«Come si fa a lavorare in Svizzera»
I cittadini svizzeri sono stanchi di dover competere sul lavoro con i disoccupati di mezza Europa. Un Paese con otto milioni di abitanti e il 23% di stranieri si è ribellato contro il «buonismo» dilagante nell’Unione europea. Così ieri il 50,3% degli elvetici si è espresso a favore del ritorno alle quote fisse di immigrazione, mettendo in discussione gli stessi trattati stipulati con Bruxelles che di fatto equiparano Berna a un componente della Comunità. La Svizzera, infatti, ha deciso di tenere alla larga dai suoi (tanti) uffici finanziari e dalle sue (poche) fabbriche chi non ha il passaporto elvetico. La misura è giunta inaspettata, e ad esasperare gli animi ha contribuito la forte pressione di offerta di manodopera dai Paesi dell’Est Europa e, per quanto riguarda i nostri vicini del Canton Ticino, il quotidiano viavai di frontalieri italiani, ritenuti dei rubalavoro perché accettano paghe più basse di quelle stabilite per legge.
A questo punto, però, per gli italiani che vogliono andare a lavorare o ad aprire un’attività nei Cantoni il tempo stringe. Wall & Street ha allora chiesto al presidente di Cna Servizi, Stefano Mazzocchi quali sono i documenti necessari e le cose da sapere prima di fare le valigie e trasferirsi in un Paese che non divora i suoi contribuenti tra le fauci del fisco e della burocrazia. Il tempo stringe perché, a meno che l’Unione europea non adotti qualche forma di ritorsione, dopo un periodo di tolleranza, i Cantoni introdurranno limitazioni alle possibilità di ingresso non solo dei lavoratori ma delle stesse imprese italiane che superano il confine per non essere strozzate dalle tasse.
«In questi giorni è sempre più assillante e forte la tentazione da parte degli imprenditori di lasciare l’Italia verso nuovi territori che coniughino semplicità d’azione e trattamenti fiscali, meno onerosi dei nostri. Mentre in Italia l’entusiasmo degli imprenditori svanisce sempre di più, lasciando lo spazio alla depressione economica, i nostri vicini svizzeri stanno assistendo ad un crescente interesse, da parte dei nostri connazionali imprenditori che vagliano la possibilità di trasferirsi nei loro Cantoni», premette Mazzocchi che nella veste di «tutor» delle imprese artigiane aveva già analizzato per questo blog come dare vita a una piccola impresa in Italia.
Perché un imprenditore italiano dovrebbe considerare l’opportunità o meglio la necessità di trasferire la propria azienda in Svizzera?
Un tema che sicuramente attrae l’imprenditore nazionale è la semplicità dei rapporti con il fisco svizzero e la flessibilità del mercato del lavoro. Infatti, partendo proprio da questa ultima considerazione, il mercato del lavoro elvetico presenta una duttilità e una flessibilità, assolutamente sconosciuta al nostro ordinamento interno. «Un dipendente in Svizzera – ricorda Mazzocchi – può essere allontanato dall’azienda con un preavviso molto breve (in rapporto alla durata dell’attività prestata) e nulla gli è dovuto a titolo di indennità supplementare, se non quanto maturato come stipendio o trattamento di fine rapporto. Questa flessibilità non conosce una limitazione rispetto alle dimensioni aziendali».
L’altro grande vantaggio, è il fatto che il carico previdenziale complessivo non supera il 27% dello stipendio, dove tale aliquota è suddivisa fra la parte a carico dell’azienda e quella trattenuta al dipendente. «La parte a carico dell’azienda è pari al 15% dello stipendio mentre la residua parte del 12% viene corrisposta dal dipendente. La convenienza è evidente, soprattutto, sulle posizioni aziendali apicali dove il vantaggio in termini di costo può anche raggiungere il 50% di minor costo aziendale, con un indubbio beneficio sia per l’azienda sia, anche, per il dipendente stesso», prosegue il fiscalista.
Relativamente alla tassazione delle imprese in Svizzera , la capacità di attrazione diviene elevatissima sia per la semplicità comportamentali sia per le aliquote applicate. La semplicità comportamentale concerne sia il rapporto che si instaura con la locale amministrazione fiscale sia per le modalità di determinazione della base imponibile sui quali calcolare le imposte da corrispondere. «Il rapporto fra impresa e amministrazione finanziaria è improntata ad un continuo e proficuo scambio di informazioni dove l’approccio argomentativo diviene elemento centrale nelle discussioni sulle modalità di tassazione. Infatti, la determinazione della base imponibile svizzera avviene con estrema semplicità poiché la deducibilità dei costi si basa principalmente sull’osservazione sistematica della congruità degli stessi rispetto alle dimensioni aziendali e dei ricavi che l’azienda consegue. L’approccio, quindi, consente di programmare le spese e gli investimenti necessari per realizzarli sulla base di un rapporto giuridico che da un lato tenga conto della competenza temporale degli stessi, e, dall’altra permetta di dedurre i costi in rapporto ai ricavi conseguiti. L’aliquota applicabile a siffatta base imponibile, è variabile in funzione delle imposte locali o cantonali ma si attesta, ad esempio per il Canton Ticino intorno al 23,8%. Tra le altre semplificazioni, il bilancio non viene depositato presso la locale Camera di Commercio o il Tribunale competente. Ai fini, invece dell’Iva, la Svizzera ha una aliquota fra le più basse d’Europa ovvero la tassazione sui consumi è pari, in generale, all’8%», conclude Mazzocchi.
Cosa si fare, quindi, per aprire una società in Svizzera?
«Dal punto di vista operativo, l’imprenditore dovrà recarsi presso un istituto di credito elvetico al fine di depositare il capitale sociale e successivamente andare presso un notaio per la costituzione della società. Nel giro di qualche giorno, si otterranno tutte le necessarie autorizzazioni per l’apertura della società».
I due modelli principali per il diritto societario svizzero sono:
- la società anonima
- la società a garanzia limitata.
«La prima, può essere considerata una equivalente struttura della nostra Spa, la seconda è inquadrabile come una società a responsabilità limitata. Il capitale sociale per la Sa è pari ad un minimo di 100.000 franchi svizzeri mentre, per la seconda struttura, l’ammontare necessario per la costituzione è di almeno 20.000 franchi. Attualmente il primo veicolo presenta un indubbio vantaggio di avere le azioni, rappresentative del capitale sociale, al portatore ovvero non nominative», sottolinea Mazzocchi. Ma attenzione: «L’imprenditore italiano che decida di aprire una società in Svizzera dovrà opportunamente segnalare nel suo Modello Unico, l’investimento effettuato all’estero con l’indicazione della partecipazione , rappresentativa del capitale sociale, nel quadro Rw (quello relativo agli investimenti detenuti all’estero)». Ovviamente tale adempimento non sarà necessario nel caso in cui lo stesso imprenditore trasferisca la propria residenza, proprio, in Svizzera.
Allo stesso modo esistono importanti vantaggi fiscali per i soggetti che risiedono e lavorano nella zona transfrontaliera tra l’Italia e la Svizzera e che lavorino presso società svizzere. Che dire: provare per credere, in attesa che anche la nostra politica dia risposte concrete alla richiesta di semplificazioni burocratiche e alla necessità di una tassazione meno onerosa.
Wall & Street