Se anche il calcio dà lezioni di correttezza è la fine…
Va bene, forse Sarri ha un po’ esagerato con la sua visceralità, non fosse altro per la figura formale e “pubblica” che incarna.
Ma da qui a prendere tutti il cazziatone dal mondo del calcio, no, non ci sto! Già è un nugolo di anime candide e di ramanzine finto-moraliste ovunque, per carità.
Se anche dal calcio bisogna imparare, se anche il calcio è occasione per offrire lezioni buonine, di bon ton soft e cotillons, di savoir faire, di antirazzismo e corretta correttezza è la fine. Chiudete tutto, addio. Ne riparliamo con calma.
Figurarsi se Mancini fosse gay per davvero; avrebbero squartato Sarri in mezzo al campo mentre suonava la banda dell’Aeronautica Militare.
Mamma mia quante gonne lunghe, quanto candore. Quanti rientri a casa presto e quanti sessi sicuri. Sarri è uno di cuore, scravattato, diretto e genuino. Gli è scappato il frocio. Alè. Scommettiamo che se a Mancini fosse scappato un “fascista”, diretto verso Sarri, o un ricco bestemmione da bettola a microfono aperto, non sarebbe successo nulla o quasi? Niente gogna totale o, al massimo, una gognetta di nicchia. Nessun clamore mediatico generale. La giustizia sportiva, intanto, potrebbe optare per la multa o la squalifica breve, figlioccia di quella magistrale che si da solo ai “fanculo”, sempre con la f iniziano, come finocchio e fascista, dei giocatori all’arbitro.
In ogni caso il problema non sta in chi ha torto o ragione. Ormai ci si sveglia la mattina e ci si chiede quale contrapposizione sia stata montata ad arte per ammazzare la noia sociale e moltiplicare l’amarezza dell’inevitabile annichilimento. La vera tristezza è assistere all’ennesimo conato di paradossi che piovono dal cielo. Ogni volta che accade qualcosa di pubblicamente rilevante, speri, in cuor tuo, che le considerazioni successive mantengano un contegno, una certa aura di serietà, di dignità e delicatezza. E invece no!
Un paradosso: nel paese dei balocchi, i balocchi funzionano, coerente effettivamente, il resto no. La giustizia sportiva funziona, quella ordinaria, no. Per un Ermes Mattielli crepato di cuore dopo essersi legittimamente difeso da due infami bastardi entratigli in casa, assisti alle squalifiche ab eternum di Platini e Blatter, per quanto non di italica paternità, scattano procure federali, giudici sportivi, avvocati, società, tutti sull’attenti; intercettazioni, volanti che irrompono in campo in piena partita, condanne, certezze della pena, Guardie di Finanze, Polizie di Stato, paladini, eroi, scudi crociati (…), Sarri è strunz, deve pagà e pagherà, come le squadre retrocesse in B, C, D e pure E, come i dirigenti indagati e radiati da ogni dove.
E che paghi pure, allora. Ma insieme a lui, come diceva quel gran genio di Alberto Sordi ne Il Marchese del Grillo, paghino tutti, sì, proprio nel migliore dei mondi possibili, ipertollerante, multiculturale, multi vibrante, ipercorretto, ipergentile, ipereducato, con la gonna lunga, tanto candido, che rientra a casa presto e fa sesso sicuro. “Sono pronto a passare tutto il resto dei miei giorni dentro a Castel San Angelo a meditare. Santità avevo fatto un torto a un piccolo falegname giudio, ma sono riuscito corrompendo giudici, testimoni, uditori, avvocati, guardie, abati, funzionari, periti, amministratori a far condannare quel poveraccio solo perché lui è povero e giudio e io ricco e cristiano. Comunque io, Santità, mi inchino alla vostra volontà e sono disposto ad andare di buon grado in galera purché in compagnia dei monsignori Ralli, Fanta e Bellarmino, dei cardinali Fioravanti e Bucci, degli uditori di prima istanza, Ardenghi principe di Colleterzo, Soffici duca di Sezze, del conte Unte von Kaiper comandante della Guardia svizzera e dell’abbate di Santa Maria della Minerva…”.
Sotto, tutti in Castel Sant’Angelo, anime candide, buonisti, fricchettoncelli, razzisti al contrario, italofobici compresi.
L’altro paradosso: prendere il cazziatone dallo sport più scorretto e tribale, grezzo e rozzo che ci sia, è veramente troppo. Quello dei “non esempi” di allenatori e calciatori, quasi sempre incapaci di articolare una frase di senso compiuto a fine partita, del fairplay di plastica, dello squallore, delle simulazioni, delle risse sul prato, degli sputi e dei menischi rotti “quasi a posta”, delle bestemmie in campo, tronfio e ritronfio di episodi omofobi, razzisti, squadristi, stalinisti, nazisti, colecisti e chi più ne ha più ne metta. Impossibile farne una cernita da chiamare a testimonianza. Troppi. Da sempre.
Ma il calcio e il suo mondo sono anche questo. E chiunque sia piombato in uno stadio, abbia giocato al pallone, non potrà aver fatto a meno di cadere in questa bolgia che solitamente, cominciava con gli insulti dei genitori all’arbitro, o tra loro, nei campi della “promozione”.
Il teatro che ne deriva è tragicomico.
Il calcio, anche dopo questo siparietto, rimane un gioco maschio, l’Italia, invece, un gioco neutro…