L’Esercito di Terracotta e la Grande Muraglia ma anche i grattacieli di Putong e la movida notturna. La Cina con i suoi volti, ambiziosi e creativi. Con un occhio strizzato all’Occidente

 

Ambiziosa, vivace, per tanti aspetti stupefacente. Shanghai, 26 milioni di abitanti e il maggiore porto commerciale al mondo, è un alternarsi di situazioni che viaggiano veloci (come il suo treno a levitazione, 400 km/h che collega la città all’aeroporto internazionale) tra passato e futuro, tanto che qui il presente sembra essere sempre già superato. Lo esemplifica il Bund, che costeggia il fiume Huangpu, con i suoi edifici Art Déco, vestigia di una globalizzazione ante litteram che diede alla città negli anni ’30 l’appellativo di “Parigi d’Oriente”, durante il periodo delle concessioni straniere (1845-1941), con l’antica Dogana costruita dagli inglesi nel 1927 che ricorda Saint Martin-in-the-fields di Londra. Le atmosfere nostalgiche dell’anteguerra allo storico Peace Hotel, con le note notturne dell’orchestra jazz, sono una bolla del passato, la mondanità si pratica nei bar notturni dell’elegante Xintiandi o al Bar Rouge, al 7f del Bund, con vista strepitosa sullo skyline di Pudong o ancora al civico 3 con i suoi bar e ristoranti realizzati da Michael Graves. Di fronte bucano il cielo fuligginoso i grattacieli di Pudong (un’isola di 500 kmq grande quanto Singapore) dove svetta la Shanghai Tower, il secondo grattacielo più alto al mondo (632 m). Per ammirarli molto suggestiva la crociera notturna, ma si consiglia anche l’ascesa sulla Oriental Pearl TV Tower. Per lo shopping delle firme internazionali (con tanto made in Italy) si va lungo via Nanjing, la prima strada costruita dagli inglesi.

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Lo skyline di Pudong a Shanghai. Credit: Elena Pizzetti

 

Se si vogliono contemplare immobilità e silenzio occorre rifugiarsi nel giardino Yu yuan (del piacere) di epoca Ming, terminato nel 1577 dopo 18 anni di lavori. Quasi “tormentato”, senza percorsi rettilinei ma serpeggianti e mai prevedibili, invita a sentire la forza di un fiore o di una roccia, l’arrendevolezza di un ramo che cede alla carezza del vento. Roccia e acqua conservano qui il loro significato cosmico: pietre calcaree torturate dalle acque, dalle forme singolari, prese dai fondali dei laghi formano montagne in miniatura che sfidano le leggi dell’equilibrio ed evocano nuvole in volo o animali mitologici. I padiglioni hanno sempre le soglie alte per intimorire gli spiriti maligni che in Cina non sanno scavalcare e procedere in modo obliquo. Da provare, un tempo parte dei giardini, la tea house Huxinting, e i ravioli cotti al vapore con ripieno di polpa di granchio del vicino ristorante Nanxiang, senza dimenticare una visita alla farmacia tradizionale Tong Hanchun. Scorre l’eleganza nel quartiere francese con la via della moda internazionale Huai hai e il Museo delle arti e dei Mestieri, ex dimora del comandante della concessione, con giade, ricami e straordinari calamai in pietra. Ancora oggi si usano alle scuole elementari, e quando nasce un bambino il barbiere crea con i capelli un pennello a ricordo, simbolo dell’eterno amore che i cinesi hanno per l’arte calligrafa.

 

IL giardino Yu yuan di epoca Ming a Shanghai

IL giardino Yu yuan di epoca Ming a Shanghai

Molto interessante l’Urban Planning Exhibition Hall in Piazza del Popolo (dove un tempo esisteva l’ippodromo inglese), così come il Museo di Shanghai e l’area dell’EXPO 2010, dove i padiglioni più visitati sono stati mantenuti e alcuni, come quello francese di Jacques Ferrier, destinati a esposizioni di arte contemporanea (Misheng21). Di nuovo a ritroso nel tempo a Tian Zi Fang, nella concessione francese, quartiere anni ’30 di artisti e piccoli locali con le classiche case Shikumen che mixano oriente e occidente, dove un tempo vivevano i cinesi che si rifugiavano nelle concessioni per sfuggire alle incursioni giapponesi. L’inquinamento è feroce: per limitare il numero delle auto (molte le Audi e le BMW ma si vedono anche Lamborghini) le targhe sono messe all’asta (e se hanno diversi 8, numero fortunato che porta ricchezza, possono costare anche 40 o 50 mila euro). Per dormire, logisticamente comodo ed elegante il Central Hotel Shanghai.

Ritratto di un guerriero dell'Esercito di Terracotta. credit: Elena Pizzetti

Ritratto di un guerriero dell’Esercito di Terracotta. credit: Elena Pizzetti

8.000 guerrieri formano l'Esercito di Terracotta. credit: Elena Pizzetti

8.000 guerrieri formano l’Esercito di Terracotta. credit: Elena Pizzetti

La megalomania che conquista il cielo non è altro che il continuum di quella che millenni fa conquistava il sottosuolo per un sereno aldilà. Ne è esempio l’esercito di terracotta a Lintong, vicino all’antica capitale di Xi’an, punto di arrivo e partenza lungo la via della Seta, voluto dall’imperatore Qin Shi Huang che unificò la Cina nel 221aC e riprodusse l’esercito per sua difesa eterna. Più di 8.000 guerrieri silenziosi abbigliati diversamente secondo i ranghi (e alti da 1,76 a 1,93 cm) ma dalla forza impressionante, quasi come se trattenessero ancora la vita di chi li ha creati (ovvero ben 700.000 operai), con cavalli, arcieri, cavalli e perfino acrobati, schierati lungo diversi fossati e, un tempo, interrati. Derubati dall’imperatore successivo delle loro armi. La scoperta avvenne nel ‘75 da parte di alcuni contadini (e uno dovreste trovarlo ancora al negozio adiacente il museo per autografare i libri), ma gli scavi continuano. Rispetto a Shangai, Xi’ang è un microcosmo: un milione di studenti, antiche mura Ming di 12 m di altezza percorribili a piedi o in biciletta, la porta della campana che suonava all’alba e del tamburo che annunciava il calare delle tenebre, illuminate magistralmente la sera, l’elegante Grande Pagoda dell’Oca Selvatica, e un quartiere straordinario, quello islamico, popolato dalla comunità hui formata da 80.000 persone, colorato e lindo, con tanto gustoso street food che spazia dagli spiedini di gamberi reali ai sacchetti di noci tostate ai succhi di melograno. Ma non dimenticate i ravioli: ottimi dal Defachang Dumpling Restaurant. Notte serene al Sofitel Xi’an .

Volti nel quartiere islamico di Xi'an popolato dalla comunità uhi . Credit: Elena Pizzetti

Volti nel quartiere islamico di Xi’an popolato dalla comunità uhi . Credit: Elena Pizzetti

Ed eccoci nella capitale. Pechino, grande come il Lazio, catene montuose di cemento tagliate da sei tangenziali (la sesta è lunga 220 km) come un gioco di scatole cinesi e sferzate da tempeste di sabbia dal deserto dei Gobi , che si trova solo a 500 km. Il cuore antico e impenetrabile degli hutong, i vicoli, che nella loro geometria dovevano riflettere quella celeste, sui quali si affacciano i siheyuan, “cortili chiusi da 4 lati”, la tradizionale casa pechinese. Grigia, con un portone rosso che si apre su un muro, invalicabile muraglia per gli spiriti maligni. Gli edifici affacciati ma non comunicanti (secondo il feng shui non si devono aprire porte in queste pareti), gabbiette con uccellini e alberi nel cortile. Alcune antichissime, oggi per fortuna, dopo tante distruzioni, rivalutate. Come le mura, distrutte: il Comune sta acquistando i vecchi mattoni presi dai contadini e li paga a peso d’oro per poterne ricostruire un pezzo. L’immenso vuoto di piazza Tiennamen e il giallo imperiale della città segreta, (sui tetti ognuno ha il suo colore: il verde spetta all’aristocrazia, il grigio alla borghesia e guai a sbagliare). E poi la creatività dell’area 789: artisti e fotografi vivono e creano in questa enorme ex area industriale. Per vivere momenti mondani la sera sono imperdibili la lounge all’80esimo piano dell’Hotel Shangri-La con musica live e panorama mozzafiato; l’anatra laccata da Shuang Jing Xuan e la Leggenda di Kung Fu al Red Theatre.

La Grande Muraglia costruita a partire dal 215 a.C. circa per volere dell'imperatore Qin Shi Huang. Credit: Elena Pizzetti

La Grande Muraglia Costruita a partire dal 215 a.C. circa per volere dell’imperatore Qin Shi Huang. Credit: Elena Pizzetti

L’ultima tappa è La Grande Muraglia, costruita a partire dal 215 a.C. circa per volere dell’imperatore Qin Shi Huang, lo stesso dell’Esercito di Terracotta. Sperando nel cielo terso, una sola raccomandazione: ascoltate il vento che qui ha una qualità particolare perché trasporta suggestioni di immense praterie e di tempi lontani.

 

Elena Pizzetti

@ElenaEpizzet

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