate, per poi gettarle a terra e comporre la parola “pedofilia”; poi allontanarti esterrefatto, rimirare la scritta, ricordarti di avere ventisette anni, sentirti genio, iconoclasta, eretico, eterno ed organizzare mostre qua e là per esporre la ‘dicitura’ da te creata, fatta di particole sacre: ecco, questo è sgunz, o forse peggio: questo è un fallimento umano assistito, troppo spesso, da un pubblico che “pur non capendone la portata plaude entusiasta al suo valore” (Crespi)
Anche se in questo caso, non è andata esattamente così. Questo fallimento ha un nome: Abel Azcona (foto), 27 anni, spagnolo. Trafugate le ostie, ha composto con esse la parola ‘pedofilia’. Non pago ha organizzato mostre, tra cui una nei giorni scorsi a Pamplona, in cui ha esposto ‘l’opera’ in questione. La profanazione ha fatto letteralmente infuriare i cittadini e i fedeli che nella giornata di ieri si sono mossi contro le istituzioni di Pamplona e contro l’opera blasfema esposta, mobilitando più di mille persone ed attivando un blog “Respeto por Navarra”. Anche se si trattasse di ostie non trafugate e non consacrate, il gesto susciterebbe comunque un forte senso di disgusto. Gratuito, forzatamente scandaloso, irrispettoso.
Ora, ad Angelo Crespi chiedo: se anche un solo sgunz provoca danni permanenti al buon gusto, al buon senso, alla
propria coscienza e spinge a chiedersi se quella sia forma d’arte contemporanea o semplicemente, senza compassate mediazioni, un momento di imperdonabile coglioneria di un tale figlio di padre con le tasche piene di soldi o, che so, comunque di qualcuno che non ha bisogno di lavorare per vivere, più sgunz insieme cosa sono: arte contemporanea, il cassonetto del museo che li ospitava o il significato vero di una generazione di uomini senza più dignità, in una terra senza più rispetto? Insomma se l’arte, specie quella che inquadra il momento contingente, racconta chi siamo, c’è da preoccuparsi. Se l’arte, specie se quella contemporanea, è la fotografia dei tempi capace di immortalare il divenire umano e sociale, allora sia chiaro: stiamo fotografando la decadenza, la stiamo impacchettando per spedirla ai posteri.
Negli annichiliti ed iperveloci duemila, Cristo s’è fermato in Europa. Gli europei stanno integrando tutti: chi fugge dalle guerre, chi fugge dalle malattie, chi fugge dalla disperazione, chi fugge dalle responsabilità, chi fugge; eppure non hanno integrato lui, Nostro Signore, costretto a riparare chissà dove, forse in Africa, in Kenya, o in America Latina o, chissà, in Scandinavia. Così mentre Gesù viene esiliato, cambia il volto della raffigurazione sacra: gli uomini, assuefatti dal materialismo, dio eterno e minore, capace di accontentare subito senza richiedere preghiere, digiuni ed abluzioni di coscienza, senza andare a stimolare lo spirito, la responsabilità, l’assoluto.
Scatta la morsa al (mas)sacro: chi come Abel Azcona, che con le ostie gettate a terra per comporre la parola “pedofilia”, chi come Andres Serrano che immerge il crocifisso nell’urina, chi come il giornale satirico Charlie Hebdo, che rappresenta la Trinità mentre fa sesso, chi organizza una festa gay a Bologna e mima pratiche sessuali con la croce, immortalandone le gesta, chi pubblicizza una mostra, l’“Internazionale d’arte Lgbte”, fotografando una grassa donna nuda che schiaccia col suo tacco la sacra effige di Gesù e della Vergina Maria; chi, con la scusa del teatro, mette in scena una pièce in cui alcuni ragazzi lanciano contro l’ immagine carica di pietà e di sofferenza del volto di Cristo, gigantografia dell’originale di Antonello da Messina, degli oggetti che hanno tutto l’aspetto di escrementi, visto anche l’odore inequivocabile che invade il teatro, mentre sul volto di Gesù appare la scritta: “Tu non sei il mio pastore”.
E poi chi non lo vuole nelle aule scolastiche e chi non vuole i presepi, chi lo schifa negli uffici pubblici, chi ne vieta la rappresentazione, chi il ricordo e la celebrazione, chi che se ne canti la lode; chi ne vieta la visione come se bruciasse la retina, come accaduto per la ‘Crocifissione bianca’ di Marc Chagall; quello che fa riflettere è che il più delle volte, nei casi citati, vi è il benestare delle istituzioni, se non il supporto, addirittura, economico e logistico, proprio nell’era dell’integrazione che diventa sempre più sostituzione, del dialogo interreligioso che distende i popoli verso la pace. Certamente…
Stando alla logica del discorso, alla ‘coerenza’ dello stesso, il medesimo Chagall, come anche i maestri dell’arte bizantina, come Matthias Grünewald, e la sofferenza tagliente del suo volto di Cristo in croce, come Paul Gaugin e il suo ‘Cristo Giallo’, come Caravaggio ed Antonello da Messina, come Gerardo Dottori e Fernando Botero, con il suo modo critico ed umanissimo di rappresentare la sacralità di Cristo, come tanti altri, dovrebbero essere ‘colleghi’ di gente come Azcona o Serrano, come gli autori di quell’indecente scritta con le particole sacre o del Cristo immerso nell’urina: artisti entrambi? Vero, contemporaneità?
Beh, innanzi a questo, mi rifiuto! Mi rifiuto di credere che quella di oltraggiare gratuitamente Cristo in nome della gloria momentanea sia arte, pace, buon senso, aggregazione, riconoscimento pubblico: sia utile ai tempi.
Chi con la scusa dell’arte, chi con la scusa del rispetto, chi con la scusa della delicatezza del confronto, chi per la paura che qualcuno s’offenda, ognuno con una scusa sta contribuendo a mettere in croce, ancora una volta, il mio Dio.