Pubblichiamo una nuova analisi dell’esperto di comunicazione Fabrizio Amadori sulla guerra tra Russia e Ucraina.

 

«Oggi si vedono soprattutto due potenze darsi da fare per sostenere l’Ucraina. Una sono gli Stati Uniti e l’altra è il Regno Unito. Entrambe tali potenze hanno fornito armi di difesa a Kiev e sono pronte a spingersi oltre, a fornire anche armi di offesa, con buona pace di chi sostiene che dato che l’Ucraina è destinata a perdere tanto vale che lo faccia subito così da evitare ulteriori, inutilissimi spargimenti di sangue, anche se a dettare le condizioni di pace fossero gli invasori stessi, ossia i russi.

Tra l’altro, manca la seconda parte di tale ragionamento, ossia come si dovrebbe comportare l’Occidente con la Russia dopo una pace simile: mantenendo le sanzioni? Cancellandole ma ridimensionando di molto i traffici con Mosca? Oppure aumentandole, soprattutto se le condizioni della pace andassero bene solo ai russi, se l’Ucraina e l’Occidente le accettassero, ripeto, solo per evitare ulteriori massacri, ma con questo rivendicando il diritto di esprimere la propria condanna coi fatti economici e finanziari. Dove ci porterebbe tutto questo?

Se l’Occidente accettasse viceversa di diminuire le pressioni economiche su Mosca dopo una pace di tal fatta, che sarebbe poi il motivo per cui la Russia acconsentirebbe di sedere seriamente ad un tavolo delle trattative dove dettare le sue condizioni all’Ucraina, questo sarebbe un bene per il futuro del mondo oppure no? La Russia non interpreterebbe tale scelta come un segno di debolezza dell’Occidente? Ed insomma, se l’Ucraina accettasse la resa cosa dovrebbe fare subito dopo l’Occidente con la Russia per non renderla vana? Non si tratterebbe di una doppia resa, quella dell’Ucraina con la Russia, dato che dovrebbe seguire a ruota quella dell’Occidente nei confronti di Mosca per renderla valida? Questo è il primo punto che a mio avviso merita di essere analizzato con grande attenzione prima di esortare l’Ucraina ad arrendersi per evitare il rischio di inutili stragi, a partire da quelle dovute ad un bombardamento nucleare se Mosca si dovesse trovare in serie difficoltà sul campo. Ma ci tornerò.

Faccio riferimento ora, invece, alla questione delle forniture di armi. Alcuni sostengono che l’attivismo dei due Paesi anglosassoni sia dovuto al loro spirito guerrafondaio, dimenticando però un fatto: e cioè che furono proprio tali potenze a sottoscrivere il Memorandum di Budapest nel 1994 con l’Ucraina e con la Russia dove si diceva che Kiev avrebbe ceduto le sue cinquemila testate atomiche a Mosca a patto che quest’ultima non avesse mai attaccato l’Ucraina. Erano Usa e UK a farsi garanti di una situazione del genere. Putin, come sappiamo, ne ha fatto carta straccia e non esiste alcuna minaccia reale da parte di Kiev verso Mosca capace di giustificare tale scelta, soprattutto se si tiene conto di quale sia il mio punto di vista a proposito di Putin quando si parla di interessi legittimi della Russia difesi da lui.

Che razza di interessi legittimi della Russia può difendere uno come lui, uno che ha ridotto la federazione ai livelli di un’autocrazia fondata su gas e petrolio come quelle dei Paesi arabi? Io credo nessuno. Di quale Russia si sta parlando, infatti, quando si dice che bisogna tener conto dei suoi interessi legittimi? Quella aperta e avanzata che avrebbe potuto svilupparsi dopo le prima riforme di Eltsin o quella diventata una realtà pericolosa come la Russia di Putin? Perché questa è, secondo me, la domanda delle domande. E, per fortuna, stanno incominciando a porsela in molti, ormai, nel mondo.

Ma, per tornare agli Usa e al Regno Unito, è ovvio che ne va del loro prestigio internazionale di non sottrarsi alle conseguenze del tradimento del Memorandum del 1994 da parte di Mosca. Non è insomma la situazione attuale che può provare una particolare natura guerrafondaia di Usa e Regno Unito, a prescindere da cosa pensi io di entrambi questi paesi per alcuni aspetti importanti, alcuni dei quali si possono trovare esposti chiaramente in diversi miei articoli scritti nel corso degli anni.

Ed infatti non possiamo comunque fare gli ingenui quando si tratta delle due maggiori potenze anglosassoni, e alcune domande vengono spontanee. Una guerra prolungata nella periferia dell’Europa (si dice spesso “al cuore”, ma mi sembra una definizione esagerata) e alle porte della Ue può giocare a favore degli interessi degli Usa e del Regno Unito post Brexit? Un significativo indebolimento dei rapporti tra Russia e Unione europea, sempre più probabile via via che la guerra si inasprisce anche con uccisioni di civili e fosse comuni, non è uno dei fattori chiave della rivincita della politica estera americana nel Vecchio Continente? Ma questa semplice considerazione non contribuisce a confermare quanto si diceva prima, ossia che non è affatto chiaro cosa succederebbe anche dopo una pace tra Kiev e Mosca dove a proporre la resa sia l’Ucraina? Davvero gli Usa accetterebbero di fare la parte di chi «ingoia il rospo» per rendere concreta la pace tra Kiev e Putin, col risultato di dare lustro e legittimità al regime di Mosca che ha avuto e ha tuttora, tra l’altro, tantissimi sostenitori in un continente europeo attraversato da populismi continui, e popolato da individui che ancora oggi non sono disposti a condannare Putin? Non sono disposti a condannarlo oggi, figuriamoci quindi domani, quando le acque si saranno almeno in parte calmate.

Ovviamente, sarebbe interessante capire cosa pensi il popolo americano sulla guerra e su Putin, e in particolare quella parte che magari sostiene Trump sulle questioni economiche ma che ha sempre visto come il fumo negli occhi il dittatore russo. Pensa forse Biden di poter pescare tra questo elettorato se riuscisse a bloccare l’invasione, se potesse cioè rivendicare una parte importante di un ridimensionamento della Russia? Perché è chiaro che la strategia americana è cambiata col tempo. Prima molto più cauta, oggi più spregiudicata. Potrebbero essere stati i risultati sul campo di battaglia a fare la differenza, ma anche le valutazioni di tipo elettorale, per non ipotizzare, infine, una maggiore influenza dei falchi dello staff della Casa Bianca su un presidente del quale molti commentatori politici hanno messo spesso in evidenza gaffe e irrisolutezze.

Ovviamente molto di quanto ci riserva il futuro rispetto al conflitto dipenderà dalle mosse dell’Unione europea, la quale potrebbe anche accettare un graduale allentamento delle sanzioni alla Russia dopo la resa dell’Ucraina, se mai ci sarà, se mai sarà richiesta da Kiev e, soprattutto, se mai sarà accettata da Putin a prescindere da condizioni imposte all’Occidente a vantaggio di Mosca. L’Unione europea potrebbe anche accettare un allentamento delle sanzioni contro Mosca ma mai di riprendere i vecchi rapporti ante guerra; non finché al Cremlino ci sarà Putin. Probabilmente verranno valutate diverse variabili, cosa si può concedere a Mosca senza che questo sembri un segno di debolezza, quale parte far recitare all’Europa rispetto agli Usa, o viceversa, in modo che un’Europa apparentemente più disposta al dialogo possa giustificare certe rigidità imputandole a Washington, in una sorta di gioco delle parti».

Fabrizio Amadori

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