“…se poi risulta che sono portatrice sana del batterio meningococco e, in futuro, farò un figlio con un portatore sano, il bambino nascerà con la meningite…”.

È un effetto della meningite spiegata a quindicenni liceali, quando nessuno in classe osa fare domande. In cattedra ci sono i medici dell’ospedale Policlinico. L’obbiettivo è reclutare adolescenti per uno studio osservazionale: si vuole scoprire se, e quanto, è presente il batterio fra i giovani. Chi aderirà, si sottoporrà a tampone naso-faringeo. Al momento sono stati reclutati più di mille studenti milanesi.

I medici hanno sicuramente detto che la presenza del batterio nel naso o nella gola (diffusa dal 2 al 30% della popolazione) non vuol dire che ci si ammalerà. La grande scommessa è proprio scoprire come mai, il meningococco, pur presente in diverse persone, provochi la malattia in rari casi, spesso con esiti devastanti. 

Avranno anche spiegato, i medici, che l’essere portatori di meningococco è una condizione temporanea, che può durare da settimane a mesi, che spesso scompare senza provocare nemmeno un mal di gola. E che quando il batterio se ne va lascia in corpo anticorpi specifici (cliccate a pag 30 del Rapporto Istisan).

Ma è probabile che i ragazzi non siano stati attenti. O che non abbiano capito.

Per questo oggi ci impegniamo a chiarire l’argomento.

(Ps. Talvolta facciamo girare il mondo per un verso insolito: spiegazioni così delicate, su una malattia che incute molti timori, si impartiscono ai ragazzi senza coinvolgere gli adulti. Al contrario, le presentazioni delle facoltà universitarie sono affollate di genitori e assenti i diretti interessati. Pare che al Politecnico di Milano l’open day di ingegneria sia stato rimandato perchè erano presenti solo mamme e papà…)

 

Cos’è la meningite. 

È un’infiammazione delle membrane (le meningi) che avvolgono il cervello e il midollo spinale. La malattia può essere virale, batterica o causata da funghi. La prima ė la forma più comune, di solito non ha conseguenze gravi e si risolve nell’arco di 7-10 giorni. La forma batterica è più rara ma estremamente più seria, e può avere conseguenze fatali.

La contagiosità di quest’ultima è molto bassa, il batterio vive al di fuori dell’organismo soltanto pochi minuti e si trasmette da una persona all’altra attraverso le goccioline di saliva e le secrezioni nasali. I casi di malattia sono sporadici e solo nello 0,5% dei casi avvengono tramite contagio col malato.

Vi sono 13 sierogruppi di meningococco ma solo sei causano malattie gravi: A, B, C, Y, X e W135. (Fonte: ISS)

 

L’incidenza.

L’incidenza di tutte le malattie da meningococco fra i 15-19 enni è dello 1,1 ogni 100.000, pari a una malattia rara (0,52 ogni 100.000 si ammalano del gruppo B, il più diffuso). Ma la mortalità, in caso di esordio, è alta, dall’8 al 40%.  L’Italia in Europa, è fra i Paesi a incidenza più bassa. Rapporto Istisan pag 30 e 47.

 

I vaccini.

Fino al 2007 il vaccino anti meningococco era raccomandato alle persone con deficit del sistema immunitario. Dal 2012 il tipo C è stato introdotto anche per i neonati e gli adolescenti (gratuito e non obbligatorio). Nel 2013 la Commissione europea ha autorizzato un nuovo vaccino contro il meningococco di tipo B ma nessun Paese – tranne la Gran Bretagna e l’Italia – ha ritenuto opportuno inserirlo nei programmi delle prossime vaccinazioni. Cliccate pag 49-53. Belgio, Portogallo e Germania aspettano di vedere i dati, Spagna e Francia lo propongono solo ai soggetti a rischio, l’Irlanda ha affidato gli studi a un organismo indipendente, l’Inghilterra lo ha accolto a patto di ridurre i costi ed eliminare qualche vaccinazione dal calendario dei bambini (?)

E in Italia? Molte sono le perplessità da parte degli esperti, fra questi l’Istituto Superiore di Sanità: criticità che vanno dalla sicurezza all’efficacia clinica. “Non sono disponibili dati sufficienti sulla frequenza di reazioni avverse” si legge a pag 29 e, poche righe più sotto, si dice che “la protezione data dalla presenza degli anticorpi è certa fino a 3 anni”. Nonostante ciò quel vaccino è pronto per i nostri figli, compare nel nuovo e costoso piano vaccinale 2016-18, che ancora non è stato approvato.

Lo si trova in commercio con il simbolo del triangolo nero rovesciato stampato sulla scatola, il che significa “soggetto a monitoraggio addizionale” (ma chi la vede, la scatola del vaccino, quando porta il figlio a fare la vaccinazione?), in foto e pag 26 .

 

Lo studio osservazionale.

Condotto dalla Fondazione IRCSS Ca’ Granda e dall’ospedale Maggiore Policlinico di Milano, lo studio vuole individuare il numero degli adolescenti portatori, evidenziare i sierogruppi più diffusi, quindi supporre “la teorica efficacia dei vaccini disponibili sui portatori”.

La responsabile dello studio, Susanna Esposito, professore associato all’Università di Milano e direttore della Clinica pediatrica milanese “Alta intensità di cura” ha già svolto un’analoga indagine quattro anni fa. Su 1.375 ragazzi, il 6% è risultato positivo al gruppo più diffuso, il B. Qui.

Quanti ragazzi hanno aderito quest’anno?

“Avremmo voluto arruolare 1.200 adolescenti di 10 scuole ma l’adesione ha superato le aspettative, siamo già a 1.500 alunni e sette scuole.”

Se lo stato di portatore è transitorio, il batterio oggi c’è domani non c’è, che senso ha questo studio (oltre a quello di pubblicarlo?)

 “Tutti gli studi epidemiologici sono una fotografia di una realtà mutevole ma anche il modo per descrivere i sierogruppi circolanti. Non è intelligente aspettare un’epidemia di meningite per svolgere una ricerca su un batterio verso cui esistono vaccini efficaci. D’altra parte, anche un’epidemia descrive una realtà mutevole ma si cerca di fare di tutto per contenerla. E’ vero che non tutti i portatori di meningococco si ammalano ma è anche vero che in età adolescenziale si verificano dei casi di malattia”.

Ripeterete il tampone sui ragazzi per vedere quanto persiste la positività?

“No, questo studio non ha la finalità di descrivere la persistenza dello stato di portatore e, quindi, non verranno ripetuti i tamponi”.

Cosa consiglierete ai portatori sani, di fare il vaccino o di prendere un antibiotico?

“I genitori dei ragazzi positivi verranno informati, la scuola no. Non c’è indicazione di per sé al trattamento del portatore ma è chiaro che essendo il meningococco un batterio invasivo, può essere valutata l’opportunità di una terapia con l’antibiotico rifampicina 20 mg/kg/die per 2 giorni. La scelta se dare o meno l’antibiotico a un portatore sano sarà da discutere tra genitori e medico curante. Non vi è alcuna imposizione, è tuttora un argomento di discussione in letteratura su cui alcuni possono essere favorevoli al trattamento e altri no. Sul vaccino, non forniremo indicazioni. Il vaccino coniugato contro i meningococchi ACYW è raccomandato negli adolescenti in gran parte del mondo e in alcuni Paesi è raccomandato anche il vaccino contro il meningococco B che è stato inserito nel prossimo piano vaccinale”.

 

La pressione selettiva.

Ha senso vaccinare a macchia di leopardo, un po’ qua e un po’ là, pretendendo di contrastare solo alcuni ceppi dei virus? Per riuscire a sradicare una malattia occorre evitare la cosiddetta pressione selettiva, un fenomeno biologico tipico di virus e batteri che gli addetti ai lavori conoscono bene.

Ce lo spiega Michele Grandolfo, che è stato dirigente di ricerca al Centro nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute dell’ISS (Istituto superiore Sanità) e responsabile della vaccinazione anti morbillo. “Quando abbiamo a che fare con diversi ceppi di un virus dovremmo fermarli tutti insieme contemporaneamente su tutta la popolazione, come fece Sabin con l’antipolio: in poco tempo vaccinò tutta la popolazione con un vaccino che comprendeva tutti i sottotipi. Se, al contrario, si ha la pretesa di contrastarne solo alcuni, come è successo con lo pneumococco (una forma di meningite) e come rischia di accadere con il papilloma, ecco che si favorisce la circolazione degli altri ceppi. È un fenomeno biologico e ben conosciuto: quando in una gara elimino i corridori più forti, i più deboli arrivano prima. E rimangono liberi di contagiare”.

In proposito vi consiglio di leggere l’intervento di Vittorio De Micheli, responsabile delle epidemiologia delle vaccinazioni e delle malattie infettive per la Regione Piemonte e attualmente vicedirettore in l’Assessorato sanità del Piemonte. De Micheli è anche esponente di spicco del Cochrane Vaccine Field, noto per le revisioni indipendenti sull’efficacia dei vaccini. Qui.

Per chi volesse saperne di più sul caso toscano (che, secondo l’Oms, non ha affatto numeri da epidemia) suggerisco gli articoli su AsSis del pediatra Eugenio Serravalle, qui, qui e qui.
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