Un film sul comandante Cousteau, “l’acquanauta” politicamente scorretto
A Genova, sapienti mani stanno restaurando in questi mesi la Calypso, la mitica nave di Jacques-Yves Cousteau. Dopo anni d’abbandono il vecchio dragamine, acquistato nel 1950 da Thomas Loel Guiness — l’uomo della birra scura — e affittato al comandante al prezzo simbolico di un franco all’anno, tornerà a nuova vita. Una buona notizia.
La Calypso fu la casa, il laboratorio, il palcoscenico di Cousteau — un personaggio degno del Nemo verniano — e del suo straordinario gruppo di “acquanauti”. Grazie a questa piccola nave, le “pachà” e la sua magnifica squadra navigarono su tutti i mari — per un totale di 35 giri del globo — per esplorare, scoprire, e, soprattutto, filmare.
Tutto iniziò nel 1956 con “Il mondo del silenzio”, interamente girato nelle acque del Mar Rosso, che conquistò, grazie ad un giovanissimo Louis Malle imbarcato per l’occasione, un premio Oscar (per il miglior documentario) e una Palma d’oro a Cannes. Da lì il successo, la fama. Negli anni Sessanta le straordinarie avventure dei sub francesi rivelarono ai “terricoli” il fascino del mondo sommerso, le magie del “grande blu”.
Grazie ai suoi filmati Cousteau divenne un mito mediatico, un protagonista. Una star internazionale. Ovviamente, non tutto era perfetto e l’uomo (come è giusto che sia) aveva i suoi pregi e i suoi difetti. Lo ricorda, con raro equilibrio e vera poesia, il regista Jerome Salle con il suo bel film “Odissea”. La pellicola — costata venti milioni di euro e girata tra il Mediterraneo, il Golfo Persico, l’ Oceano Indiano, il Mar Rosso e, persino, il Polo Sud — racconta la vita del comandante, i suoi successi, i suoi sogni ma anche le sue contraddizioni, le sue ossessioni, e, poi, il difficile rapporto con la moglie e i figli, in particolare con l’amato Philippe, morto nel 1979 in un incidente aereo alle Azzorre.
Cosa resta di lui? Le sue invenzioni — in primis, l’aqua-lung, il primo equipaggiamento per lo scuba diving e la Nikonos, la macchina fotografica subacquea —, i suoi esperimenti — le case sottomarine, le turbo vele etc.. — , ma, soprattutto, rimane la storia di un uomo geniale, spigoloso, talvolta spregiudicato ma sempre fedele alle sue convinzioni — mai rinnegò il suo legame con il fratello Pierre-Antoine, giornalista fascista amico di Drieu la Rochelle e Robert Brasillach e la fedeltà alla Marina di Darland… —, che aprì gli occhi di milioni di telespettatori sul mondo subacqueo. Aprendo un nuovo, inatteso confine.
Ma non solo. Cousteau riuscì, dopo tragedia di Philippe, a superare l’iniziale visione spettacolare (e ben sponsorizzata) per approdare ad una consapevolezza profonda e meditata sul disastro ambientale. Da qui le sue battaglie contro la pesca subacquea, le scorie nucleari, l’inquinamento dei mari, la protezione dell’Antartide. Una lunga saga che ritroverete ne “L’Odissea” di Jerome Salle, in questi giorni su Sky. Buona visione.