Mi rattrista dirlo ma purtroppo viviamo in una società dove l’invidia e la cattiveria verso gli altri la fanno da padrone. Viviamo incollati a i telefonini e alla Rete. Pratichiamo sport estremi, siamo ossessionati da cibi e diete sempre più radicali. E non crediamo quasi più a nessun ideale sano. Quello che ci unisce è, da una parte la rabbia e l’invida verso tutti i potenti del pianeta, politici, manager o artisti di successo. Dall’altra, il panico per il futuro sempre più incerto.

La percezione sociale dei vizi capitali sta molto cambiando sull’onda dello sdoganamento di alcuni di essi attuato dai mezzi di comunicazione di massa. Molti ormai si vantano di essere lussuriosi, golosi o superbi. L’ira viene ampiamente mostrata in diretta nei principali talk show come elemento propositivo. L’accidia viene considerata dai giovani che vivono nell’ozio costante come naturale approdo della loro esistenza dato che la società non offre ciò che avrebbero desiderato. Rimangono connotazione negative sociali per l’avarizia e l’invidia. In particolare quest’ultima è assolutamente inconfessabile e tenuta gelosamente nascosta. Negli ultimi anni è divenuta il vizio più celato di cui vergognarsi. In realtà tutti siamo invidiosi e proprio perché abbiamo paura ad esprimere questa parte della nostra personalità soffriamo intensamente nell’avvertire in noi questo sentimento. Possiamo facilmente individuare negli altri i segni dell’invidia ma, immancabilmente, negheremo di esserlo noi. L’invidia viene bollata negativamente perché rappresenta, in una società votata al successo, una fragilità interiore, scarsa autostima e paura di non essere all’altezza delle aspettative sociali. L’imperativo categorico della nostra società è essere sicuri di se tanto che abbondano i corsi volti a conferire , in modo surrettizio, un atteggiamento di sicurezza a chi non lo possiede. Sarebbe opportuno che si provasse a trasmettere ai ragazzi l’idea che il sentimento di invidia è normale, da contrastare dentro di sé per non venirne travolti, ma comprensibile e, in casi specifici, utile per la nostra vita. In campo politico l’invidia è spesso malcelata. E’ usata come accusa dispregiativa nel momento in cui si è coniata la famosa categoria dei gelosoni rosiconi. In quasi tutti i partiti sopratutto assistiamo spesso a dispute che apparentemente vengono ammantate di motivazioni ideali e ideologiche ma che capiamo essere frutto solo di invidia. Spesso è in atto una diatriba fra un leader riconosciuto e uno o più competitor che affermano di essere tali per motivi nobili e ideali ma che riconosciamo essere rosi dall’invidia. A sua volta il leader è invidioso della visibilità che gli altri stanno acquisendo e cerca, per questo di denigrarli e contrastarli. Tornando all’esempio precedente se questo normale sentimento viene espresso e accettato e porta i vari politici a cercare di essere uno meglio dell’altro è costruttivo. Se invece viene celato e nascosto può portare ad un atteggiamento distruttivo per cui peggio va l’Italia meglio è o meglio distruggere il proprio partito piuttosto che lasciarlo al mio avversario. L’invidia, precisa inoltre la morale cattolica, è un vizio capitale che non dipende da cause esterne, ma dalla malvagità del cuore dell’uomo e laddove l’uomo pone il suo tesoro.
Gesù lo disse ai suoi discepoli: “Dal cuore provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie” . La teologia evidenzia che chi pone al centro di tutto il proprio “io” è spinto alla tristezza per il bene degli altri.
San Tommaso, qualificò l’invidia come “la tristezza dei beni altrui” e rilevò che mentre è logico che la tristezza sorga per il male proprio, con l’invidia accade il contrario: il bene altrui è creduto un male proprio perché si pensa possa sminuire “la propria gloria o la propria eccellenza”.
Per cui l’odio e l’invidia che piovono addosso a molti politici o a persone molto in vista, alla fine, sono sentimenti umani. www.IlGiornale.it

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