Damasco, 2010. Cena di gala in onore di Giorgio Napolitano in visita ufficiale in Siria. Il presidente italiano leva il bicchiere e brinda a Bashar-al-Assad. «Esprimo il mio apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medio Oriente per la tutela delle libertà assicurate alle antiche comunità cristiane qui residenti». Applausi, strette di mano, valzer di decorazioni. Sul petto di Bashar brilla il pataccone di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana. Al di là della retorica di rito, la conferma di un rapporto saldo e fruttuoso: l’Italia è il primo patner economico della Siria a livello europeo e il terzo a livello mondiale dopo Cina e Arabia Saudita.

Roma, 2012. Senza alcun imbarazzo l’inquilino del Quirinale revoca onorificenze e riconoscimenti. A sua volta il pessimo Mario Monti e lo zelante ministro degli Esteri Giulio Terzi di Santagata si accodano zitti e supini agli ordini dell’Unione Europea e impongono sanzioni alla Siria. In un batter d’occhio decine e decine di milioni di euro svaniscono. La Siria laica e multireligiosa magnificata due anni prima da Napolitano & co diventa un “paese canaglia”.

Una giravolta inutile e lesiva degli interessi nazionali, ma all’antico “carrista” del PCI, al grigio professore e al ministro poco o nulla importa. L’importante è non scontentare i giocatori del grande risiko in atto nel Levante, americani e sauditi in primis. Così, mentre l’intera regione finisce inghiottita dalle fiamme, l’Italietta preferisce rannicchiarsi in un angolino e adeguarsi alla narrazione imposta dalla comunicazione occidentale.

Fortunamente vi sono ancora giornalisti dalla schiena dritta e con sguardi profondi che non si accontentano delle veline propagandistiche e partono per il fronte. Per vedere e raccontare. È il caso di Gian Micalessin, uno dei migliori reporter di guerra italiani, che da sette anni indaga — sempre in prima linea — il conflitto siriano. Nel suo nuovo lavoro Gian analizza con minuzia le inconfessabili ragioni di questa tragedia smontando con documenti, numeri, date, testimonianze l’impalcatura mediatica che avvolge quello che non a caso papa Bergoglio acutamente (una volta tanto…) ha definito un “capitolo della terza guerra mondiale”. Non si tratta di un’iperbole, poichè «la Siria rischia, di trasformarsi nella Danzica del XXI secolo. Una Danzica in cui le mire contrapposte delle potenze sunnite, con Arabia Saudita, Qatar e Turchia in testa, si contrappongono a quelle dell’Iran alleato di ferro di Assad e portabandiera delle aspirazioni degli sciti dell’Iraq e di quelli libanesi di Hezbollah. E il mosaico infernale non si ferma lì. In Siria si muove la faglia tellurica che spinge alla sovrapposizione le sfere d’influenza e dell’America». Sullo sfondo vi sono poi Israele — sponsor silente dell’Isis e mozzateste vari —, la Francia, la Gran Bretagna, la “fratellanza musulmana”, le multinazionali del gas e del petrolio.

Uno scontro tra vasi di ferro con un unico vaso di coccio: i cristiani d’Oriente, i “Fratelli traditi” (Cairo editore, euro 16.00) a cui Micalessin dedica il suo libro. A questo mondo di fedeli, eredi diretti della prima stagione del Cristianesimo, l’Occidente dei ricchi e dei potenti ha voltato colpevolmente le spalle infischiandosene delle persecuzioni, delle chiese bruciate, dei massacri. Anzi, gli “alfieri della democrazia” — da Hillary Clinton in avanti — hanno applaudito, appoggiato, armato proprio gli assassini, gli sterminatori. Perchè? Per Washington e dintorni i cristiani erano “oggettivamente” vicini al regime di Assad e poichè questi è il nemico da abbattere meglio investire su al-Qaeda, al-Nura e altri gruppi jihadisti. Poi si vedrà…

Una valutazione superficiale che non teneva (non tiene) conto del quadro storico e culturale e tanto meno delle complesse dinamiche della società siriana. Cose evidentemente troppo complicate per gli strateghi obamiani. Errori su errori e, alla fine, il risultato è stato il Califfato di al-Baghdadi con la caccia al cristiano da Aleppo a Homs, da Raqqa a Maalula, il piccolo borgo dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù.

Il lungo incubo si è interrotto solo con l’intervento russo del 30 settembre 2015. Con buona pace dei russofobici d’ogni latitudine, fu l’arrivo dei soldati di Putin a salvare ciò che restava delle comunità cristiane. Intervistato da Micalessin, il vescovo latino di Aleppo ha dichiarato: «Dobbiamo dire la verità, abbiamo iniziato a respirare soltanto grazie a questo intervento russo. Nel periodo in cui potevamo contare solo sull’intervento degli USA e dei loro alleati, lo Stato Islamico si è addirittura allargato arrivando ad occupare il 50 per cento del territorio siriano. I russi alla fine hanno smascherato questa commedia».

Parole dure e chiare che debbono far riflettere. Eppure a tutt’oggi i nostri “fratelli nella fede” non trovano ascolto nelle capitali europee. Roma compresa. La Farnesina persevera sulla linea tracciata nel 2012 dal Terzi di Santagata, quando il funambolico ministro (attualmente parcheggiato in FdI, boh…) impedì l’arrivo di Maria Sadeeh, deputata di Damasco e portavoce della comunità cristiana. In quei giorni Terzi preferiva ricevere gli esponenti più radicali e fanatici della rivolta antigovernativa. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei…

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