Professionisti dimenticati dalla manovra
Nel fine settimana la Cgia di Mestre, basandosi sui dati Istat, ha ricordato che dall’inizio della pandemia sono scomparsi 327.000 lavoratori autonomi. Un argomento che abbiamo affrontato ieri sul Giornale approfondendo con il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, le carenze della legge di Bilancio 2022 in materia di lavoro autonomo e partite Iva. Ecco che cosa ci ha raccontato nel dettaglio.
Presidente Stella, al momento la manovra per il 2022 ha conservato la flat tax al 15% per gli autonomi con ricavi fino a 65.000 euro. Poi, c’è poco altro...
«Purtroppo, la riforma dell’Irpef, che è uno dei passaggi ineludibili, continua a essere rinviata perché mancano sia il coraggio che le risorse per attuarla. Eppure sarebbe un passaggio essenziale affinché il settore non continui a perdere pezzi. La flat tax è utile ma non è sufficiente dopo che la pandemia di Covid ha obbligato molti professionisti a chiudere la propria attività».
La Lega ha presentato un emendamento al dl fiscale per aumentare fino a 100.000 euro di ricavi la flat tax come previsto dalla legge di Bilancio per il 2022.
«La flat tax fino a 100.000 euro sarebbe necessaria ma occorre ricordare che ha creato disparità di trattamento fra categorie e, inoltre, impedisce la crescita dimensionale degli studi professionali. Sarebbe più opportuno trovare un accorgimento per ridurre il grande salto fra la seconda e la terza aliquota Irpef (tra il 27% e il 38% che si applica ai redditi fra 28.000 e 55.000 euro; ndr). Bisogna ridurre le imposte per aiutare tutti i lavoratori, non solo gli autonomi».
È da un mese al Senato il ddl sull’equo compenso, approvato a ottobre alla Camera. Può rappresentare una svolta?
«È un testo da adottare il più presto possibile sia per i professionisti ordinisti o che per i non ordinisti. Spero che ci sia la riforma e che venga previsto e che sia in linea con le valutazioni di mercato. Il Covid ha messo in evidenza come le categorie professionali godano di pochi aiuti e quindi gli onorari rappresentano il loro unico mezzo di sostentamento. I lavoratori autonomi non hanno un’adeguata assistenza sanitaria, non hanno un welfare adeguato e hanno scontato più di altri il momento difficile dell’economia. Ci vorrebbero aiuti mirati».
E il Pnrr?
«Anche nel Pnrr le categorie sono state abbandonate dopo essere state lasciate indietro anche dai ristori post-Covid. Tanti hanno dovuto chiudere perché non avevano sbocchi adeguati: si finisce per pagare solo imposte e oneri, vessati da una burocrazia che incombe pesantemente. Le agevolazioni sono poche e il credito quasi inesistente perché ricorrere al credito è una sfida complessa».
Da quest’anno c’è l’Iscro, l’indennità per i professionisti alle prese con la crisi…
«L’Iscro, fruibile dai professionisti iscritti alla gestione separata Inps, è stato utile ma è una misura sperimentale perché prevede solo tre anni di vigenza. L’Inps è stata precipitosa nel prevedere aliquote contributive con decorrenza immediata. Visto che gli autonomi escono dalla pandemia, ritardare l’applicazione del contributo nel primo anno sarebbe stato utile anche perché è probabile che l’utilizzo sia ridotto. Poi, non sono state definite le politiche attive che sono fondamentali per coloro che hanno sofferto un calo del reddito del 30% da un periodo all’altro o hanno perso il lavoro. I previsti corsi di formazione non sono stati ancora attivati. Insomma, è un’incompiuta».
A proposito di politiche attive, ci sarebbe la riforma degli ammortizzatori sociali…
«Confprofessioni partecipa al tavolo del ministro del Lavoro Orlando. Crediamo che ognuno dovrà contribuire ai nuovi strumenti in maniera proporzionale all’utilizzo. Dovranno essere definiti i contorni e, soprattutto, la platea visto che l’Iscro si applica ai professionisti iscritti alla gestione separata Inps. Riteniamo che le nuove misure dovrebbero aiutare i professionisti nell’assistenza sanitaria e dovrebbero essere a carico della fiscalità generale. Per finanziare gli interventi di welfare per gli iscritti alle casse di previdenza sarebbe sufficienze eliminare la doppia tassazione in capo agli investimenti delle casse stesse (una prima volta nella fase della maturazione e una seconda nella fase dell’erogazione delle prestazioni; ndr). Insieme al Pnrr potrebbe rappresentare una misura per dare una mano al lavoro autonomo».
Si potrebbe collegare la moria degli autonomi al cambio di mentalità di un Paese sempre più abituato ai sussidi improduttivi come il reddito di cittadinanza?
«Non lo escluderei a priori, anche se spero che solo una quota residuale di autonomi cessi l’attività per farsi sussidiare. È molto più preoccupante il fatto che solo il 28% dei laureati vuole intraprendere un’attività di lavoro autonomo. D’altronde, i giovani si trovano in difficoltà ad abbracciare un’attività professionale con la burocrazia che imperversa e il fisco che non aiuta».
Gian Maria De Francesco