Misteri e intrighi nella Roma di Ernesto Di Gianni
La Roma degli anni Sessanta è un caleidoscopio in continua evoluzione, terreno fertile per una straordinaria esplosione di creatività che coinvolge in primo luogo gli artisti, ma poi ogni altro settore della società. Con gli effetti del boom economico si stava infatti ridefinendo il volto dell’intero Paese, e la città, già di suo impregnata di persistenti contraddizioni, si carica di una dualità affascinante. Da un lato, si avverte l’eco delle sue radici millenarie che nel quotidiano si traduce talvolta in indolenza o arrendevole cinismo. Dall’altro, emerge la spinta inarrestabile verso il cambiamento che, alimentata dall’incipiente vortice consumistico, ridisegna quartieri e identità sociali e di classe.
Roma, all’apparenza immutabile nella sua bellezza senza tempo, diventa così laboratorio vivace e caotico dove si tenta di preservare il legame con le tradizioni ma, allo stesso tempo, sprigiona energia dirompente fatta di nuove idee e aspirazioni.
In questo scenario pulsante di vita vera, esondante di sfumature e contrasti, si muove Ernesto Di Gianni, personaggio nato dalla fantasia di Giuseppe Del Ninno e protagonista de La vedova nera (Bietti, p.194). Galoppino tuttofare dell’agenzia investigativa Italmondo, è descritto da Stenio Solinas nella introduzione come un «quarantenne scapolo sovrappeso e fuori forma, dal frigorifero perennemente vuoto, come in fondo è vuota la sua vita relazionale».
Una figura letteraria che, nonostante tutto, riesce a incarnare lo spirito di quei tempi fungendo quasi da filtro attraverso cui osservare la città e la sua sempre più variegata fauna umana. Con uno sguardo apatico e quasi del tutto disilluso, Ernesto affronta la realtà con una impenetrabile ironia che, però, emerge negli asciutti e spassosi dialoghi, vicini alla migliore commedia cinematografica italiana. Attraverso di lui, Del Ninno non solo snoda la trama, ma esplora i tratti distintivi dei nuovi contesti sociali in via di formazione, mettendo a fuoco incoerenze, ossessioni e tratti distintivi di una nascente borghesia.
Traduttore, giornalista e scrittore, Del Ninno vanta una lunga e prolifica collaborazione con riviste e periodici. E queste connessioni tra più piani di interessi si nutre anche della sua grande passione per il cinema, che lo ha portato a realizzare negli anni passati una corposa trilogia composta da Ecce Alien, A schermo spento e Piombo, sogni e celluloide. Opere in cui approfondisce il simbolismo artistico e il modo in cui cinema e letteratura raccontano i cambiamenti della società e il nostro complesso rapporto con una realtà sempre mutevole. Una sensibilità analoga che emerge anche in La guerra addosso, dove Del Ninno attraversa il Novecento, tra le due guerre, intrecciando ricordi familiari e memorie collettive cercando di scavare, oltre la coltre della quotidianità, le dinamiche che modellano le esperienze umane.
La vedova nera è un’opera costruita nel tempo, come un mosaico che si arricchisce di dettagli, e racconta la storia di una donna alle prese con il mistero del destino del marito, tra morte, presunta o reale, e una scomparsa inspiegabile ma un’indagine che rinvia anche ai dubbi esistenziali dell’investigatore.
Sopra ogni cosa, un libro che evidenzia la capacità di Del Ninno nel creare un flusso narrativo inarrestabile, con uno stile rapido ed essenziale. Immagini vivide che abbandonano ogni formalità e un registro immediato e dinamico. Man mano che scorrono le pagine cresce in maniera del tutto naturale l’interesse del lettore e allora, per dirla con un’espressione presa dal mondo del cinema, e tanto cara all’autore: “Buona la prima!”.