Fino a qualche anno fa la relatività di Einstein veniva digerita e assimilata solo dagli addetti ai lavori, mentre il resto dell’umanità la relegava in un angolino remoto del cervello.

Tutti noi “casalinghe di Voghera” potevamo ancora far finta che il tempo rallentato in proporzione alla forza di gravità fosse un paradosso, tipo Achille e la tartaruga.

Dal film Interstellar in poi, anche chi non è ferrato in fisica ha capito che per viaggiare nel futuro basta mettersi nei pressi di un corpo celeste con una massa sufficientemente grande.

Il protagonista del film lascia la figlioletta bambina, e parte per un viaggio ai confini di un buco nero, dove il tempo è molto più lento rispetto a quello terrestre. Al suo ritorno dopo circa novant’anni, avviene l’emozionante incontro tra il padre ancora giovane e la figlia molto anziana.

Per una volta il filmone hollywoodiano non racconta balle: è tutto verosimile quello che accade, e secondo il fisico Carlo Rovelli è solo il costo proibitivo che impedisce la realizzazione di un viaggio del genere.

Una cosa però mi lascia perplesso: se il tempo rallenta, anche il movimento del pendolo rallenta, l’orologio rallenta, e così le nostre azioni, i nostri pensieri, i nostri ricordi. Ne consegue che le ore fatali in prossimità del buco nero potrebbero pesare, dal punto di vista psicologico, come i decenni equivalenti che l’uomo avrebbe vissuto sulla terra.

Quindi è paradossale: Einstein ha scoperto che il tempo è relativo, ma noi sapevamo già che 60 secondi nudi al Polo Nord sono infernali, mentre 60 secondi nudi tra le braccia della persona amata sono un paradiso troppo breve. La Relatività Generale può permetterci di compiere un balzo temporale, ma nel futuro temo che ci arriveremmo completamente rincoglioniti dopo aver sperimentato, in quel breve istante, tutta l’intensità del tempo perduto.

Magari tra qualche anno scopriremo che il secondo gatto di Schrödinger non è affatto morto, ma solo addormentato, e i nostri discendenti coccoleranno entrambi i felini in qualche universo parallelo. Però anche per loro, per i nostri nipotini, l’antica relatività psicologica continuerà ad annullare come un’onda uguale e contraria la relatività fisica. E nel tempo potranno viaggiarci solo all’indietro, proprio come noi, attraverso la Storia e i ricordi.

 

L’immagine su questo blog è di Deborah Joy Bormann @deborahjoybormann.

Deborah nasce a Trieste, città di confine, da padre statunitense e madre spagnola. Vive a Bologna, Pisa, Amsterdam, Madrid, San Francisco. Una serie di coincidenze e passioni la porta a Torino, oramai città d’adozione.
Spirito indipendente, visionario e… disperatamente ottimista.
Madre, compagna, insegnante, arteterapeuta e artista.
Da sempre adora leggere, scrivere, pensare e creare.

Le idee espresse da Andrea nei suoi articoli non rappresentano necessariamente le opinioni e le convinzioni di Deborah.
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