Nel corso del weekend ha fatto scalpore l’accertamento di 11 milioni non dichiarati da parte di sette influencer e content creator da parte della Guardia della Finanza di Bologna. Il clamore è stato suscitato dal coinvolgimento di nomi celebri come Gianluca Vacchi, Luis Sal e le tiktokers (nonché star di OnlyFans), Giulia Ottorini e Eleonora Bertoli. L’eco mediatica è stata determinata proprio dal fatto che la vicenda riguardi personaggi molto popolari sul web. Ma per gli affezionati di «Wall & Street» questa non è una novità perché proprio venerdì scorso vi avevamo informato della circolare emanata dal comandante generale della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro, in applicazione dell’atto di indirizzo del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E queste direttive presuppongono proprio l’incremento della base imponibile, scavando da una parte sui ricavi degli operatori e-commerce grandi e piccoli e dall’altro lato, più in generale, su tutti quei rapporti economici che proprio nella Rete (ma sarebbe meglio dire sui device) vivono. Non solo questo vi avevamo anticipato, ma anche la contestazione di 1,2 milioni a due gamer totalmente sconosciuti all’erario. Gli accertamenti, ovviamente, non comportano il recupero dell’imponibile contestato tout court, ma dell’imposta eventualmente evasa più interessi e sanzioni. A questo proposito occorre ricordare che Luis Sal ha spiegato di aver  «sempre dichiarato tutto, pagato tutte le tasse, spesso in anticipo, a credito». Vacchi, tramite il suo legale Gino Bottiglioni, ha diffuso una nota per chiarire la sua posizione. «Ad esito di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza relativamente all’attività professionale artistica per i periodi di imposta 2017-2019 – è scritto – la maggior imposta accertata dai verificatori ammonta a circa euro 6mila e si riferisce, non a proventi occultati, ma a costi dei quali è stata contestata la piena deducibilità».

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L’accertamento della guardiadifinanza di Bologna nei confronti di 7 contentcreator impone una riflessione: per lavorare nella DigitalEconomy serve un commercialista. fisco LuisSal GiuliaOttorini GianlucaVacchi EleonoraBertoli pornotax Link nel primo commento

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La parte più interessante, tuttavia, riguarda la traiettoria seguita dal governo. Lo scorso 2 agosto nel corso di un intervento alla Festa della Lega Romagna il ministro Giorgetti aveva anticipato quelle linee guida che oggi vediamo tradotte dalla Finanze. In primo, luogo, la stretta sugli influencer che spesso sono sconosciuti al Fisco. Poi, l’applicazione della global minimum tax, che nella delega fiscale ha trovato applicazione con il prelievo del 15% sui colossi del web. Ultimo, ma non meno importante, il concordato preventivo biennale per consentire a imprese e partite Iva di «barattare» un aumento dell’autoliquidazione con l’esenzione dai controlli, fatta salva l’inosservanza delle norme. L’obiettivo del concordato è proprio concentrare l’attenzione delle Fiamme Gialle su coloro che non rispondono alle sollecitazioni delle Entrate e creare una sorta di pacificazione con il contribuente “volenteroso”.

Ci sono, infine, due dati di cui non si può non tenere conto in questa vicenda. Il primo è il sempre maggiore utilizzo dei social network per effettuare data mining sui potenziali evasori. Dopo la pubblicazione della notizia in rete è iniziato a circolare il video in cui Giulia Ottorini si vantava di aver speso 30mila euro in quattro giorni. È una prassi che gli autonomi conoscono bene perché lo spesometro monitora continuamente non solo le loro carte di pagamento, ma anche i prelievi ai bancomat in modo tale che i redditi dichiarati siano confrontati con lo stile di vita praticato. Se tutto questo vi ricorda il Grande Fratello, fatevene una ragione: il Fisco ormai funziona così e tutti noi dovremmo imparare a difendere meglio la nostra privacy evitando sempre le ostentazioni (prassi che è anche sinonimo di buona educazione). Il secondo fatto è la segnalazione all’Agenzia delle Entrate dell’applicazione di una particolare addizionale alle imposte sul reddito introdotta dalla legge di bilancio 2006 a carico di chi produce, distribuisce, vende e rappresenta materiale per adulti anche in formato multimediale, per un totale di circa 200mila euro. Si tratta della famigerata pornotax introdotta diciotto anni fa dalla relatrice della manovra, l’attuale ministro del Turismo Daniela Santanché. La tassa sulla pornografia è sempre stata una bandiera di Alleanza Nazionale, oggi migrata quasi interamente in Fratelli d’Italia, ossia un prelievo su un’attività considerata poco morale indipendentemente dal suo rilievo economico. Il gettito della pornotax è destinato agli interventi a favore del settore dello spettacolo. Ma del resto delle tasse che paghiamo possiamo dire a che cosa servano realmente?

Gian Maria De Francesco

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