Il centrodestra (con)vince alle elezioni, ma non bisogna esserne felici…
Il centrodestra (con)vince alle elezioni Amministrative appena andate in onda.
Bisogna esserne felici?
Centrodestra. Dalla casualità non nasce una visione culturale
Le Amministrative – che, ricordiamo, non si svolgono solo nelle grandi città, ma che coinvolgono il tessuto connettivo d’Italia, la costellazione dei piccoli e medi Comuni del nostro Paese -, ci dimostrano un centrodestra in forma. A Genova, come altrove. La mappa dei talk show politici sarà più blu che rossa. Ma è sodomia. Sodomia all’italiana. Il centro-destra si sfascia e si unisce, si contraddice e si rinvigorisce, mette i piedi in due staffe, perde e vince, butta a caso, guarda che succede, tira i dadi, fa tweet, in un continuo infliggersi coltellate; dalle urne d’Italia escono gli zombie: un centrodestra “significativo”, forte su scala locale, sintomo di frammenti possibili su cui ricomporre la vita senza quei leader incancreniti che trascinano, con il loro sodalizio oligarchico-feudale, tutti nelle fogne della storia, lasciando enormi spazi aperti allo sfascio della razza umana.
Sembrerebbe tutto andare a meraviglia, dopo tante masturbazioni sul voto francese e iuessei. Dopo tanto voyeurismo, dopo tante spiatine dal buco della serratura. Eppure, valga una confessione: gli elettori di centrodestra, i più attenti, lucidi, ancora svegli nella notte delle idee, non dovrebbero essere felici dell’ottimo risultato del centro-destra alle Amministrative 2017, se non per il fatto che abbia frenato le ambizioni del partito di governo e dei pentastellati. Perchè guardando alla prossima elezione, forse si potrebbe avere un’erezione dopo anni di impotenza (for-se…), ma è guardando alla prossima generazione che si capisce che questo “coso” chiamato centro-destra, non riuscirebbe a fecondare neanche le piante di basilico sul balcone, così ridotto, figuriamoci il futuro. E da “quelle parti” un tempo, si era incarnazione del pensiero, non accattoni alla ricerca. O si costruiva il mondo per i prossimi, o si preferiva l’inferno. Di alloggi per intellettuali ce ne sono fin troppi; e Salvini è troppo contento di dire che uniti si vince. Sarà…
Ma non si può essere felice di sapere che quella visione culturale, negli anni, si è trasformata da un nutrimento di libertà e di identità, allo statuto di un’associazione di imprenditori (evanescenti). Che essa è stata vergognosamente spiaccicata sotto le scarpe, e che una comunità è diventata un’associazione di ubriachi del bar dello Sport che guarda una rissa fuori dalla vetrina e decide se chiamare i Carabinieri o godersi lo spettacolo, nella più totale “casualità ragionata” che regola ogni dinamica di quello che chiamiamo centro-destra. Chi fa i patti col Demonio al Nazareno può avere, secondo voi, le idee chiare? Chi si lascia e si prende, poi si coalizza a Marina di Sotto, e “litiga” dopo il comizio a Roma, può avere le idee chiare? E per avere le idee chiare, da “queste parti”, bisogna essere intrisi di un’idea, di una suggestione, che fonda la coesione, una regola non scritta ma vitale. Quando essa viene a mancare, si forma l’armata Brancaleone. Armonia, a destra, significa da sempre orizzonte culturale, che inquadra la comunità e la rende solida. Immaginare l’uomo libero, che la smetta di martellare, in catene, sul tamburo del Progresso per dettargli i tempi. Un uomo surgelato, disaffezionato, lontano. Che percorra la strada del Ritorno verso una dimensione ad esso confacente. Che si estragga dal collettivismo annichilito, e recuperi una posizione di crescita individuale. Torni a guardare dal proprio angulus d’oraziana memoria, il presente, per tornare ad interpretarlo sul fondamento del sangue, del ricordo, del confine, dell’identità nazionale, della famiglia, della tradizione – intesa come connessione coi padri e con i contemporanei -. Immaginare un mercato a dimensione d’uomo, e non viceversa. Immaginare un nuovo Rinascimento che passi per lo Spirito, per la virtù, per il genio, e non per il culto estremo del materialismo. Immaginare un uomo puro, che torni a vivere attivamente e a difendere quei valori antropologici, non negoziabili, fondamento dell’essenza di ognuno. Provare ad immaginare che qualcuno abbia a cuore, tra le schiere di onorevoli e senatori, l’idea che per contrastare la speculazione e la fine degli uomini, ridotti a mezzi di produzione per Amazon, bisogna tornare a coltivare gli uomini stessi, ancor prima che le idee; insomma, a qualcuno di “noi” fregherà qualcosa; impossibile pensare esclusivamente al proprio tornaconto in questo disastro. E invece no. Uniti si vince nei Comuni, Legge Elettorale, nuovi sindaci, poi al voto nazionale e del “resto”, chi se ne frega. Chi vivrà, vedrà (quale tweet fare in base al problema del momento).
Viene da chiedersi…
Liberali, conservatori, sovranisti, vetero, post, pre. Sotto, sopra.
Non basta nutrirsi di termini e strilli.
Cosa deve provare l’elettore di centrodestra alla luce del risultato delle Amministrative?
Il cuore va gettato oltre l’ostacolo, ma bisogna ricordarsi di averlo, specie in un mondo frigido, governato dalla Tecnica, dall’assenza e dal denaro. È proprio il muscolo più forte che pompa umanità e la fonde col ragionamento. Ed è lui che fa dire alcune cose.
Sono pur sempre le piccole cose che reggono il tutto. E in queste piccole cose bisogna andare a cogliere i segnali, specie provenienti da quella bestia agonizzante che chiamiamo centro-destra. E qui, arriva il cortocircuito spontaneo.
La politica locale si slaccia da quella nazionale, senza più il supporto di un collante culturale, di un’idea chiaramente visibile all’elettorato, capace di aggrumarlo, di condensarlo, soprattutto, di non confondergli la realtà (che infatti non esiste più; se non quella ricamata dai media mainstream).
Vincente o reagente, centro-destra, oggi, cos’è? O sarebbe meglio dire cosa non è, allo stato attuale? Non è una visione culturale, né un’entità capace di governare. Aiuto, vi prego. Bisogna essere felici del risultato del “centro-destra” o meno? Chi sono i buoni e chi i cattivi? Chi ha ragione, chi ha la ricetta, chi è il leader (giusto)?
L’elettore di centro-destra deve essere felice per una vittoria, per una non-vittoria, non felice per i patti col nemico, non felice per l’incoerenza, felice a prescindere? Sollecitato dai propri leader regnanti solo quando occorre portare acqua con le orecchie, voti, consensi, montare gazebi e allestire comitati elettorali. Solo quando viene sollecitato alla piazza. Solo quando serve.
Anche per le menti più avvezze alla vita politica vissuta, anche per chi ha fatto militanza da molti anni, viene spontaneo dire, “bene, il centrodestra sta andando forte, sono felice”.
Ma il centrodestra chi è? Il volto dei feudatari e dei loro sodali? Tutto ciò che non è centrosinistra? Così, brutalmente ridotto? Dato che gran parte di questo centrodestra è una mosaico difforme che si compone e scompone per scrivere tweet e patti elettorali con la morte nel cuore. Allora bisogna essere felice? Quello certamente. Ma per la “vittoria di cosa”?
Ma in fondo chi se ne frega di quei piccoli segnali di vita. L’importante è eccitarsi con il voto estero. Sempre e comunque.
Casa Pound, intanto, procede. Lentamente, ma procede. Chiusa al mondo dei più simili, in lotta con quello dei dissimili. Procede monolitica, come testimoniano i risultati di Lucca (oltre il 7%), Todi e di altre città.
La logica degli sbarramenti, nel fantastico mondo del centrodestra, ce l’hanno in testa, come quella del ghetto. Dove, chiuse le porte nella notte del buonsenso, possiamo raccontarcela tra di noi, osservando dalla torre più alta, cosa sta facendo il castello di fronte: eccoli, escono col proprio modesto esercito, verranno ad attaccarci o a chiedere alleanza, mentre il reale svanisce e l’inferno apre le porte.
E poi…Momento 5 Stelle
Una questione di tempo. Dal Movimento 5 Stelle, al Momento 5 Stelle. Il raggruppamento grillesco ha avuto il suo momento di gloria. Il miracolo Raggi/Appendino non si ripete, il sangue non s’è sciolto, il movimento, sì, al sole della disillusione. Occorre l’ennesima testimonianza della necessità di una gerarchia funzionale per esistere, di un chiaro manifesto culturale per essere? Occorre l’ennesima testimonianza del fatto che non basta una connessione adsl, l’onestà – sacro fondamento non solo della politica, ma anche del più alto significato d’uomo, sia chiaro… – , giovani e baldanzosi parlamentari dalle facili erezioni (politiche, sia ben inteso), belle sindachesse perse in un fiume d’intenzioni, vaffanculi e comicità varia per guidare un popolo verso la propria riscossa? Ma questo è un dato locale, diranno alcuni; gli italiani mutano forma alle elezioni politiche, diranno altri. E vanno col vento, gli italiani, con la dichiarazione del leader all’ultimo minuto di campagna elettorale, con il titolo di Repubblica della mattina prima del voto, con la minaccia e la promessa, diranno altri ancora. Ma aldilà di nomi, cognomi e numeri, che costituiscono la narrazione più efficace del breve, da cui non bisogna lasciarsi incantare, bisogna pensare al “lungo”, in lungo, alla prossima generazione, non alla prossima elezione, come “qualcuno” soleva dire e come abbiamo già ricordato.
Perciò, cari fratelli, pensateci bene prima di trasformare il Movimento 5 Stelle in una forza maggioritaria di governo, quando Nostro Signore ci indicherà il giorno in cui si tornerà a fare l’amore con la democrazia.
Preferirei una squadra per costruire domani, più che un motivo per esultare oggi.