Renzi ci è già costato 100 miliardi
I dati aprile-dicembre 2016 della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), istituzione con sede a Basilea e controllata pro-quota da tutte le principali banche centrali del pianeta, hanno evidenziato che i grandi investitori esteri (le banche del resto del mondo) hanno progressivamente venduto obbligazioni ed azioni italiane, liberandosi così, di fatto, dei crediti e/o di attività reali. Di fatto si tratta di una insanabile fuga silenziosa di capitali a bassa intensità, un’operazione che però ha un effetto dirompente ed incontrollabile sull’economia reale italiana.
Basti pensare che verso la fine del 2012 le diverse banche estere avevano investito in Italia capitali per 683 miliardi di dollari. Al termine del 2016 la loro esposizione complessiva era pari a 603 miliardi di dollari. «Questa fuga dall’Italia non può che essere messa in relazione con gli eventi politici e strutturali succedutisi nel nostro paese e ciò a partire dal fallimento, nel dicembre del 2016, del referendum costituzionale», sottolinea Fabio Accinelli, esperto di diritto dei mercati internazionali.
Non si può perciò ignorare come il «vecchio» nuovo segretario del Pd, Matteo Renzi, legando la stabilità politica al successo della propria pseudo-riforma, abbia minato la stabilità finanziaria del Paese (già messa a dura prova dal continuo ricorso al deficit per il finanziamento di mance e mancette). I diversi osservatori internazionali hanno guardato ed analizzato sempre con maggior diffidenza l’Italia. Quelli maggiormente critici, sono proprio, oltre agli Stati Uniti, quelli a noi più vicini e per assurdo collegati dalla moneta comune quali Francia e Germania. Le banche centrali di Germania, Francia e Stati Uniti sono le responsabili di circa i due terzi di tutte le fuoriuscite nette di capitali e se ad esse, aggiungiamo la Bank of England, si raggiungono in totale tagli per 33 miliardi di dollari.
«L’Italia è oggetto di una generale preoccupazione e diffidenza sebbene sia ancora la terza economia di Eurolandia», aggiunge Accinelli ricordando che tra tutti i partner europei il Paese che, oramai da svariati anni e senza ripensamenti, ci ha messo in un angolo è la Germania. Berlino ha portato la propria esposizione verso l’Italia a meno di un quarto di quella verso la Francia.La perdita dei 100 miliardi di dollari da parte dei grandi investitori stranieri sarebbe stato un colpo non ammortizzabile se la Bce, che per tutto il 2016 ha continuato senza sosta ad acquisire bond societari e titoli sovrani italiani al ritmo di 10 miliardi di euro al mese, non avesse lanciato una ciambella di salvataggio.
Di fatto la Germania ha approfittato per vendere i titoli del debito italiano in suo possesso direttamente alla Bce. «Oggi l’Italia, per sopravvivere a livello finanziario, deve dipendere completamente dal supporto di una istituzione internazionale», sottolinea l’esperto ricordando come «la triste fotografia dell’odierno equilibrio economico-finanziario italiano è il crescente aumento del deficit Target2 (sistema economico e finanziario dei pagamenti tra le banche centrali europee) che si è attestato a 416 miliardi di euro. Tale valore è la risultante dell’equazione «gli operatori esteri vendono i loro titoli di stato alla Bce e con il netto ricavo incassato reinvestono in tutti i Paesi ad economia solida». D’altronde, un’Italia con un tasso di disoccupazione all’11,7% (valore che decreta il fallimento del Jobs Act) tende ad assomigliare sempre più a un Paese emergente e non ad uno completamente sviluppato.
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