I dati pubblicati da Istat qualche giorno fa mostrano un’Italia in crisi. La povertà assoluta è tornata a crescere, toccando il valore più elevato dal 2005, anno in cui si è adottato questo indicatore. Secondo le stime preliminari, nel 2020 le famiglie in povertà assoluta risultano essere superiori ai due milioni (il 7,7% della popolazione) per un numero complessivo di individui pari a 5,6 milioni (9,4%).

I miglioramenti che si erano registrati nel 2019 si sono azzerati a causa della pandemia. Particolarmente al Nord, dove si contano oltre 218.000 famiglie e 720.000 individui in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza, rispetto all’anno precedente, che passa dal 5,8% al 7,6% nel primo caso e da 6,8% al 9,4% nel senso. Nel Centro Italia, le persone in povertà sono 128.000 in più rispetto al 2019, mentre al Sud si è registrata una crescita di quasi 186.000 unità (col tasso di incidenza più elevato della Penisola).

Ma chi sono questi individui, queste famiglie? Si tratta di lavoratori onesti, impegnati tutto il giorno per offrire un sostegno alla propria famiglia. Sono loro ad aver sofferto più di altri l’arrivo del Covid-19. Oltre la metà delle famiglie che oggi si possono definire in stato di povertà assoluta hanno come persona di riferimento un operaio o assimilato (l’incidenza passa dal 10,2% al 13,3%).

Ogni giorno, fuori dalla due sedi di “Pane Quotidiano” di Milano ad esempio si possono trovare
oltre 3.500 persone in coda ad aspettare di ricevere del cibo. Il vicepresidente di questa Onlus, Luigi Rossi, ha raccontato ad askanews come «in queste persone si vede rassegnazione, quella di chi è entrato in un tunnel da cui non uscirà e questo è grave perché incide anche sulla mente delle persone».

Nel 2020, il 28,8% delle famiglie ha dichiarato un peggioramento della situazione economica familiare rispetto all’anno precedente. Un dramma che ci riporta alla crisi del 2008 e che rende ancora più necessario un intervento immediato da parte di Mario Draghi e del suo governo. È necessario adottare misure in grado di rilanciare i consumi che, in questo nuovo anno, rischiano di subire un altro tracollo. L’Italia deve ripartire, perché i suoi cittadini non muoiano di povertà, invece che a causa del virus.

Facciamo ripartire il Paese, in sicurezza. Apriamo i cantieri pubblici, ormai fermi da anni, abbassiamo le tasse e promuoviamo gli investimenti e ridiamo lavoro a migliaia di italiani che vogliono solo rimboccarsi le maniche e guadagnarsi da vivere onestamente. Non siamo un paese di mantenuti col reddito di cittadinanza. L’Italia è un paese di grandi eccellenze, di artisti e visionari mostriamolo al mondo ma prima di tutto a noi stessi e soprattutto prima che sia troppo tardi. www.IlGiornale.it

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