Il Principe Eugenio di Savoia e la (nostra) tolleranza di genere
Per promuovere la tolleranza di genere, potrebbe essere utile cominciare, fin dalle elementari, a studiare la storia senza foglie di fico.
Il 18 Ottobre 1663 nacque a Parigi il Principe Eugenio di Savoia, uno dei più grandi condottieri di tutti i tempi. Eugenio crebbe alla corte francese di Luigi XIV, dove da giovane uomo partecipava in abiti femminili alle orge omosessuali del fratello del re. Il Re Sole, però, non seppe comprendere le sue vere doti, e nel 1683 Eugenio fuggì a Vienna dove cominciò la prestigiosissima carriera militare che in Francia gli era stata negata.
Il 7 Settembre 1706, nel corso della Guerra di Successione Spagnola, Eugenio fu l’artefice della clamorosa vittoria degli Austro-Piemontesi contro l’esercito Franco-Spagnolo che dal 14 Maggio assediava Torino. Il 2 Settembre Eugenio salì sulla collina di Superga per osservare la situazione dall’alto. Un assalto frontale avrebbe significato sicura sconfitta per la disparità delle forze in campo, ma Eugenio identificò un punto debole nei tre chilometri di terra tra i fiumi Stura e Dora, in zona Lucento, a nord-est dell’attuale parco della Pellerina: in quell’area i gallispani avevano una trincea di “controvallazione” rivolta verso la città, ma erano privi di trincea di “circonvallazione” rivolta verso l’esterno, perchè ritenevano del tutto impossibile essere attaccati da quella parte.
Eugenio decise che avrebbe preso i gallispani al rovescio, un’azione coraggiosissima e temeraria. Dall’accampamento di Villastellone, l’esercito attraversò il Po a Carignano il 4 Settembre, per poi procedere verso Pianezza dove il 5 intercettò un convoglio di rifornimenti francesi che arrivava dalla val di Susa. La data più critica fu proprio il 5 Settembre: l’esercito austro-piemontese sfilò poco oltre l’arco dell’attuale tangenziale, a 8 km da una Torino cinta d’assedio dai franco-spagnoli che per un motivo imperscrutabile non fecero nulla per impedirlo. Quel giorno Eugenio vinse metà della battaglia che si sarebbe combattuta due giorni dopo.
Sarebbe interessante capire cosa accadde nella testa dei generali delle forze di occupazione che da quasi quattro mesi avevano tutte le loro attenzioni rivolte verso la città. Forse fu una specie di ipnosi collettiva: una Torino stremata oscillava come un pendolo tra la resistenza e la resa, e i francospani non si preoccuparono minimamente che un esercito nemico di diecimila uomini sfilasse da dietro come un cartone animato in punta di piedi.
il 7 Settembre 1706 l’esercito di occupazione preso al rovescio si sgretolò: sul campo rimasero 7 mila soldati franco-spagnoli, e 3 mila soldati austro-piemontesi.
Il principe Eugenio di Savoia morì il 21 Aprile 1736. Della sua vita privata sappiamo poco o nulla, e rimane un mistero anche come si considerasse lui nel profondo: nato a Parigi da un ramo secondario della casata dei Savoia, fu in seguito naturalizzato austriaco, ma volle che il suo cuore fosse custodito nella basilica di Superga, fatta costruire da Vittorio Amedeo proprio per celebrare la vittoria del 1706. Poi nessuno sa come andarono le cose, ma il suo cuore è di nuovo a Vienna, e riposa in un astuccio appoggiato sulla bara che contiene il resto delle sue spoglie.
Se sapessimo fin da bambini che un condottiero gay liberò i torinesi dal giogo degli odiati (e poi amati, e poi di nuovo odiati, e poi daccapo…) cugini d’oltralpe, forse riusciremmo a promuovere la tolleranza di genere, senza massacrare la nostra lingua con folli contorsioni verbali, come gli inquietanti genitori “uno” e “due” che sostituiscono la mamma e il papà.
L’immagine su questo blog è di Deborah Joy Bormann @deborahjoybormann.
Deborah nasce a Trieste, città di confine, da padre statunitense e madre spagnola. Vive a Bologna, Pisa, Amsterdam, Madrid, San Francisco. Una serie di coincidenze e passioni la porta a Torino, oramai città d’adozione.
Spirito indipendente, visionario e… disperatamente ottimista.
Madre, compagna, insegnante, arteterapeuta e artista.
Da sempre adora leggere, scrivere, pensare e creare.
Le idee espresse da Andrea nei suoi articoli non rappresentano necessariamente le opinioni e le convinzioni di Deborah.