L’atterraggio (con micro arero ad elica) da Darwin su pista sterrata andò benissimo anche se la sensazione di atterrare nel nulla del bush australiano era un po’ troppo evidente. Mi avevano pure pesata prima dell’imbarco, il che non mi era stato di alcun conforto durante il volo.

Ma ero in cerca di notti australi trapuntate di stelle ed ero pronta a tutto. Ne trovai di spettacolari al Davidson’s Safari Lodge ad Arnhem Land, nel Top End, cuore aborigeno del Northern Territory. Luogo di non facilissimo accesso, ma di tale autenticità e fascino da meritare un po’ di strada per raggiungerlo.

Trekking ad Arnhem Land in cerca di gallerie rupestri

Trekking ad Arnhem Land in cerca di gallerie rupestri

Già la prima notte la Croce del Sud galleggiava come un aquilone con la sua coda di stelle nella profondità del buio, mentre Bridget, la mia guida, cercava di spiegarmi il calcolo per trovare il Sud. Attorno ronzavano moleste le zanzare, mentre in lontananza era la sinfonia misteriosa del bush australiano a fare da sottofondo. Lo avrei scoperto l’indomani.

Charlie Mangulda, aborigeno proprietario delle terre della montagna di Borradaile, stava in religioso silenzio mentre Bridget spiegava. Le zanzare non gli recavano alcun disturbo perché – diceva – vivevano sulla sua terra e quindi erano sue amiche.

E’ lui l’uomo che oggi, grazie a questo lodge e alle sue guide, permette di avere accesso a gallerie rupestri (alcune abitate fino al secolo scorso) che da 50.000 anni raccontano le vicende del Dreamtime, il “Tempo del sogno” aborigeno: una dimensione che precede la creazione ma che non risiede nel passato, bensì in uno spazio che corre parallelo. E il “sogno” nel Northern Territory diventa un tema ricorrente, perché il bush esalta la dimensione onirica. Di notte e di giorno.

E’ ricco di contrasti. Da una parte c’è la natura ostile e matrigna: dalle rane velenose agli insetti aggressivi, senza contare il salty cocrodile, tra i rettili più grandi al mondo, che arriva a misurare quasi sette metri e risale gli estuari per centinaia di chilometri durante la stagione secca. Dall’altra la natura amica e madre: la foresta pluviale che si riflette sull’acqua dei billabongs, i rami dei fiumi indorati dal tramonto; l’eleganza del Jaibiru, cicogna endemica; le evoluzioni dell’uccello “Gesù” che sembra camminare sull’acqua tra le ninfee; la tenerezza dei wallaby, simili a piccoli canguri.

La montagna di Borradaile al tramonto

La montagna di Borradaile al tramonto

Ricordo di aver camminato con un brivido di emozione sulle rocce d’arenaria più antiche della terra che contano 1,6 miliardi di anni. E di non essermi aspettata la generosità del bush: la billygoat plume, bacca ricchissima di vitamina C, il Paper Back e il Pandanus molto versatili, eucalpiti, maleleuca, acacie e migliaia di uccelli. Un mondo da sempre rispettato dagli aborigeni che per ogni frutto raccolto ne hanno sempre lasciato uno per gli animali e uno per la terra. Anche oggi.

Impronte di mani aborigene in una galleria rupestre

 

Lungo le gallerie rupestri, tortuose e labirintiche, si trovano ancora oggetti e sepolture, mentre le radici conducono verso “terrazze” di roccia dove soffiano sempre refoli di vento e le impronte di mani, come decine di saluti volanti, tappezzano le pareti. Sosta sotto il più grande “Rainbow Serpent” d’Australia: il personaggio della mitologia aborigena, principio della creazione, che è un incrocio tra un drago e un serpente, dipinto circa 1.500 anni fa sulla parete “a soffitto” di una grotta. Tratti potenti di ocra e bianco in un luogo sacro che è porta d’ingresso al Tempo del Sogno. Ma per varcare la soglia forse bisogna avere un lasciapassare che a noi “balanda”, uomini bianchi, non è mai stato consegnato. E così tornai nella vecchia Europa con la sensazione dispettosa di averlo solo sfiorato, quel sogno.

Il Rainbow Serpent dipinto 1.500 anni fa

Il Rainbow Serpent dipinto 1.500 anni fa

 

Elena Pizzetti

@ElenaEpizzet

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