Perché le previsioni economiche fanno flop
Nel novembre 2008 la regina d’Inghilterra fece ai professori della London School of Economics una semplice domanda: «Come mai non avete previsto la crisi?». Il silenzio in sala non fu ben augurante. Nessun professore aveva scritto una riga che potesse anche solo lontanamente presagire il crollo finanziario. Il caso fece cronaca e rimbalzò sui giornali di mezzo mondo. Da li in poi però le cose non sono andate molto meglio. Prendiamo ad esempio l’Italia. Le stime di crescita indicate dai centri studi dei ministeri economici tra il 2008 ed il 2014 evidenziano uno scarto del 14,3 per cento. Si registra una differenza quasi del 15% tra crescita attesa e Pil reale. Come è possibile nell’era della potenza digitale incorrere in previsioni cosi tanto sbagliate? Le previsioni, come dice la parola stessa, includono un potenziale margine di errore, ma nell’epoca dei big data e dei super computer, ci si attenderebbe stime più accurate.
C’è chi tira fuori l’ipotesi complottista. «Le previsioni sono volutamente sbagliate, per non far arrivare all’opinione pubblica la verità». E c’è un’ipotesi scientifica. «La maggioranza delle stime economiche ignorano le scoperte delle neuroscienze». Uno degli assunti dell’economia classica è che le persone acquistino e determinino i loro consumi in maniera razionale, logica, quasi matematica. Uno dei principali indicatori è la fiducia. Si domanda alle persone qual è la loro visione del futuro, chiedendo di quantificare quanto sia meglio o peggio rispetto al passato. Se rappresentano una visione più rosea del futuro, allora si comporteranno in logica conseguenza, consumeranno di più. Il Pil linearmente crescerà. Questo assunto ignora le più recenti scoperte delle neuroscienze, ovvero il campo di studi che lega cervello e comportamento.
«Raramente le persone affermano e dichiarano quello che pensano», afferma Lorenzo Dornetti, psicologo specializzato in neuroscienze e Ceo di Agf Group, società che si occupa di strategie di vendita. Gli studi di Paul Ekman sulla menzogna mostrano come «inconsapevolmente ed in buona fede» mentiamo molto, molto più di quanto si potesse immaginare. Le «bugie bianche» hanno una frequenza altissima. Si tratta di affermazioni false che facciamo solo per far piacere agli altri, senza voler procurare loro un danno. «Pensate a quante volte rispondi “Bene, grazie” alla domanda “Come stai?”. In molti casi non ti senti affatto bene ma la tua affermazione è automatica perché il cervello è programmato per mantenere relazioni positive con le altre persone e questo determina una forte distanza tra quello che si pensa e ciò che si dichiara davanti agli altri», aggiunge Dornetti ricordando le clamorose smentite degli exit poll per la Brexit e per l’elezione di Donald Trump? «Usare una quantificazione di quello che le persone dicono è un pessimo dato iniziale per fare previsioni in scenari in cui non sappiamo come le persone si comporteranno», sottolinea.
Oltre il 60% di quello che chiamiamo «cervello» è sistema limbico. Questa parte del sistema nervoso centrale determina e regola le nostre emozioni. Molti studi mostrano che quando qualcuno sta acquistando qualcosa, il cervello limbico ha una super attività. Lo si capisce perché brucia più glucosio e ossigeno, ovvero la «benzina» con cui si alimenta il motore cerebrale. Le aree corticali, che governano il pensiero razionale cosciente, mostrano una bassa reattività quando acquistiamo. Questo funzionamento non vale non solo per gli «acquisti di impulso» ma anche quando compriamo convinti di fare scelte “razionali”. Se il comportamento di consumo è determinato dall’emozione di quel momento, allora la generale affermazione razionale di fiducia sarà poco utile a prevedere “logicamente” il comportamento.
Provate ad immaginare questa situazione. Avete un buon lavoro. La vostra azienda ha un buon bilancio. Sta addirittura assumendo nuovo personale. Avete ricevuto un piccolo aumento. Quindi razionalmente non ci sono pericoli. Affermerai che in generale vedi il futuro meglio dell’anno precedente. Tuttavia è rimasto impresso nella vostra memoria che un tuo conoscente ha perso il lavoro ed è stato sfrattato. È un ricordo ormai di 3 anni fa che non riuscite a dimenticare. Vi è dispiaciuto per lui e la sua famiglia. Soprattutto avete avuto paura. Vi siete immedesimati e avete percepito un brivido lungo la schiena al solo pensiero che vi potesse accadere la stessa cosa. Il cervello memorizza con forza gli eventi dotati di carica emotiva. Questo ricordo emerge proprio mentre vi state recando al supermercato semplicemente perché passi davanti al cartello con la scritta “affittasi” apposto davanti a dove abitava. Ecco quindi che con il vostro carrello, decidete, senza pensarci molto, che continuerete a comprare un solo vasetto di marmellata anziché due. Non si sa mai. Ecco un semplice esempio di come il comportamento di acquisto non sia guidato da un’analisi razionale (corteccia) ma da una dinamica emotiva (limbica).
«Se vogliamo previsioni economiche più accurate è necessario coloro che si occupano di economia e neuroscienze abbattano il muro ed inizino davvero ad elaborare modelli che considerino “l’uomo economico” per quello che è: un animale dalla razionalità molto parziale le cui scelte di acquisto sono guidate dalle emozioni, dai ricordi, dalle situazioni piuttosto che da affermazioni logiche e calcoli matematici», conclude Dornetti.
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