Quando ero ancora un ragazzino, rimasi affascinato dalla pubblicità del rasoio doppia lama. C’era l’animazione al rallentatore con la prima lama che tagliava il pelo, poi lo estendeva alla sua massima elasticità per permettere alla seconda lama di falciarlo addirittura fin sotto la cute. Quello spot pubblicitario esercitò anche sugli imberbi come me l’irresistibile fascino della moviola.

Il 22 Novembre 1963, l’omicidio del presidente Kennedy fu il primo evento drammatico di portata planetaria ripreso per caso da una cinepresa. Quella sera, nelle televisioni americane sarebbe dovuto andare in onda il primo instant replay della storia, ma in seguito all’attentato, la partita di football che doveva ospitarlo fu annullata. Quindi è paradossale: la partita della prima moviola fu posticipata a causa di una tragico evento che divenne in seguito il più moviolato della storia, e nonostante tutto, ancora non siamo convinti di chi abbia ucciso JFK.

Andare nell’infinitamente lento evidentemente ci rincoglionisce, anzichè chiarirci le idee. La moviola nel calcio, e ora anche il VAR, non hanno fatto altro che peggiorare questo paradigma: più le immagini sono rallentate, più le opinioni variano, e più le polemiche infuriano. Dopo quattro anni di scarsa uniformità nel suo utilizzo, sarebbe ora di limitare il VAR solo a fuorigioco e goal line technology. Il resto deve rimanere a discrezione dell’arbitro che sta in campo.

Nella primavera del 1975 ero ospite dei miei cugini a Barcellona. Un pomeriggio andammo a casa di amici in un palazzo davanti allo stadio Sarrià, e guardammo una partita che era trasmessa anche in diretta tv. Noi bambini stavamo un po’ sul terrazzo e un po’ davanti alla televisione, rapiti dalla doppia realtà. Eravamo dentro quando l’Español segnò, ma mia cugina annunciò subito che lei il replay voleva vederlo dal vivo, e schizzò fuori. Pensava che i calciatori, dopo aver esultato, avrebbero eseguito la medesima azione al rallentatore; si era già persa il gol dal vivo, non aveva alcuna intenzione di perdersi anche l’avvincente recita del replay.

 

L’immagine su questo blog è di Deborah Joy Bormann @deborahjoybormann.

Deborah nasce a Trieste, città di confine, da padre statunitense e madre spagnola. Vive a Bologna, Pisa, Amsterdam, Madrid, San Francisco. Una serie di coincidenze e passioni la porta a Torino, oramai città d’adozione.
Spirito indipendente, visionario e… disperatamente ottimista.
Madre, compagna, insegnante, arteterapeuta e artista.
Da sempre adora leggere, scrivere, pensare e creare.

Le idee espresse da Andrea nei suoi articoli non rappresentano necessariamente le opinioni e le convinzioni di Deborah.

 

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