The Babel bubble, la bolla di Babele
In periodi di incertezza, a noi casalinghidivoghera l’Economia appare molto più simile alla meteorologia (stocastica, non deterministica) che a tutte le altre scienze: in fondo le nuvole sono in movimento proprio come l’inflazione e la disoccupazione. Ma quando un meteorologo annuncia che nelle prossime ore potrebbe scatenarsi un uragano, tendiamo a credergli. Quando un economista ci avverte dell’esistenza di una bolla, lo accusiamo di disfattismo, oppure lo emarginiamo. E’ quello che in Italia sembra accadere a Geminello Alvi, un prestigioso economista e scrittore che su temi di politica monetaria si è sempre espresso fuori dal coro, ma da qualche tempo la sua voce non si sente quasi più.
Nel film Don’t Look Up, due astronomi scoprono una cometa grande come il monte Everest in rotta di collisione con la Terra. Mancano sei mesi alla distruzione del nostro pianeta, ma quando i due scienziati cercano di diramare la notizia, si trovano davanti a un muro di gomma. Tutta la società è come inghiottita da un edonismo di massa, e sembra completamente impermeabile a qualsiasi forma di allarme.
Il film è la metafora involontaria di come noi Sapiens ci relazioniamo all’Economia. Un astronomo sa con certezza se un asteroide è in rotta di collisione con la Terra. Un economista, invece, non è in grado di dire quando arriverà la prossima grande crisi. Le bolle economiche, anche quando sappiamo della loro esistenza, tendono a scoppiare quando vogliono loro. Talvolta, in periodi di crisi economica, assomigliamo collettivamente a una mandria spaventata di bufali che corre verso una direzione indefinita. Alcuni magari capiscono che stiamo andando incontro al dirupo universale, ma nessuno sembra in grado di deviare il percorso della mandria.
Il giornalista americano Christopher Leonard nel suo ultimo libro, How the Federal Reserve Broke the American Economy, lancia l’allarme per una stortura nella decennale politica monetaria della Federal Reserve, la banca centrale americana. La politica dei bassi tassi era iniziata negli anni novanta sotto la regia di Alan Greenspan, e in due decenni ha prodotto almeno tre esplosioni: una più o meno benefica, a seconda dei punti di vista, le altre due decisamente malefiche: 1) il boom cinese 2) la bolla dot-com nel 2000 3) la bolla immobiliare del 2008.
Per porre un argine all’apocalisse del 2008, la Fed sotto la guida di Ben Bernanke, è andata molto oltre: anzichè limitarsi a tenere a zero i tassi d’interesse, ha immesso nel sistema un’oceanica liquidità che non ha precedenti nella Storia. Leonard snocciola i dati dell’esplosione della base monetaria: nei suoi primi 95 anni di vita (1913-2008) la banca centrale americana ha stampato poco meno di Mille Miliardi di dollari. Tra il 2009 e il 2014 ha messo in circolazione tre volte quella quantità: Tremila Miliardi. Questo significa che in 5 anni, la Fed ha creato dal nulla l’equivalente di 300 anni di moneta rispetto agli standard precedenti.
Dei 12 membri della Federal Reserve, Thomas Hoenig fu l’unico che si oppose strenuamente. Nelle sue motivazioni, egli previde che tale manovra non avrebbe aiutato l’economia reale, ma avrebbe provocato una bolla dei prezzi degli assets (mercato immobiliare, azioni, obbligazioni di corporazioni, leveraged loans, e altre astruse e rischiose formule finanziarie). In dieci anni l’indice Standard & Poor di Wall street è raddoppiato, mentre su “Main street” (l’economia reale), i salari sono rimasti fermi, l’economia stagnante, e deflazione generalizzata.
Per dare un’idea, l’1% della popolazione in America detiene il 40% degli assets. Quindi Hoenig concluse che una manovra del genere avrebbe creato ulteriore disparità tra ricchi e poveri. Aveva ragione: solo in piccola parte di quella liquidità è stata investita nell’economia reale. Inoltre, Hoenig intuì che una volta che la Fed si fosse impelagata in una manovra del genere, non sarebbe più stata in grado di uscirne. E’ esattamente quello che sta succedendo: tra il 2016 e il 2019, ogni volta che la banca centrale americana ha annunciato di voler alzare i tassi, oppure riassorbire la liquidità, i mercati finanziari hanno dato segni di instabilità (come quando un ago si avvicina pericolosamente a una bolla), costringendo la Federal Reserve a tornare sui suoi passi.
Poi è arrivato il Covid Crash. Io sono un assiduo lettore di giornali, ma in quei primi mesi di lockdown dovevo essere bello addormentato, e mi sono perso la crisi finanziaria del Marzo 2020. Christopher Leonard la descrive come peggiore di quella del 2008. Non ci siamo accorti di nulla solo perché la banca centrale americana ha aperto di nuovo i rubinetti con altri 300 anni di liquidità: in pochi mesi la Fed ha creato altri Tremila Miliardi di dollari.
Sono cifre difficili da comprendere per noi comuni mortali, quindi le riscrivo, sperando di ricavarne una sintesi: dal 1913 al 2008, furono stampati Mille Miliardi di dollari. Tra il 2009 e il 2014, Tremila Miliardi di dollari. Nel 2020, altri Tremila Miliardi. Se paragoniamo l’economia malata a un eroinomane, la cura sembrerebbe più simile a dosi massicce di metadone, anzichè il metodo di Vincenzo Muccioli.
Si dice che la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. Se l’America avesse ancora 7 o 10 anni di tempo, scrive Leonard, tutta quella liquidità potrebbe in teoria venire riassorbita piano piano. Ma a complicare le cose, si è messa in mezzo l’inflazione sopra i livelli di guardia. In tutto il mondo, ma specialmente in America, sono aumentati i prezzi delle cose che ci riguardano da vicino: benzina, gas, alimenti, servizi. Quando la Fed deciderà di alzare i tassi e interrompere il Quantitative Easing (qui), non potrà più tornare sui suoi passi come in passato, per non rischiare di trovarsi un’inflazione fuori controllo. A quel punto ci sarà da aspettarsi perlomeno un ridimensionamento della bolla finanziaria, con conseguenze tutte da verificare.
Molto dipende da come si comporterà l’inflazione dei prossimi mesi: c’è chi dice che è solo un fenomeno passeggero, e chi invece sostiene che stiamo per entrare in un periodo di stagflazione (stagnazione + inflazione) come negli anni Settanta.
Negli ultimi dieci anni abbiamo più o meno continuato a calciare la lattina camminando per strada con le mani in tasca. “Kick the can down the road” è in inglese un modo di dire per descrivere la politica monetaria di tutte le principali banche centrali mondiali dopo la crisi del 2008. Continuiamo a calciare la lattina (anzichè raccoglierla), nella speranza che nel frattempo capiti qualcosa in grado di assorbire tutta quella liquidità. Magari, come ha scritto Yuval Harari nel suo best seller Sapiens, attraverso nuove fantasmagoriche scoperte scientifiche.
Quanto stava sull’anima a noi casalinghidivoghera il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble, quando nel 2012 era contrario al “whatever it takes” di Mario Draghi (qui). La politica monetaria europea non è niente in confronto alla bolla di Babele americana descritta da Christopher Leonard, ma se la Fed non riuscirà a riassorbire tutta quella liquidità, la strategia monetaria di tutte le banche centrali mondiali negli anni Dieci potrebbe in futuro essere giudicata sotto una luce meno benevola di quella attuale.
Nei prossimi mesi, le mosse della Fed, e in misura minore quelle di tutte le altre banche centrali mondiali, potrebbe determinare anche il nome del futuro indirizzo domiciliare dei nostri nipotini: se va bene, abiteranno in piazzetta Mario Draghi, angolo vicolo Whatever it Takes. Se va meno bene, prevarrà viale Wolfgang Schauble, all’incrocio con corso Thomas Hoenig.