Le parole di Luca Bizzarri sono una cosa seria. Fermi. Dove andate con la fantasia?

Il comico che “legalizzerebbe tutto”, non solo la Cannabis, come ebbe modo di dire due anni fa, neo- direttore del Palazzo Ducale di Genova, tra le più prestigiose istituzioni artistiche d’Italia, commenta così su Facebook l’inizio delle attività culturali al Ducale, che lo vedono capitano: “Si comincia così. La prima mostra come presidente di Palazzo Ducale è questa, vi prego abbiate la pazienza di leggere queste poche righe.
Quando mi hanno detto Rubaldo Merello la mia reazione è stata esattamente quella di molti di voi. E chi è? (L’ho detto diversamente, ma è lo stesso). Ora, visto che sono analfabeta e sono andato su Google, non sto qui a scrivervi chi è, andatelo a vedere. Ma fate di più: venite a vedere la mostra. Vi giuro che è un’esperienza impressionante. La cosa più sconvolgente è che l’arte di Merello non è affatto tranquillizzante, è una mostra violenta, lontana anni luce dagli stereotipi della Genova vecchia e barbosa. Io non sono un critico d’arte, sono solo uno curioso, come credo siano molti di voi.  Allora alzate il culo, venite a vedere Merello, c’è una statua, ad un certo punto, si chiama Il Dolore. Stare davanti a quella statua è…boh, non riesco a spiegarlo”.

Tornate a terra, ad abitare la vasta landa che racchiude il regno a cavallo tra realtà e nonsense. Le parole di Bizzarri sono una cosa seria e rientrano perfettamente nel dettame unico della civiltà della casualità. La casualità è un mezzo, mica cavoli, mica poca roba; un mezzo, pertanto in movimento, capace di generarne, di creare dinamismo e, persino, affrontare un percorso di aggregazione. Un uomo a caso, si trova in un posto a caso e produce cose a naso, ehm, pardon, a caso. Si creeranno cose a caso che, guarda caso, coinvolgeranno a caso tanta gente. Quantomeno per la legge dei grandi numeri.
La casualità non è nichilismo, ma vitalismo, aggregazione e conoscenza. Esattamente come la cultura in questo Paese. Un gesto virtuoso che mixa il proprio Io, l’opera intellettuale, artistica e la lunga archiviazione di conoscenza, nella generazione di un pensiero critico. Bizzarri non ha fatto nulla di male. Ma il massimo del pensiero critico che si potrà avere, anche in senso stretto, dal mattatore di Camera Cafè, sarà quello che avete letto: “Allora alzate il culo, venite a vedere Merello, c’è una statua, ad un certo punto, si chiama Il Dolore. Stare davanti a quella statua è…boh, non riesco a spiegarlo”. Renderemo Genova meno vecchia e barbosa, che già è tanto. Ma non è da Ducale. Dal Ducale, ci si aspetta un pochino di più. Che so, magari la scoperta di una nuova avanguardia europea, comunicata modernamente, certo, ma di uno spessore che boh, non riesco a spiegarlo, per dirla con Bizzarri.

Neanche padre italiano e sant’Ignazio di Loyola insieme potrebbero fare un miracolo…

La civiltà della casualità. Se la civiltà, per essere tale, ha necessità di una propria coltivazione umana, artistica, identitaria, spirituale, teorica, che generi cultura complessiva – e di conseguenza plasmi una forma estetica, oltreché etica, di sé -, ecco che anche la cultura è una casualità. Nell’Italia in cui la maggior parte degli assessori comunali alla cultura, nei pori della pelle d’Italia, non proviene affatto da percorsi di studio accademico, da esperienze, anche importanti, del settore, ma è lì per garanzia politica (“portava li voti!”), casualmente, e si deve tenere uno degli assessorati più sfigati tra tutti, quello a cui, tra le voci di bilancio, viene assegnato meno budget, qualche domanda viene da porsela. Il ruolo che non vuol ricoprire nessuno anche perché, molte volte, l’assessore alla cultura nel comune di Pescaccia Sotto al Ponte, neanche c’è, per lasciare spazio ad un evanescente ed immaginifico delegato alla cultura. Quanta meraviglia!

La cultura in Italia è casualità, esercizio di stile. Un compito per casa. L’agglomerazione di festival e presentazioni di libri, che si fanno, dimostrano, durano e crepano. Amici e markette, favori, screzi ed ostaggi. Occasionalità, esclusività – raramente inclusività -, manifestazione. Conglomerato di concetti rubati o amati, mostrati come una sacra reliquia e poi rimessi nella teca. Dove è difficile costruire un percorso sensoriale e vitale che incida nel tempo. La cultura in Italia, perennemente al servizio della politica.
Perché al di là del modo con cui Bizzarri ha voluto riconoscersi analfabeta, e con cui abbia voluto compiere un’operazione di marketing, attirando la massima attenzione possibile in un secondo, verso l’apertura dei lavori del Ducale, con quelle parole – iniziativa fatta passare dal PD persino per un virtuosistico ingegno del genio della comunicazione – genovatoday.it riporta le parole di Simone Regazzoni, docente di filosofia ed ex candidato sindaco per il Pd: «Chapeau a Bizzarri, ha dato una lezione di comunicazione di cui dovremmo fare tesoro, ha scritto anche lui su Facebook» – , siamo sicuri che veramente non sia adatto a quel ruolo, che non conoscesse davvero quell’artista e che veramente si sia ingrifato di fronte a quella statua che “Boh…” (L.Bizzarri). E ora, ammettiamolo? Non vi sentite tutti un po’ Bizzarri? Se sì, fate bene. Perché voi non conoscevate Merello, l’artista che fa robe fighe e statue “Boh” (L.Bizzarri). E nemmeno io. Ed è giusto che sia così. Perché questo non è il nostro ruolo. Quello non è un ruolo che tutti possono ricoprire. Chiunque non può dirigere la stagione culturale di uno dei più importanti enti culturali d’Italia, quale il Palazzo Ducale di Genova. Io non so chi sia Rubaldo Merello, e lo ammetto candidamente. Come candidamente ammetto anche che, in un mondo parallelo, seppur lusingato dalla richiesta, non avrei mai accettato, al netto delle mie competenze e visioni artistiche, un incarico così delicato ed importante quale quello di direttore del Palazzo Ducale di Genova.

Come se il nuovo direttore dei Musei Vaticani esordisse, in tre lingue, dicendo: “Cristo, che Cappella!” (davanti alla Sistina).

Bizzarri è uno stupido? Certo che no. E nel suo modo di comunicare, talvolta, si pesca anche una sana modernità. Ma è solo il frutto della casualità, della civiltà della casualità. Bizzarro che Bizzarri abbia accettato quel ruolo. Anche io sono stato fortemente titubante ad accettare l’incarico prestigiosissimo di diventare il medico della Lega del Male (formata da Mussolini, Heidegger, Giuseppina Ghersi, Sandra Milo, Carmelo Bene e il venditore di bottiglie di Sangiovese del Ventennio). Ma dopo aver enunciato fiero il giuramento di Pippocrate, la timidezza s’è sciolta come la decenza innanzi a quella cacca di bronzo enorme, di Urs Fisher, che fa ombra a Piazza della Signoria di Firenze.

E tornano in mente le parole di Bizzarri. Ed è bizzarro come ci sia, nella medesima considerazione, analfabeta e genio. Non so, mi ricorda Antonio Ligabue che urlava matto, con uno specchio al collo, quanto fosse animale nella natura, oltre la scorza di uomo, dipingendo al fiume. Ligabue che, sicuramente, Bizzarri conoscerà benissimo.

Tornano alla mente, come un mal di testa, ancor più forte, le parole sacre di José Ortega y Gasset, filosofo spagnolo, grande esploratore delle masse: “esistono nella società operazioni, attività, speciali. Ad esempio: certi godimenti di carattere artistico e lussuoso, oppure le funzioni di governare o di giudicare politicamente sugli affari pubblici. Prima queste attività speciali erano esercitate da minoranze qualificate. La massa non pretendeva di intervenire in esse: si rendeva conto che per farlo avrebbe dovuto effettivamente acquisire delle doti speciali e cessare di essere massa

Ed ecco la civiltà della casualità, dove non v’è disegno, né ragione; non v’è spirito che s’allunga, né idea. Ma solo la ricerca dell’affermazione, dell’appagamento, della’estatica gloria di essere entrati nella storia. Io ho fatto la legge contro i venditori di accendini con la faccia di Mussolini, in un Paese con 5 milioni di poveri e gli operai dell’Ilva , qualche migliaio, che rischiano di andare a casa (Emanuele “Random” Fiano, degno scudiero di quella sinistra che ama talmente tanto i poveri che ogni volta che va al Governo li moltiplica, montanellianamente parlando), io ho fatto presente che in Norvegia, fi-nal-men-te!, vi è parità di guadagni tra calciatori e calciatrici, e che il governo lavorerà in Italia perché sia lo stesso (Maria Elena “Random” Boschi. Non ci credete? Leggete qui); io ho fatto il candidato Presidente del Consiglio dopo essere stato eletto, suppergiù, da trentamila persone sul web, essere stato prima a favore, e poi contro l’Euro, dopo che che nel 2010 mi sono candidato come consigliere comunale del mio comune, senza essere eletto, ma che tre anni sono stato entrato alla Camera, e ne sono diventato Vicepresidente. Nel dubbio mi faccio una pomiciata con San Gennaro (Luigi “Random” Di Maio); io ho fatto il presidente del Palazzo Ducale e ho visto statue che te dico fermate! (come si esprime stupore a Roma; Luca “Random” Bizzarri), io faccio il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ma non ho una laurea, né un diploma, se non un “qualcosa di equipollente”, e in ogni caso, lo smartphone in classe è il futuro, e quasi, quasi, riduco di un anno la durata del liceo (Valeria “Random” Fedeli).

Ed ora, non andiate più cercando in giro, gentilmente, principi etici ed estetici che rendano questa Italia meno barbara e più moderna, civile ed Europea. Più bella da vedere, meno presa per il culo e certamente più devota alla Bellezza, madre generosa con cui questa terra ha chiuso quasi ogni contatto. Un‘ Italia più colta ed intelligente, capace di coltivare uomini e formazione, di essere esempio, di essere avanguardia. Terra di puttane, ma anche di signori. Purtroppo la casualità è tra le modalità organizzative della mediocrazia, per dirla con Alain Deneault, secondo cui la presa del potere dei mediocri e l’instaurazione globale del loro regime, genera ed estende la mediocrazia in ogni ambito della vita umana. Però va detto: la casualità non genera eredità, lascia solo dei segni. Segni fragili sulla sabbia che, una volta salita di nuovo la marea, spariscono agli occhi di chi li osserva e del tempo.
Non andiate a chiedere a questo Paese di non essere un bizzarro caso del destino. Del resto c’è un motivo se i comici spopolano nelle stanze della cultura e della politica.

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