La musica sta cambiando, e l’Italia, sulle sue fragili gambe secche, balla il motivetto della battaglia dei diritti. Anche quelli d’autore. Perché non di sola empatia, non di sola estremistica tolleranza, non di sola innovazione etica si può vivere. Nello scorrere del progresso a muso duro, c’è da mantenere la rotta del reale, che si compone di grandi e piccole tenzoni, vecchi e nuovi fronti, questioni da risolvere, certezze da accumulare, normative europee da interpretare e sviluppo da accogliere sapientemente. E così, pubblico contro privato, storia e innovazione, conservazione contro liberalizzazione. Siae contro Soundreef. È braccio di ferro, è legge di modernità, è obbedienza al culto laico sostitutivo del mercato. Italia contro Inghilterra. E stavolta non può finire con un pareggio.

Siae, rappresenta autori ed editori da ben 130 anni. Soundreef, giovanotta londinese che ha fascinosamente attirato, appoggiata al muretto della novità, in giacca, cravatta, cresta e anfibi, personaggi importanti della musica italiana, come Fedez – che a gennaio commentava così: “Ho creduto fin dall’inizio nel progetto dei ragazzi di Soundreef. Ero consapevole delle difficoltà cui saremmo andati incontro ma sapevo che si doveva rompere un monopolio e un sistema che agevolava pochi soggetti e i soliti. Oggi sono contento di poter rivendicare di essere stato in prima linea con Soundreef in questa battaglia tra Davide e Golia che alla fine ci ha visti tagliare il traguardo nonostante gli ostacoli che hanno cercato di metterci davanti” -, Enrico Ruggeri e Gigi D’Alessio, che hanno scelto di farsi tutelare dalla Ltd made in Britain, in materia di gestione di diritti e compensi. Le royalties from the “Royal family”, since 2011. Soundreef tenta la rottura del monopolio Siae.

Ma andiamo con ordine. In Italia il sistema di gestione del diritto d’autore è operato da un ente pubblico a base associativa, la SIAE. In quasi tutti i Paesi moderni, ogni nazione ha un ente che si occupa di tutelare i diritti degli autori, in Italia questa attività è rappresentata da SIAE. Da qualche anno la stessa società vede attaccato il suo modello d’impresa. La  startup Soundreef Ltd è un ente di gestione indipendente – come si legge sul sito web dell’azienda – fondata nel 2011 e presente nel registro pubblico Intellectual Property Office del Regno Unito con lo scopo di offrire un’alternativa alla gestione del diritto di autore. Soundreef, fondata da Davide D’Atri, vuole provare a occupare fette di mercato della SIAE.

Pare che qualcuno, però, alzi il tiro sulla legittimità dell’operato di Soundreef, facendo seguito alle parole chiare del direttore generale della Siae, Blandini: “Un autobus che per ora nel nostro paese viaggia senza licenza, cioè illegittimamente”. Non si tratta di un colpo basso, ma di una eventuale riflessione normativa.

Eppure, “Adesso possiamo dire a tutti gli effetti che una piccola società ha abbattuto il dominio monopolistico ultracentenario della SIAE nella raccolta dei diritti d’autore. Da oggi anche società private come Soundreef possono operare in piena legalità e, si spera, a pari condizioni sul mercato italiano”, ebbe a dire Davide D’Atri in una conferenza stampa, le cui parole sono riportate dall’agenzia Dire. “Lavoreremo in Italia – prosegue il fondatore di Soundreef – insieme all’associazione no profit LEA (Liberi Editori Autori – www.leamusica.com), costituita di recente da un gruppo di autori, editori e professionisti del settore. Gli oltre11 mila autori ed editori nostri iscritti saranno rappresentati ed intermediati in Italia da LEA rientrando così nel perimetro delineato dall’art.19 del decreto fiscale (148/2017) collegato alla Legge di Stabilità 2018. Non abbiamo mai smesso di combattere per far valere i nostri diritti e dare una nuova prospettiva al mercato della musica e alla fine le nostre fatiche sono state premiate”.

La battaglia, quindi, proseguirebbe solo sul piano tecnico, ma non si porrebbe un problema di legittimità legale, poiché Soundreef, servendosi dell’Associazione no profit LEA, aggirerebbe così la nuova legge nazionale, che ha aperto il mercato dei diritti alle sole società di raccolta senza scopo di lucro, ma non a quelle private for profit, come nel caso della startup inglese. Eppure c’è chi si pone più di una domanda. Il condizionale è d’obbligo. Perché un gruppo d’imprenditori italiani dovrebbe aprire una società a Londra per gestire i diritti d’autore in Italia? Stando a quanto dichiarato da alcuni manager dell’azienda.

Il braccio di ferro continua…